Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 03 Lunedì calendario

COMUNI IN RIVOLTA "IL PATTO DI STABILITA’ CI FARA’ AFFONDARE"


L’80 per cento a fine anno l’avrà sforato A settembre consigli comunali in piazza

A Beinasco ci sarebbero 3 milioni di euro per pagare i contratti di quartiere. A None stanno ristrutturando il vecchio municipio per farne una biblioteca e costruiranno una nuova scuola materna: ci sono 2,5 milioni di euro a copertura. A Venaria si lavora alla Reggia e a tante scuole costruite negli Anni Sessanta e oggi interamente da ristrutturare. Ci sono 5 milioni, ma ne potranno usare solo uno e mezzo. Altri milioni sono custoditi nelle casse di Susa, dove vorrebbero poterli spendere per rimettere in sesto il castello di Adelaide e far partire il recupero dello storico asilo infantile. A Poirino ci sono 1,7 milioni per la costruzione dell’asilo nido e della scuola materna. Anche a Ivrea gli interventi in fase avanzata sono parecchi e i soldi per pagarli ci sarebbero.
Ci sarebbero, ma sono chiusi a doppia mandata nelle casse dei comuni. I sindaci vorrebbero tanto usarli per pagare le imprese. Ma la legge lo vieta. Tanti la infrangeranno: Beinasco andrà sotto di 5 milioni, Giaveno di 6, Venaria, Rivoli e Lanzo di 3, Susa e Ivrea di 2. Andranno incontro a sanzioni pesanti. «A settembre lanceremo una grande mobilitazione, terremo i consigli comunali in piazza Castello per spiegare ai nostri cittadini l’assurdità di una legge che ci impedisce di spendere i soldi che abbiamo», racconta Amalia Neirotti, sindaco di Rivalta (sforamento previsto: 1,9 milioni di euro) e presidente dell’Anci Piemonte. Sono tanti, questi soldi: oltre 23 milioni di euro nei 131 comuni del Piemonte con più di 5 mila abitanti. Ma sono bloccati: gli enti locali non li possono usare, nemmeno per pagare lavori già ultimati. Tanto meno per investire.
Si chiama patto di stabilità, già ribattezzato dai sindaci di ogni colore politico «l’ammazza-comuni». Una ghigliottina che impone di accantonare denaro per contribuire a tenere basso il deficit dello Stato, ma finisce per colpire chi ha ben amministrato accumulando avanzi di bilancio. «Questa legge penalizza gli investimenti, ed è assurda - spiega Neirotti -. Basterebbe una regola contro l’indebitamento dei comuni per punire chi ha i bilanci in passivo».
Invece no, si chiudono i rubinetti. Con effetti paradossali: «Ho fermi tre milioni e non li posso spendere, altrimenti infrango una legge dello Stato», racconta il neo sindaco di Beinasco Maurizio Piazza. «Ma non usandoli si contravviene agli impegni presi, e ai contratti firmati, con le ditte che hanno vinto gli appalti e stanno eseguendo i lavori». Avanti di questo passo, a fine anno, l’80 per cento dei comuni piemontesi sforerà il patto, per un importo complessivo di 80 milioni di euro, la metà a carico dei paesi tra 5 e 20 mila abitanti. L’anno scorso aveva sforato soltanto il 3 per cento delle amministrazioni.
Storia di una tenaglia che sta legando mani e piedi ai sindaci, pronti, adesso, a salire sulle barricate. «Posso spendere 120 mila euro da qui a dicembre. Troppo pochi. Se non cambiano le regole vado a Roma, salgo sul palazzo più alto e minaccio di buttarmi giù», protesta il primo cittadino di None Maria Luisa Simeone. Si sentono commissariati, anche se quasi tutti hanno bilanci in attivo e soldi da spendere. E si sentono pure responsabili, perché stanno mettendo in ginocchio le imprese. «Non le possiamo pagare. Ed è dura spiegare a un piccolo impresario che ha asfaltato una strada o restaurato un edifico che non può avere quel che gli spetta, anche se il comune i soldi li ha e potrebbe versarli subito», spiega la presidente dell’Anci. «Viaggiamo sul filo di lana», racconta il sindaco di Ivrea Carlo Della Pepa. «Anziché pagare le imprese a trenta giorni slittiamo a novanta per cercare di non sforare. E abbiamo ridotto all’osso gli investimenti». Il suo collega di Venaria, Nicola Pollari, è amareggiato: «E’ una norma ridicola: ora che le imprese sono in crisi di liquidità e credito, la pubblica amministrazione, se pagasse per tempo, potrebbe essere una scialuppa di salvataggio. Invece siamo imbrigliati o costretti a ricorrere al project financing: è come tornare ai tempi del baratto».
Legati e costretti anche a pagarne le conseguenze. «Le ditte chiudono o lasciano a casa i dipendenti», dice Maurizio Piazza, «e tutto si ripercuote sui comuni. Chi perde il lavoro viene a bussare alle nostre porte: chiede sussidi, aiuti». Sì, questa è davvero la più lacerante delle beffe.