Sandra Riccio, La stampa 3/8/2009, 3 agosto 2009
5 DOMANDE A CHIARA PASTORE
«Adesso ci prova anche chi ha perso il lavoro»-
Quanti casi vi capitano?
Nelle nostre filiali passano in media uno o due «furbetti» a settimana. Non è che questa sia la regola, però. Ci sono, infatti, periodi in cui le visite sono più frequenti. In questi mesi, per esempio, i nostri uffici sono battuti molto di più. Di solito la caccia al «prestito truffa» si intensifica sempre prima delle vacanze estive e, poi, anche a Natale. La crisi pure ha inciso sul fenomeno, tra chi ci prova più spesso oggi c’è, infatti, chi ha appena perso il posto di lavoro e cerca di garantirsi in questo modo un’entrata per tirare avanti qualche mese.
Quali sono i trucchetti da manuale?
Il più frequente è quello del finto dipendente sui 30-35 anni, di cultura medio bassa. La busta paga che ci porta attesta il suo impiego a tutti gli effetti presso una certa ditta, peccato che quando poi noi chiamiamo per verificarne i dati nessuno lo conosce. Tutto inventato, insomma. Un’altro caso diffuso è poi quello dell’operaio che è stato assunto da pochi mesi ma che arriva con una busta paga faraonica, senza aver fatto straordinari o cumulato altri incentivi. A quel punto capiamo che c’è qualcosa che non quadra e di solito scopriamo che non ha un lavoro. E’ un pò difficile vedere, per esempio, degli operai di 20 anni che guadagnano 1.700 euro al mese.
Quali sono le cifre che, di solito, cercano di arraffare?
Chi viene da noi di solito cerca di portare a casa tagli da 25 mila euro, ma c’è anche chi punta molto più in alto. Non è però che incontriamo solo il truffatore fai da te. Da noi arrivano, infatti, anche i professionisti del mestiere, di solito sono quelli che sanno falsificare i documenti d’identità e non si fermano alla busta paga ritoccata con lo scanner o magari con la fotocopiatrice.
Come fate a scoprirli?
A volte sono davvero dei pasticcioni e quindi ci vuole un attimo per capire chi abbiamo di fronte. Per fare un esempio, chi arriva a inizio mese con la busta paga di tutto quel mese non ha molte speranze di riuscita. Oppure il dipendente che racconta di aver iniziato a lavorare da cinque mesi e poi porta un Cud, falso, di un anno è meglio che si dia a un’altra attività. Di solito noi, facciamo controlli su quelle banche dati che sono a nostra disposizione, incrociamo i dati con quelli dell’Inps e verifichiamo i Cud. Non guasta poi una telefonatina in azienda. Poi ci guardiamo bene i documenti, per esempio i caratteri dicono molto. Se non sono tutti uguali significa che molto probabilmente si tratta di un falso.
A quel punto come vi comportate?
Quando riscontriamo delle anomalie facciamo le dovute segnalazioni alle autorità competenti. Al cliente non diciamo nulla. Semplicemente gli facciamo capire che per lui di prestiti non ce ne sono.