Sergio Romano, Corriere della sera 3/8/2009, 3 agosto 2009
I TRAGICI ERRORI DI MAO ASSOLTI PER CARIT DI PATRIA
Ho visto su Rai Storia la storia di Mao Zedong. Da come ha trattato i cittadini cinesi prima, durante e dopo la Rivoluzione culturale ho avuto la sensazione di sentirmi raccontare la storia di Hitler per l’assoluto disprezzo della vita umana. Potrebbe spiegarmi quali differenze ci furono e quali i comportamenti delittuosi comuni?
Franco Anelli
anelli.fr@tin.it
Caro Anelli,
Proverò a risponderle ricordando per grandi linee la storia della sua vita. Figlio di un soldato che era divenuto, con molti sacrifici, piccolo agricoltore, Mao fu attratto dalla politica perché era naturalmente ribelle e terribilmente impaziente di uscire dalla angusta casella sociale in cui era nato. probabile che per qualche anno sia stato egualmente tentato dalle due prospettive che la politica cinese offriva a un giovane ambizioso: il partito comunista, fondato a Shanghai nel luglio 1921, di cui fu membro sin dal primo giorno, e il Kuomintang (il partito nazionalista di Chang Kai-shek) di cui divenne dirigente quando le due forze politiche decisero di «marciare mano nella mano».
Scelse il comunismo ed ebbe due grandi intuizioni. Capì, anzitutto, che la rivoluzione cinese sarebbe stata possibile soltanto se il partito fosse riuscito a mobilitare le masse contadine. E capì, in secondo luogo, che la guerra contro il Kuomintang, allorché i due partiti cominciarono a battersi per la conquista del potere, esigeva fantasia, destrezza, flessibilità, astuzia. I suoi capolavori furono la Lunga marcia (12 mila km, 200 scontri, 80 mila caduti), lo staterello comunista dello Shensi e la grande mobilitazione popolare contro il Kuomintang fra il 1947 e il 1949. In ciascuno di quegli episodi dimostrò di avere intuizione, coraggio e soprattutto una fede volontarista che fu in molte circostanze la carta vincente delle sue iniziative.
Le difficoltà cominciarono dopo la conquista di Pechino e la proclamazione della Repubblica popolare il 1º ottobre 1949. L’intuizione e il volontarismo divennero da quel momento strumenti insufficienti, se non addirittura pericolosi. La collettivizzazione della terra e le campagne contro la borghesia misero l’economia in ginocchio e produssero una sorta di catastrofe umanitaria. La politica dei «cento fiori», che Mao lanciò per conquistare i consensi degli intellettuali, mise in pericolo il potere del partito e fu bruscamente interrotta con un duro giro di vite. Il «grande balzo in avanti» e la creazione delle Comuni (organismi centralizzati da cui dipendevano le attività agricole e industriali di numerosi villaggi) fallirono clamorosamente. Alla fine degli anni Cinquanta Mao aveva perduto gran parte del suo potere e provocato al suo Paese terribili sofferenze. Fu quello il momento in cui scatenò, per tornare in sella, la «rivoluzione culturale»: atto supremo di cinismo politico e fantasia romantica. Tutto ciò che la Cina ha fatto dopo la fine di quel tragico interludio, lo ha fatto contro di lui.
Lei potrebbe chiedersi a questo punto perché un uomo che fu responsabile di tanti orrori abbia ancora diritto agli omaggi generalmente riservati a un padre della patria. Per due ragioni. In primo luogo perché emancipò il suo Paese dallo stato di servitù internazionale in cui era caduto durante il suo lungo declino. In secondo luogo perché la direzione del suo partito ritenne che la rottura con il proprio passato avrebbe danneggiato, oltre che se stessa, il Paese. Sono per certi aspetti le stesse ragioni per cui Vladimir Putin ha deciso di reinserire Stalin nella continuità della grande storia russa.
P.S. Con questa risposta la rubrica va in congedo per quattro settimane. A tutti i lettori buone vacanze. Ci ritroveremo domenica 30 agosto.