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 2009  agosto 01 Sabato calendario

PRADA ALLUNGA IL DEBITO E CHIAMA RICHEMONT


Scadenze spostate al 2012 su 450 milioni di prestiti. Si cerca un socio industriale al 30%

Intesa Sanpaolo, Unicredit, Calyon e altre sono esposte per 1,2 miliardi su holding e spa
Le banche creditrici hanno contattato il gruppo svizzero ma alla proposta non è stata data risposta

MILANO - Le banche concedono altro ossigeno al gruppo Prada. di ieri, infatti, la notizia che due tranche da 100 e 350 milioni del debito che è collocato nella holding della famiglia Bertelli - la Prada holding bv che controlla al 95% la Prada spa - è stato rinegoziato nella parte che riguarda le scadenze e spostato al 2012. Nonostante ciò la situazione debitoria del gruppo, rimane elevata: le stesse banche, principalmente Intesa Sanpaolo, Unicredit, la francese Calyon (gruppo Crédit Agricole) e altre, sono esposte sia sulla holding che sulla società operativa per un totale di circa 1,2 miliardi di euro. Una cifra non da poco che giustamente preoccupa anche il patron del gruppo Patrizio Bertelli e il vicepresidente esecutivo Carlo Mazzi. Il problema che doveva essere risolto con lo sbarco in Borsa del gruppo tentato più volte ma per ora mai finalizzato. Tanto che ora le banche gradirebbero l´ingresso nel gruppo di un partner industriale di livello che sia disposto a rilevare fino al 30% delle azioni attraverso un aumento di capitale o rilevando una quota simile dalle famiglie Bertelli-Prada. E sono state proprio le banche nelle settimane scorse a contattare il gruppo Richemont dell´imprenditore sudafricano Johann Rupert per sondare un eventuale interesse in tal senso. Ma, a quanto risulta, la proposta è stata accolta piuttosto freddamente. Sia perché la valutazione assegnata dalle banche al gruppo Prada, circa 2,7 miliardi compresi i debiti, pari a un multiplo di oltre nove volte rispetto ai 280 milioni di margine operativo lordo e di 21 volte l´utile netto, appare elevata. Sia perché il gruppo svizzero, che possiede marchi famosi e di successo come Cartier, Montblanc, IWC, Van Cleef & Arpels, Vacheron & Constantin, Baume & Mercier, Azedine Alaia, va molto bene nella gioielleria e orologeria ma non ha una grande esperienza nel settore moda. Per un gruppo industriale, inoltre, entrare con una quota di minoranza in Prada senza specifici accordi per arrivare in maggioranza non sarebbe così interessante. Nel 2006 Intesa Sanpaolo aveva acquistato il 5% di Prada spa attribuendo alla società una valutazione di 2,75 miliardi, ma la crisi finanziaria internazionale non era ancora intervenuta e le società del lusso andavano tutte a gonfie vele. Ora la situazione è molto diversa, i multipli di Borsa molto più bassi e anche un gruppo florido come Richemont preferisce tenersi stretta la cassa.
Nonostante la crisi nel 2008 Prada ha investito ben 165 milioni in nuovi negozi: «Il piano di investimenti mai intrapreso per cogliere tutte le opportunità del nuovo ciclo di sviluppo», diceva Bertelli commentando i dati di bilancio del 2008. E gli investimenti stanno continuando anche nel 2009 e continueranno nel 2010 con il risultato che il fatturato sarà sicuramente in aumento ma con costi in crescita e margini di profitto in diminuzione. Con circa 100 milioni di utile netto all´anno (erano 99 nel 2008) l´attività della Prada spa al momento non sembra poter ripagare i debiti della holding attraverso la sola distribuzione di dividendi. Dunque, se la via della Borsa non tornerà percorribile in un futuro non lontano, è molto probabile che la ricerca di un partner industriale o finanziario prosegua speditamente.