Dario Di Vico, Corriere della Sera 4/08/2009, 4 agosto 2009
Seppur in zona Cesarini i Piccoli segnano un punto. L’avviso comune di moratoria dei debiti verso le banche sottoscritto con giusta enfasi ieri a Milano nella sede dell’Abi è il frutto della mobilitazione di questi mesi
Seppur in zona Cesarini i Piccoli segnano un punto. L’avviso comune di moratoria dei debiti verso le banche sottoscritto con giusta enfasi ieri a Milano nella sede dell’Abi è il frutto della mobilitazione di questi mesi. Le piccole e medie imprese sono riuscite, almeno in una materia e comunque ai limiti del tempo massimo, a condizionare l’agenda politico-economica e a strappare un risultato importante. Se vogliamo anche solo da un punto di vista psicologico il sabbatico dei debiti, come lo ha definito il ministro Giulio Tremonti, può rappresentare una leva per non chiudere bottega, per resistere, per affrontare un nuovo anno di attività con la giusta determinazione e qualche speranza in più di farcela. Del resto la voglia di restare in piedi non sembra far difetto ai Piccoli, è nel loro Dna di industriali abituati a convivere con il rischio d’impresa. Secondo una recente indagine condotta dalla Gfk-Eurisko in collaborazione con British Airways, nonostante la recessione economica e le incertezze dell’autunno, le imprese non stanno tagliando il budget per i viaggi d’affari. Oltre il 55% delle piccole aziende intervistate fa previsioni di spesa stazionarie per le trasferte all’estero mentre il 16% pensa addirittura di aumentarle di un quarto, proprio per reggere l’urto della crisi e intensificare i contatti con i mercati strategici o solamente congeniali ai loro prodotti. Al di là dell’importanza dell’avviso comune, quella che sta lentamente cambiando è la percezione che l’opinione pubblica ha delle piccole e medie imprese. La stagione del disprezzo e della sottovalutazione cronica forse è alle nostre spalle tanto che la sopravvivenza dei distretti è considerata, anche dagli addetti ai lavori, il test decisivo sul pericolo di deindustrializzazione del Paese. E il mutamento vale, anche se con modalità assai diverse da partito a partito, anche per la politica. significativo che persino la Lega Nord, il player il cui «modello di business» oggi è riconosciuto da tutti come vincente per la capacità di presidiare il territorio, si sia seriamente preoccupata per la ribellione degli artigiani varesotti e sia corsa ai ripari. Lo stesso termine di artigiano indica sempre meno un imprenditore di serie C come è stato in passato e identifica sempre di più il coraggio di affrontare il mercato con i propri mezzi e le proprie idee. E non è nemmeno casuale il discreto successo che sta conoscendo in libreria il saggio che il sociologo americano Richard Sennett, famoso per gli studi sulla flessibilità, ha dedicato «all’uomo artigiano ». Il protagonismo dei Piccoli sta aprendo anche una profonda riflessione nelle organizzazioni di rappresentanza. Che la moratoria non sia stata negoziata a tre (governo, Abi e Confindustria) bensì con il coinvolgimento di tutto l’arcipelago delle sigle minori è sicuramente una novità fortemente inclusiva, ma è anche vero che la rappresentanza se vuole essere incisiva non può permettersi frammentazione e personalismi. Infine l’Abi. All’atto della firma il presidente Corrado Faissola ha riconosciuto con grande onestà a Tremonti la paternità dell’idea di moratoria e soprattutto ha dimostrato come il sistema bancario italiano abbia scelto consapevolmente la strada della cooperazione. Non è poco, non è affatto detto che basti ma è molto meglio che sia successo.