Marco Bertoncini, ItaliaOggi 4/08/2009, 4 agosto 2009
MEGLIO IGNORARE COME SON FATTE SIA LE SALSICCE SIA LE LEGGI
Non si contano più i decreti-legge convertiti mediante la fiducia su mega-emendamenti. Il centro-destra ha smesso di giustificarsi: asserisce che è la strada preferibile per evitare stasi parlamentari e procede con un sistema che, quando era il governo di centro-sinistra a seguirlo, sollevava l’ira dell’allora opposizione. Si è ora arrivati alla contemporanea adozione di un provvedimento che modifica un decreto-legge nel giorno stesso della conversione, andando oltre il precedente del «comma Fuda», posto che in quel caso la correzione arrivò quando la legge corrigenda ancora non era entrata in vigore. Siamo all’ennesimo episodio di scempio legislativo. Nessuno più si meraviglia se il Capo dello stato è divenuto compartecipe del procedimento legislativo in itinere e non in sede di promulgazione, come Costituzione vorrebbe. Non ci si stupisce se manca il requisito di urgenza (lasciamo stare la più opinabile necessità) per emanare un decreto-legge: quale urgenza potrebbe mai esserci per un testo che, putacaso, arriva in Consiglio dei ministri settimane prima della sua emanazione? Solo le opposizioni si lamentano per le condizioni invereconde dei parlamentari ridotti a ratificatori di chilometrici provvedimenti altrove adottati. Quanto alla stesura formale dei testi, a tacere degli articoli che si dipanano per decine, talora centinaia, di commi, dominano ingarbugliamenti, confusioni, sovrapposizioni, scorrettezze, invano registrate, quando ne ha la possibilità, dal comitato per la legislazione della Camera. Se non si trova un rimedio a questo reiterato espediente, il procedimento legislativo precipiterà ancor più nel caos. Il gorgo sarà perfino più vertiginoso il giorno in cui mutasse la maggioranza, perché un nuovo governo si sentirebbe autorizzato a peggiorare l’eredità ricevuta. Ricordiamoci il procedimento che fu avviato nel 1970, con la prima reiterazione di un decreto-legge: si giunse all’incessante ripresentazione di decreti decaduti, fino a dieci, dodici volte e oltre, finché la Corte costituzionale (ma dopo un quarto di secolo) pose fine all’inghippo. Finora il giudice delle leggi è intervenuto qualche volta (sentenze 171/ì07 e 128/’08) per impallinare l’inconsistenza dei presupposti: altre pronunce potrebbero arrivare. Basterebbero, invece, ritocchi ai regolamenti parlamentari per mettere a tacere i pretesti dell’andazzo assunto: per esempio, ampliando di molto il ricorso alla sede legislativa. Invece, si procede con una barbarica formazione di leggi, dando ragione al maestro della politica, Otto von Bismarck, in quale, da buon conoscitore così di governi come di cucina, ammoniva essere meglio ignorare come sono fatte sia le salsicce sia le leggi. Senz’altro, oggi sono fatte meglio le salsicce. eviterà potenziali perdite sul credito. Almeno per 12 mesi. Poi si vedrà. Unico neo, l’accordo non sarà utile alle imprese in condizioni finanziarie peggiori. In questo caso gli strumenti da utilizzare sono altri, come il piano attestato di risanamento previsto dall’articolo 67 terzo comma lettera d) della legge fallimentare. Marino Longonimmortamento finanziario e si può mettere fieno in cascina per eventuali difficoltà a breve termine che potrebbero essere prodotte dalle turbolenze di una crisi che non si sa ancora quando potrà essere lasciata alle spalle. Secondo Coldiretti la metà delle imprese agricole potranno trarre beneficio dalle possibilità aperte dall’accordo voluto dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti e sponsorizzato dall’Abi. Dai primi dati si prevede che circa la meta’ delle imprese hanno bisogno di un intervento di rifinanziamento per ricollocare le posizioni debitorie sul medio, lungo o lunghissimo termine, mentre il 60 per cento dei prestiti a breve termine dovrebbe essere riposizionato sul medio e lungo termine attraverso il consolidamento di passività’ o attraverso interventi di riequilibrio finanziario. Forse meno evidente è che l’applicazione della moratoria fa bene anche alle banche. Non solo per i benefici che potrebbero derivare al mondo del credito dai benefit promessi da Tremonti: ”se l’accordo funzionera’ il governo dara’ gli sgravi fiscali. Vedere moratoria, dare sgravi fiscali”, ha precisato il ministro dell’economia. Ma anche perché con la moratoria gli istituti di credito evitaranno in molti casi il rischio di portare a perdita o a segnalazione di incaglio o sofferenza crediti a breve termine che oggi potrebbe essere difficoltoso incassare per la crisi di liquidità che sta mettendo in difficoltà le imprese. L’idea di Tremonti consente invece alle banche di dare aiuto finanziario a molte imprese per le quali non sarebbe possibile erogare crediti per l’impossibilità di emettere le relative delibere. Ad esempio per mancanza di liquidità, perché l’impresa non è in condizione di fare investimenti o non ha prospettive di crescita. Quindi se la moratoria potrà salvare molte imprese, aiuterà anche molte banche perchè eviterà potenziali perdite sul credito. Almeno per 12 mesi. Poi si vedrà. Unico neo, l’accordo non sarà utile alle imprese in condizioni finanziarie peggiori. In questo caso gli strumenti da utilizzare sono altri, come il piano attestato di risanamento previsto dall’articolo 67 terzo comma lettera d) della legge fallimentare.