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 2009  agosto 04 Martedì calendario

Lo sport ha una sua sacralità. Troppa musica per il nuoto - Non me ne vorrà Mino Bellei se facendo il verso a una sua divertente commedia voglio dire che la vita non è un film di Ester Williams

Lo sport ha una sua sacralità. Troppa musica per il nuoto - Non me ne vorrà Mino Bellei se facendo il verso a una sua divertente commedia voglio dire che la vita non è un film di Ester Williams. Certo dopo aver visto in televisione i campionato mondiali di nuoto, il dubbio può nascere. La colonna sonora della nostra esistenza non è fatta di sole note. Esistono spazi dove il suono del mondo impone il proprio peso. Così dovrebbe essere il momento che precede la premiazione dei vincitori di un campionato del mondo. L’urlo del pubblico all’ingresso degli atleti, il silenzio mentre vengono chiamati sul podio che esplode nuovamente alle medaglie, gli applausi, l’inno nazionale. La festa. Non è più così. Il sopruso di imporre musica alle nostre orecchie privandoci di fatto della libera scelta è in atto da tempo e lo sapevamo. I mondiali di nuoto appena conclusi però aggiungono un tassello ai crimini estetici che si vanno perpetrando sotto i nostri occhi senza che nessuno protesti. Stavolta la vittima è lo sport mentre l’arma del delitto è la musica. Questi campionati sono stati i mondiali della musica perenne. Musica all’entrata degli atleti, musica dopo la gara, musica durante le premiazioni, musica nella gara di tuffi tra un salto e l’altro. Ma le uniche note che dovrebbero risuonare durante un evento sportivo planetario come questo (se si esclude il nuoto sincronizzato dove esistono quale parte integrante della prestazione) sono quelle degli inni nazionali degli atleti vincitori. Invece dall’apertura della manifestazione fino al suo epilogo non c’è stato un momento di silenzio. Il Gladiatore, Gli intoccabili, e altre colonne sonore ormai ruminate da anni. Solo nell’immediatezza del fine gara ci è stato concesso di vedere la gioia negli occhi di Federica Pellegrini, bella e forte come una statua, o la rabbia di Michael Phelps contro il mondo intero, esplodere nello stadio insieme al boato della folla. Pochi secondi però perché,nuotatori ancora in piscina, è prontamente ripartita la colonna sonora, a tempo di rock. Ci siamo arresi alla televisione che tutto uniforma e divora perché non tollera spazi vuoti. Riempire è la parola d’ordine, riempire ogni momento. E allora il sapore dell’emozione che abbiamo appena provato viene guastato da quel retrogusto di fiction, di villaggio turistico globale nel quale gli animatori devono farci vivere. Dove ovviamente regna il cattivo gusto. Difatti se abbiamo amato Kevin Costner e Sean Connery cavalcare sulle note di Ennio Morricone o Russel Crowe conquistare il Colosseo, sulle ali di quella travolgente colonna sonora (Hans Zimmer e Lisa Gerrard), le stesse note usate per commentare la vita reale falsificano e offendono. Lo sport diventa spettacolo e i protagonisti (pubblico e atleti) ridotti ad attori. Lo sport è spettacolare ma non è uno spettacolo, è reale. La colonna sonora di un film serve a commentare (enfatizzando o sottraendo fa lo stesso ) una realtà fittizia che l’autore ci vuole raccontare e che dal suo punto di vista noi guardiamo. Nell’osservare la realtà invece il punto di vista è nostro e personale ed è questo che ci rende individui diversi l’uno dall’altro, capaci di emozionarsi, di formulare opinioni, di esprimere giudizi, ognuno secondo la propria sensibilità, le proprie capacità di elaborazione. Infine un quesito, ma i telecronisti Rai si sono accorti che in questo mondiale un’italiana ha frantumato due record del mondo o erano sotto Tavor?