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 2009  agosto 04 Martedì calendario

Esultano le Unions. Nel Regno in crisi è boom di iscritti - Londra. Nell’ultimo quindicennio dei sindacati inglesi si sentiva parlare solo nelle malinconiche ballate di Billy Bragg, negli inni al neo-operaismo dei Manic Street Preachers oppure nei film di Ken Loach

Esultano le Unions. Nel Regno in crisi è boom di iscritti - Londra. Nell’ultimo quindicennio dei sindacati inglesi si sentiva parlare solo nelle malinconiche ballate di Billy Bragg, negli inni al neo-operaismo dei Manic Street Preachers oppure nei film di Ken Loach. I numeri, d’altronde, parlavano chiaro: nel 1980 gli iscritti ai sindacati britannici erano 14 milioni, ora 7. Sempre nel 1980 la percentuale di lavoratori affiliati a una rappresentanza di categoria era del 55 per cento, ora si fatica a raggiungere un lavoratore su cinque. Addirittura, il 64 per cento dei luoghi di lavoro nel Regno Unito non ha una rappresentanza sindacale al suo interno. E anche quest’anno il numero delle affiliazioni ha conosciuto una discesa del 2 per cento, a quota 27,4 per cento del totale. Il perchè di questi numeri è storia: la blue revolution thatcheriana che ha modificato i criteri di indizione degli scioperi ha tagliato le gambe alle Unions e anche la stagione del blairismo ha assestato un altro duro colpo ai sindacati, depotenziandone lo storico ruolo di finanziatori principale del Labour e aprendo alle donazioni di private, non ultime quelle di ricchi uomini d’affari pronti a comprare a suon di milioni un seggio non più ereditario alla Camera dei Lords. Ora, però, qualcosa sta cambiando. Complice la dipartita politica dell’ex primo ministro e i sempre più frequenti insuccessi elettorali, i ricchi businessmen scappano dalla politica oppure cambiano indirizzo e cominciano a guardare verso i Tories, permettendo alle unions di tornare ad esercitare un ruolo fondamentale per la sopravvivenza finanziaria del partito. Ma è stata soprattutto la crisi economica globale a giocare a favore dei sindacati, sorpresi la scorsa settimana da un dato che nessuno si attendeva: un aumento di 12mila unità tra gli iscritti nella fascia d’età tra i 16 e i 27 anni. «Livellamento disoccupazionale», lo chiamano i sociologi del lavoro, ovvero il fatto che questa crisi ha innescato un livellamento verso il basso delle condizioni di lavoro giovanile che riguarda tutti, il builder impiegato nel cantiere a 16 anni come il neo-laureato, che si ritrovano a passare anni tra un internship non pagato e l’altro, frustrati e sfruttati. Ecco quindi che la generazione non più X ma Y scopre il ruolo di tutela del sindacato, ritrova un legame con l’associazione di categoria che di fatto aveva saltato una generazione, quella tra il periodo del thatcherismo e quella della fine del New Labour. D’altronde, non è una suggestione ma realtà il fatto che i 3 milioni di affiliati a organizzazioni sindacali impiegati nel settore privato riescano a ottenere aumenti salariali molto più alti - fino al 10 per cento - con una contrattazione collettiva rispetto a trattative interne. Torna non tanto la voglia di posto fisso, quanto la paura di perdere anche quello precario: e siccome il mantra del liberismo e della mobilità fatica ad attacchire tra le giovani generazioni travolte dalla crisi, la vecchia ricetta delle unions torna di grande attualità. Ma, al di là dei dati numerici c’è anche un altro motivo per questo ritorno dell’attivismo sindacale nel Regno Unito e soprattutto per il suo appeal verso i giovani e risponde al nome di Bob Crow, sanguigno leader del sindacato dei trasporti, già soprannominato «l’hooligan del sindacalismo». In effetti, il look è quello: polo Lacoste o camicie Ben Sherman, cappellino da baseball, jeans e sneakers bianche, Crow sembra il protototipo del picchiatore casual da stadio. Il fisico, la pelata da macho e lo sguardo poco rassicurante, poi, fanno il resto. Ma sono i modi di agire a ricordare i teppisti da stadio e le loro gesta: gli ultimi due scioperi, quello della metropolitana di un mese fa che per tre giorni ha paralizzato Londra e quello di giovedì scorso della National Express, sono lì a dimostrarlo. Sul tavolo esistevano bozze di mediazione, per quanto riguarda la metropolitana addirittura garantite dal sindaco di Londra, Boris Johnson, ma l’intransigenza di Crow ha vinto. Blocco totale: e il ritorno dei picchetti, con corpulenti rappresentanti in pettorina fluorescente pronti a dissuadere i crumiri prima di sedersi al pub e godere delle news sulle loro gesta dallo schermo della tv. Per molti osservatori è proprio questa intransigenza ad attrarre i giovani, soprattutto in un periodo di grande tensione sociale verso tutto ciò che è visto come fonte di precarietà, sfruttamento e disoccupazione: è la risposta leftist e working class al voto di protesta per il British National Party. Anzi, ne è il corrispettivo in ossimoro. Certo, i numeri non fanno presagire derive massimaliste a breve, ma il segnale politico e sociale è chiaro: o si danno risposte serie ai giovani o questi cederanno alle lusinghe dei Bob Crow. Con quanto questo comporta in un Paese come la Gran Bretagna.