Serena Uccello, Il sole 24 ore 1/8/2009, 1 agosto 2009
IN SICILIA E’ «CACCIA» ALLA CANNABIS (+
intervista)-
Si infittiscono i sequestri di maxipiantagioni d’«erba» gestite dalla mafia - LE INDAGINI - La crisi dei proventi del racket ha imposto lo sviluppo di nuovi business per dare risorse agli affiliati alle cosche
Prima il sospetto e il fiuto dell’investigatore. Orecchie attente e soprattutto osservazione. Poi le ore trascorse, di notte, a battere palmo a palmo i giardini che un tempo erano la Conca d’Oro, fino a quando l’agricoltura assistita dai fondi pubblici non ha sostituito gli agrumeti con le vigne e con il grano. Oggi la valle che sfiora Palermo da una parte, Trapani dall’altra e Agrigento dall’altra ancora, la Valle dello Jato la chiamano, è un puzzle: filari di vigneti si alternano a terreni abbandonati, ad improvvisati orti e ad insospettabili coltivazioni.
Negli ultimi anni è comparsa qualche serra a contendersi quel che resta del bosco della Ficuzza e a perimetrare Corleone. In una di queste, a metà strada tra Monreale e il paese di Riina e Provenzano, ieri la Polizia ha scoperto una piantagione di cannabis: cinque mila piante che si sarebbero presto trasformate in 1.500 chili di spinelli destinati per lo più al mercato locale e in un tesoretto di un milione e mezzo di euro. Basta però spostarsi di qualche chilometro e raggiungere San Giuseppe Jato (qui la presenza di quelli che un tempo furono i fedelissimi di Riina, i Brusca, è ancora evidente dalle scritte in nero che imbrattano i murales) per ritrovare i segni dell’aratro che ha appena distrutto un’altra piantagione di cannabis. Per scoprirla i Carabinieri di Monreale hanno «rastrellato», raccontano nel loro gergo, a lungo la zona. «Intuivamo - spiegano - che dovesse esserci qualcosa. Con pazienza abbiamo quindi cercato in ogni trazzera (via, ndr)». La notte del 5 luglio trovano così tra le viti 10mila piante di "cannabis sativa": una fila di piantine per ogni due di vigne. In ordine perfetto e perfettamente mimetizzate: un impianto di irrigazione per il vigneto e uno su misura per la cannabis tanto che il perito incaricato dall’università di Palermo conterà piante «di un’età stimabile a poco più un mese» ma di «80-150 centimetri con esemplari alti fino a 2 metri». Fusti giganti, rigogliosissimi, merito della qualità scelta – che al dettaglio avrebbe fruttato tre milioni di euro – e della «cura nella coltivazione», specificano gli investigatori. E soprattutto di uno speciale intreccio di clima e qualità del terreno che rende questa zona particolarmente adatta nel Mezzogiorno alla produzione di marijuana. Terra, dunque, generosa: basti pensare che tornando indietro nel tempo e ripercorrendo i sequestri, che ormai tra Carabinieri e Polizia si susseguono al ritmo di almeno un paio al mese, si arriva al 9 agosto del 2007. Quel giorno furono scoperte oltre 1,4 milioni di piantine, 15 milioni di euro tradotte in cifre: per gli archivi dei Carabinieri la più grande piantagione mai scoperta in Italia. Un primato persino sullo strapotere dei calabresi ormai definitivamente monopolisti nel traffico di cocaina.
Una Colombia in miniatura per una Cosa Nostra che dopo le decine di arresti ha bisogno di «fare velocemente cassa - spiega Roberta Buzzolani magistrato della direzione distrettuale antimafia di Palermo - per mantenere le famiglie dei detenuti, per pagare gli avvocati». A questo servivano gli incassi del pizzo, ma se il racket perde colpi allora si torna ai vecchi business. Più sicuri se controllabili: «Le piantagioni locali - raccontano dalla sezione antidroga della Squadra Mobile di Palermo - hanno il vantaggio di poter fronteggiare velocemente la domanda sempre più in aumento, dimezzare i costi di trasporto e soprattutto ridurre i rischi di un’intercettazione delle rotte da parte delle forze di polizia». Così l’organizzazione sfrutta appieno i vantaggi del "territorio" per la produzione delle cosiddette droghe leggere e cerca al tempo stesso di recuperare sul fronte dei traffici internazionali, rafforzando l’alleanza con ’ndrangheta e camorra (un’operazione di ottobre del 2008, la "Royal Music", ha ricordato la solidità di questi legami).
Lo scorso dicembre la Procura di Palermo in una sola notte ha arrestato 98 persone, capimandamento, boss di peso e semplici guardaspalle, tra i fermati anche gli organizzatori di un traffico di cocaina dal Brasile e dal Paraguay. Come prima spedizione, avrebbero dovuto fare arrivare in Sicilia 100 chili di cocaina: due operazioni di Polizia, la prima in Sud America, la seconda in Italia, (gli arresti appunto di dicembre) hanno ridimensionato le ambizioni e chiuso l’affare ancor prima che iniziasse. Di chili di cocaina questa volta ne sono arrivati solo dieci. Poco prima, tra luglio e settembre, le indagini "The Net" e "Fortezza 2" avevano bonificato Brancaccio, il Capo, la Noce, la Zisa. Crescono le inchieste «perché – come scrivono i magistrati della Direzione nazionale antimafia - l’andamento del fenomeno appare caratterizzato da una tendenza ad un significativo aumento». La conferma in un dato, attualmente la Sicilia è la terza regione, dopo Lombardia e Lazio, per quantità di stupefacenti sequestrati: quasi cinque tonnellate, il 103,84% in più rispetto all’anno precedente.
«Campi di marijuana? Qui ce ne sono molti»
«Dalle nostre parti tutto avviene con l’avallo di Cosa nostra, bisogna essere nel giro»
Di se stesso racconta poco, quel tanto che basta per far capire che s’intende molto di terra, è un agricoltore, e dei traffici che si muovono nella sua zona. Conosce tutti quelli che contano, quelli cioè che «autorizzano» perché nella valle dello Jato come nel resto della Sicilia non si coltiva una sola pianta di cannabis senza l’imprimatur di Cosa Nostra. Dice di non aver mai avuto interessi diretti nella produzione di marijuana anche se ammette di «aver avuto in passato qualche problema con la giustizia». Il suo è un racconto, necessariamente anonimo, di come il triangolo alla spalle di Palermo si stia imponendo in Sicilia nella coltivazione della canapa indiana.
Lei com’è a conoscenza di questa particolare attività?
Sono giovane quindi potrei dire grazie a internet, in realtà quel che so l’ho imparato dagli anziani della zona, soprattutto da quelli di Partinico, che posso dire sono considerati i più quotati in Sicilia. E poi chi è nel giro lo sa come funzionano queste cose.
Ha qualche interesse diretto o conosce altre persone impegnate nella coltivazione di cannabis?
Nessun interesse anche se in passato ho avuto qualche problema con la giustizia. Conosco e conoscevo persone invece impegnate direttamente.
Sono molti quelli che qui lavorano con la cannabis?
Sì.
Perché si comincia?
Ci sono alcuni come me che lo fanno diciamo per bisogno: sono disoccupato e ho una famiglia. La maggior parte però per i forti guadagni. Ovviamente dalle nostre parti tutto avviene con il consenso di Cosa nostra.
Come si comincia?
Di sicuro bisogna essere nel giro.
Che vuol dire?
Che, a certi livelli, se non si hanno le giuste conoscenze non si può nemmeno immaginare di entrare in questo genere di affari. Bisogna conoscere almeno qualcuno che è vicino a Cosa nostra ed essere considerato una persona affidabile
Come funziona l’avvio e la gestione di un "campo"?
Per prima cosa bisogna scegliere con attenzione la zona, deve essere un posto sicuro. In alcuni casi le piante vengono nascoste in mezzo ad altre coltivazione, sotto le piante ad esempio di ortaggi. Poi verificare che il terreno sia adatto, che sia buono, quindi mettere a "dimora" le piante. Ed infine predisporre un buon impianto di irrigazione. In questo caso bisogna fare in modo che non siano necessarie molte persone per attivarlo o disattivarlo così da non attirare l’attenzione dei Carabinieri. Quindi procedere con la concimazione. Di solito è necessario un mese per la crescita delle piante, due per la fioritura, una settimana per l’essicazione che deve avvenire all’ombra.
Rispetto al passato c’è una crescita del business?
Sì, quest’anno direi l’80% in più rispetto all’anno precedente. In Sicilia l’agricoltura è in ginocchio, i prezzi sono crollati, l’uva è ai minimi, le cantine non pagano, sono tutti pieni di debiti.
Qual è il mercato finale?
La maggior parte dei grossisti si trova a Partinico. Gente che paga in contanti e che ha i canali di smercio in tutta Europa, sia via terra sia per mare.
S.U.