Marco Sodano, La Stampa 4/8/2009, 4 agosto 2009
Secondo l’Iea le scorte di greggio stanno finendo: è il caso di preoccuparsi? Lo dice il capo economista dell’International Energy Agency di Parigi Faith Birol: prestargli attenzione è doveroso per l’autorevolezza e la fama di competenza e (relativa) imparzialità dell’agenzia
Secondo l’Iea le scorte di greggio stanno finendo: è il caso di preoccuparsi? Lo dice il capo economista dell’International Energy Agency di Parigi Faith Birol: prestargli attenzione è doveroso per l’autorevolezza e la fama di competenza e (relativa) imparzialità dell’agenzia. Prima o poi il petrolio finirà, non c’è dubbio. Ma è altrettanto vero che la scienza, fino a oggi, si è dimostrata capace di sostituire un idrocarburo con un altro: dal greggio al gas, dal gas alle sabbie bituminose, dal petrolio pescato sottoterra a quello estratto in mare aperto. Le lavorazioni diventano sempre più complicate e costose, ma non si fermano per questo. Possiamo mantenere il nostro tenore di vita senza l’oro nero? Oggi come oggi no, almeno non senza la grande famiglia degli idrocarburi. La principale fonte energetica restano loro, e senza energia la società del terzo millennio si bloccherebbe. Ospedali, trasporti, comunicazioni, riscaldamento, acqua potabile: tutto dipende dall’energia. Le fonti alternative (solare, eolico, idroelettrico, correnti geotermiche) non sono ancora in grado di offrire produzioni soddisfacenti. Resta il nucleare, ma il suo sviluppo è lento e costoso. Non può tenere il passo con il petrolio. Ci sono alternative? Quale sarà la fonte principale nel futuro prossimo? L’Europa sa bene che il solo candidato che finora s’è dimostrato capace di sostituire - o quanto meno di integrare - il petrolio è il gas. Riscaldamento e produzione di elettricità, nel vecchio continente, dipendono ormai per gran parte da questo combustibile. Che, non per caso, è cugino del greggio: si tratta di petrolio in una fase diversa - successiva - della sua maturazione sotterranea. La Exxon in Qatar sta addirittura sperimentando un processo di raffinazione al contrario, lavorare il gas per farlo tornare petrolio. Il gas può sostituire in tutto e per tutto il vecchio barile? Non del tutto, per due ragioni. La prima è di quantità. Anche le riserve di gas sono destinate a terminare. La seconda è tecnica. Se è relativamente facile produrre energia elettrica con il gas, lo è molto meno muovere i grossi mezzi di trasporto: treni, navi, aeroplani. Il gas si stiva in pressione, dunque occorrono bombole. Si può fare per le auto, cui bastano serbatoi piccoli. Per quante misure di sicurezza si prendano, se le bombole sono grosse il rischio di esplosioni resta troppo alto. Si dice che se l’economia riparte i prezzi petroliferi si impenneranno di nuovo L’economia funziona per pesi e contrappesi: così è vero anche l’esatto contrario. Se il petrolio tornasse alle quotazioni stellari di un anno fa (toccò 147,25 dollari al barile), si fermerebbe uno dei principali motori della ripresa. I prezzi alti oltre una certa soglia, non convengono neppure ai produttori di petrolio. Sono proprio questi ultimi - l’Opec e le grandi compagnie occidentali in testa - a fare pressione perché il prezzo oscilli tra i 70 e gli 80 dollari. la cifra che garantisce l’equilibrio tra sostenibilità del consumo - al di sopra crolla - e guadagni di chi estrae. Sotto queste cifre spesso non conviene scavare. Nell’ultimo anno, con prezzi sotto i 60 dollari, molte compagnie hanno sospeso i progetti di esplorazione più costosi, vicini al Circolo Polare Artico o a grandissima profondità. Ogni giacimento ha una resa calcolata in rapporto al prezzo corrente dell’oro nero. Tenerlo stabile è interesse di tutti. Però consumiamo più greggio di quello che la Terra è in grado di rigenerare Questo è vero soprattutto in prospettiva. Vale il paradigma dei frigoriferi cinesi: cosa succederà quando tutte le famiglie cinesi avranno un frigorifero, un condizionatore, un’automobile, e tutti gli elettrodomestici che oggi vediamo abitualmente in una casa occidentale? Sarà il collasso, a meno che le fonti alternative non siano diventate davvero alternative: competitive in quantità con gli idrocarburi. Le parole di Faith Birol dunque sono soltanto un’esagerazione? Tutt’altro. Ma più che preannunciare l’avvento di un’era stile Blade Runner, il capo economista della Iea mette l’accento su un aspetto fondamentale della questione: se gli idrocarburi non bastano, bisogna cambiare i sistemi di alimentazione. un processo lento, complicato e di conseguenza costoso. Ci sono voluti decenni per portare il metano sulle automobili garantendo sicurezza a chi le guida. E cambiare l’alimentazione di una grande centrale elettrica non è cosa che si risolve in poche settimane. Ciò che bisogna fare senza indugio è lavorare sul cambiamento, prepararsi per tempo. L’uomo della strada può fare qualcosa? Le cose semplici sono quelle che funzionano: basta consumare meno energia possibile. E bandire gli sprechi. Avete spento la luce in bagno?