Plus 1/8/2009;, 1 agosto 2009
MAL DI BUDGET
Dimettersi. Non si vive solo di banca -
Quanto scritto su «Plus24» di sabato 27 giugno 2009 dal direttore di filiale, mi ha riportato indietro di oltre 20 anni: stessa mia posizione di lavoro, stessa dedizione all’attenzione verso il cliente e conseguenti rapporti problematici con la direzione generale. Non ho nulla da aggiungere, ma scrivo per esporre la soluzione da me adottata. Semplicemente, per non venire meno a me stesso, ho lasciato la banca e mi sono dedicato all’attività di consulente/promotore finanziario. Con la liquidazione ho allestito un mio ufficio personale, dove svolgo la mia attività e dove ricevo i miei clienti (non vado a casa di nessuno e ricevo per appuntamento), con piena libertà nell’operare in totale indipendenza dai manager. Il tutto si è realizzato con il totale consenso e fiducia di mia moglie e di mio figlio, pronti a ogni sacrificio nel caso questa scelta avesse creato difficoltà. Ottimi i risultati economici ottenuti, a tutta prova il reciproco rapporto fiduciario con i clienti, i quali saranno anche "ignoranti" in materia di investimenti finanziari, ma non sbagliano nel "sentire" con chi hanno a che fare e nell’accordare la loro fiducia. Il collega, o ex collega, ha la soluzione nelle sue mani: soltanto lui può trovare la via d’uscita dal suo disagio. Auguri e coraggio: non si vive solo di banca. Gabriele Ghidoni - (via e-mail) • Vogliamo esprimere la nostra stima per il collega, direttore di filiale, che sul numero del 27 giugno porta avanti una linea di condotta eticamente e professionalmente giusta, e che purtroppo in pochi di quelli che fanno il nostro mestiere rispettano; presi dalla smania dei risultati a breve termine si sottovaluta la responsabilità che abbiamo nei confronti della nostra clientela, che ripone quotidianamente la propria fiducia nelle nostre mani. Sosteniamo che i risultati, quelli veri e duraturi, si ottengono nel lungo termine, attraverso la costruzione lenta di un rapporto di fiducia reciproca; vogliamo continuare così e speriamo che questo nostro intervento sensibilizzi tanti altri nostri colleghi, in bilico ogni giorno sulle logiche di budget. Due gestori di filiale - (via e-mail) • La rassegnazione e la solita retorica di usare frasi (come ha fatto il collega nella lettera pubblicata su «Plus24» l’11 luglio scorso) del tipo «cosa credevi, tanto questa è la realtà: o mangi questa minestra o..» mi fanno pensare che il «vecchio bancario» sia placidamente adagiato sulla poltrona del saggio dispensatore di risposte ovvie a dispetto della gravità della situazione. Ho 30 anni di servizio in "trincea" e sono abbastanza "vecchio" per capire appieno il collega della lettera del 6 giugno; dagli anni 90 in poi tutto è cambiato nel mondo bancario, la grande America patria della finanza speculativa e poi creativa ha dato la lampada di Aladino in mano ai nuovi manager rampanti bocconiani (non ragioneri) che, sfregata furiosamente, ha portato all’industria dei fondi comuni, proseguendo poi con le gestioni patrimoniali, e continuando con le obbligazioni strutturate, asiatiche, corridor, sticky, dual rate, cpi, cms e così via dicendo.
Terminologie che i nostri clienti ultrasettantenni "comprendevano" al volo dopo aver letto il prospetto informativo di 40 pagine alcune volte soltanto in inglese, per finire con le unit e index-linked.
Posso dire allora che: e i nuovi manager rampanti hanno prodotto bilanci stratosferici per le banche e quindi ottenuto bonus milionari; r le politiche di gestione miranti alla crescita costante nel medio lungo termine sono state accantonate per perseguire risultati a breve o brevissimo termine; t riducendo tutto al risultato si è avuto un crollo qualitativo dei quadri dirigenziali e intermedi dove chi esercita più pressione e velate minacce scala rapidamente posizioni di comodo potere. Nel mio piccolo ho cercato di farmi una cultura nel mondo finanziario; primo perché mi piace e secondo per essere preparato al meglio nella consulenza ai clienti, che in fondo mi pagano lo stipendio, ma tutto ciò fino ad adesso non è valso a nulla perché, ed è questa l’amarezza finale, le capacità professionali di ognuno di noi a differenza degli anni 80 non hanno più valore.
Un bancario - (via e-mail)