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 2009  agosto 02 Domenica calendario

Storia dei Gallimard

I soldi, a Gaston Gallimard, venivano dal bout du sein, un capezzolo in caucciù ad uso delle nutrici, inventato e commercializzato dal nonno, che poi aveva reso Parigi ville lumière illuminandola con lampioni a olio; quando erano apparsi i fanali a gas, la fortuna della famiglia era già fatta. Cent´anni fa, sei personaggi in cerca di rivista, trentenni al traino del condottiero André Gide, avevano fondato la N. R. F. - Nouvelle Revue Française -, che sarà la "rosa dei venti" della letteratura francese del Novecento (e il suo laboratorio: non a caso, una delle sue primissime sedi fu la cucina di un appartamento borghese). La rivista aveva due anni, quando decise di creare una casa editrice. Ci voleva un finanziatore: gli occhi di quei fini letterati si posarono appunto su Gaston Gallimard. Gaston, per quegli austeri intellettuali, aveva un grosso difetto: abitava sulla rive droite - la riva destra della Senna, coi suoi caffè e i teatri di Boulevard, troppo allegra e reazionaria per i Sorbonagres della riva sinistra. Gaston con la famiglia abitava in effetti al 79 di rue Saint-Lazare, un palazzo tappezzato di nove Corot, sette Delacroix, otto Daumier, e poi Cézanne, Fragonard, Goya, un Greco, e i Renoir (un amico) a decine; il padre di Gaston, Paul, nella vita ha essenzialmente collezionato quadri e libri antichi. Però, a venticinque anni, Gaston ha per la buona letteratura fiuto e una specie di golosità: sarà lui l´editore della N. R. F., rivista e casa editrice, che prenderà poi, dal 27 luglio 1919, novant´anni fa, il suo nome, Gallimard. «Da trent´anni che lo conosco, non mi ha mai invitato a colazione», deplorava Gide, anima e coscienza della rivista e delle edizioni, che Gaston stimava senza alcuna simpatia. «A volte mi sedevo nel suo studio a ora di pranzo, e insistevo pesantemente che ero solo e non sapevo dove andare: niente». Anche Proust si lamenterà, in una dedica di Guermantes: «Caro Gaston, sarebbe così bello passare delle serate insieme. Ma voi non prendete mai l´iniziativa. E io mi blocco davanti al telefono, che allontana come ai tempi in cui mi rifiutavate Swann» (Archivi Gallimard, e in mostra a settembre a Caen, En toutes lettres. Centenaire de la N. R. F.). A controbilanciare la preponderanza di Gide - «è troppo intelligente, in continuazione, e senza mai riprender fiato» - Gallimard costituisce il comitato di lettura, destinato a diventare un mito. Il mistero circonda i protagonisti e le riunioni del martedì pomeriggio. I lettori, in poltrona e affondati nei manoscritti, sono a semicerchio davanti alle scrivanie di Gaston e del fratello associato, Raymond, che tacciono. Ogni manoscritto è affidato a due, tre, fino a cinque lettori. «Buona misura, per una casa editrice che ha rifiutato Proust e Céline», ride Roger Grenier, che del comitato fa parte da mezzo secolo. «Ma sono pareri puramente consultivi, è Gallimard - Antoine, ora - che decide: è una monarchia». I voti vanno da uno a quattro: con uno si è pubblicati - l´asterisco indica che il lettore non cambierà opinione. Ci sono le sfumature, i tre-quattro, che invitano a sfrondare. «Mondani e straricchi, oziosi assoluti!... pederasti... alcolizzati... qualche assassino» li descrive in Nord, con la consueta verve, Céline. «Comitato di lettura! Tutti strettamente incapaci! E questi giudicano!... Tutta la vita! E parlano inglese... e kirghiso!». Il riferimento è probabilmente a Jean Paulhan, specialista di poesia malgascia. Paulhan, l´eminenza grigia delle lettere francesi dal 1925 fino agli anni Sessanta, nero e bello come un gitano, imprendibile, discreto, indulgente per ironia e dandismo, dal minuscolo studiolo da cui dirige la N. R. F. impone a tutti di bisbigliare come in chiesa. Durante la guerra cederà la rivista al fascista Drieu, ma un giorno la sua segretaria, Dominique Aury, gli portò quattro numeri di una pubblicazione clandestina della Resistenza, le Lettres françaises; Paulhan la ringraziò molto. La Aury non sapeva che aveva portato di nascosto la rivista al suo fondatore. Amante per una vita di Paulhan, e per venticinque anni unica donna del comitato di lettura, la Aury, intorno ai novant´anni - una vita da austera signora delle lettere sempre in tailleur scuro, tratti scialbi, straordinariamente pallida e capelli tirati - avrebbe confessato al New Yorker di essere l´autrice di quella fantasia di dipendenza masochista, fanatica ascesi dell´amore, algida e scabrosa, che è L´histoire d´O. I nazisti consideravano Paulhan «il terzo uomo più potente di Francia»; il nazista Gerhard Heller della Propaganda Staffel lo stimava; e quando fu denunciato alla Gestapo lo avvisò: «Tra due ore verranno a prendervi». Paulhan scappò per i tetti. Drieu si suicidò. Alla Liberazione, la rivista subì una quarantena di dieci anni, poi ripartì, sempre con Paulhan e i suoi modi felpati («Languida Anemone», lo chiamava Céline), continuando nel suo ruolo di apripista: Butor, Char, Robbe-Grillet. Ora, con Bertrand Visage e poi Michel Braudeau, la N. R. F. ha perso la sezione critica. Già L´Esprit N. R. F. a cura di Pierre Hebey, e ora L´oeil de la N. R. F., curato da Louis Chevaillier, la antologizzano; ma è Alban Cerisier che firma una definitiva Histoire de la N. R. F. (612 pagine, 25 euro, tutto da Gallimard) in favore della sperimentazione di nuovi narratori. La casa editrice di Gaston intanto cresceva e si moltiplicava. Proust e Céline recuperati, Eluard, Artaud, Breton, Saint-Exupéry, Simenon, Malraux, Giono, Sartre, Vian, Camus, Prévert il poeta, Cioran il moralista, il ladro Jean Genet: il panorama delle lettere francesi si delinea, grazie alla volontà e la passione di Gaston. Spesso l´impresa è pericolosa: duelli, minacce di morte assediano lui e i gallimardeux. Un duro, Le Breton (Rififi), posa una pistola sul tavolo prima di discutere i contratti. Essere pubblicati da Gallimard, in effetti, è una questione di vita o di morte. E poi ci sono i lutti dei collaboratori più cari a Gaston: il brillante Roger Nimier, che si uccide sulla Aston-Martin che l´editore gli aveva regalato, e l´incidente in cui il nipote preferito, Michel, muore contro un albero con Camus (Sartre impedisce che pubblichino il manoscritto che Camus aveva con sé). Intanto gli studi della rue Sébastian Bottin si dividono e risuddividono, i piani si sfalsano con i palazzi attigui: «Ma bene!», borbotta un giorno Gaston, «abbiamo messo l´ascensore, e non si ferma al mio piano»; in effetti, riceveva al secondo piano e mezzo. Più cerimonioso, il figlio Claude avrà uno studio a piano terra, vasto ed elegante. Nessuno più lo usa e i cerimoniali cambiano: scompare il "bicchiere" dopo le riunioni del comitato di lettura, che si rarefanno, come i coquetèles (Queneau) nel favoloso giardino di rose, stretto, in fondo alla casa editrice, tra i palazzi di Saint-Germain, che non vedranno più Simone de Beauvoir e Queneau stesi nell’erba, persi nell´ebbrezza. Le Clézio, Kundera, Tournier, Modiano, Philippe Forest, Jonathan Littell. Ora c´è Antoine, il figlio di Claude, a mantenere nella famiglia una casa editrice che ha fatto la storia culturale del Novecento. Dodicimila libri del catalogo sono già in rete; per il centenario della casa, nel 2019, ci saranno tutti. «Fare l´editore è un mestiere da giardiniere», dice Antoine, «ci vuole tempo».