Marcello Sorgi, La stampa 1/8/2009, 1 agosto 2009
ATENE COME L’ITALIA DEL ’77 (+
scheda cronologia e schede biografiche)-
La parola chiave è «agonà», lotta. La vedi scritta sui muri, accompagnata a ogni tipo di aggettivo, «lotta anticapitalista», «antimperialista», «antiglobalizzazione», a lettere cubitali, vergate con spray frettolosi, accanto a murales variopinti e ad annunci di riunioni, assemblee, adunate a tutte le ore.
Il fuoco di questa strana rivolta quotidiana arde dietro le quinte dell’afosa estate greca delle vacanze, degli aeroporti affollati, delle file di turisti sotto l’Acropoli e il Partenone. Quasi tutte le notti c’è un attentato, un’auto della polizia data alle fiamme, un candelotto esplosivo lanciato contro una caserma, un rudimentale congegno a orologeria lasciato sotto casa a un ex ministro o sottosegretario.
Se non fosse un paragone inverosimile, in una città scintillante per l’iniezione di modernità portata dalle Olimpiadi del 2004, se Atene non avesse oggi, diversamente da dieci anni fa, l’aspetto di una vera grande metropoli europea con quasi cinque milioni di abitanti, si direbbe che l’aria che tira è quella, per chi se la ricorda, del ”77 italiano. Ribellismo diffuso, terrorismo un po’ straccione ma resistente a qualsiasi azione di contrasto. Una malattia sociale, giovanile, studentesca, marginale, con cui un Paese che esce da un decennio ininterrotto di benessere, con crescite del 4,5 per cento l’anno e boom dei consumi, ora deve fare i conti. E li fa, si vede subito, con evidente difficoltà.
La piazza centrale di Exarchia, il quartiere anarchico che è diventato una specie di zona franca per l’organizzazione e l’esecuzione di piccoli e meno piccoli attentati, ha i muri ricoperti di scritte e manifesti. Nelle vie intorno, piene di biblioteche, centri sociali, bar, si respira un’aria a metà tra quella del Quartiere Latino di Parigi e quella dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Sguardi lunghi, gente impegnata in lentissime degustazioni di frappè ai tavolini dei bar, salopette e abbigliamento casual che si accompagna a cenni d’intesa, come per segnalare la presenza di estranei. Poco distante, la cancellata del Politecnico è ricoperta di lenzuoli di protesta, con le grandi «A» cerchiate dell’anarchia come firma, e l’annuncio dei prossimi appuntamenti: ce ne sarà uno anche il 9 agosto.
Quando è cominciata la malattia greca del nuovo terrorismo? Come spiega l’ambasciatore italiano Giampaolo Scarante, la Grecia è una democrazia giovane che ha convissuto quasi da sempre con un certo tasso di violenza politica: «Atene è una città assolutamente sicura, dove è molto piacevole vivere o venire in viaggio per qualche giorno, ma nella quale ogni sera ci sono auto bruciate o altro genere di microattentati. Si può capire che questo non debba necessariamente influire sull’atmosfera di una capitale in cui fino a tarda notte c’è gente che passeggia o frequenta bar e ristoranti. Ma si capisce meno, di fronte a un accentuarsi del fenomeno, che la tolleranza rimanga la stessa».
Nel passato prossimo, ci sono due date chiave da tenere presenti. Il 7 dicembre 2008, durante una giornata di scontri tra studenti e polizia, cade ucciso da una pallottola sparata da un agente il quindicenne Andreas Grigoropoulos. Per una città che inviò, a migliaia, giovani no-global al G8 italiano del 2001, e celebrò sui muri di Exharchia, come un martire rivoluzionario, Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso dai carabinieri a Genova, l’incidente del 7 dicembre è diventato l’inizio di una guerra civile. Durata per giorni, con scontri e guerriglia ad Atene e nel resto della Grecia ad ogni angolo di strada, e placata solo dalla decisione del ministro dell’Interno Pavlopulos di porgere pubbliche scuse per l’errore e far perseguire con l’accusa di omicidio i due agenti responsabili.
La seconda data è più recente. Mercoledì 17 giugno, un mese e mezzo fa, ventitre colpi di pistola al torace nel quartiere Ano Patissia pongono fine alla vita di un giovane agente di polizia posto a guardia di una pentita che doveva testimoniare contro il gruppo Ela (Lotta del popolo rivoluzionario), formazione armata apparsa nel 1971 e che si riteneva sconfitta dal 2001. Nello stesso anno erano stati assicurati alla giustizia anche i due capi di «17 novembre», l’organizzazione intitolata alla data della rivolta anarchica contro i colonnelli. La sensazione era di trovarsi di fronte a dei balordi più che dei veri combattenti: Dimitri Kufodinas e Savvas Xiros (preso con una bomba in mano) venivano dall’ambiente impiegatizio, uno dei due era figlio di un prete ortodosso, avevano precedenti per furti e piccoli reati di criminalità comune.
Ora invece si scopre che all’ombra dei due gruppi considerati sconfitti è fiorita una rete infinita di sigle e di piccoli commandos, un insieme che davvero ricorda la stagione del terrorismo diffuso italiano, quando accanto all’esercito clandestino delle Br, che doveva arrivare al rapimento di Moro, si muovevano larghe schiere di fiancheggiatori che sarebbero entrate da protagoniste nell’ultima sanguinosa stagione del terrore nostrano. Ed anche se non è detto, e soprattutto non è augurabile, che in Grecia vada a finire così, non si vede in giro molta consapevolezza del rischio che il Paese sta correndo.
Frettolosamente, nei giorni scorsi, il governo ha sostituito il capo dei servizi segreti, insediando un magistrato esperto di terrorismo, Dimitris Papangelopoulos, che è subito stato raggiunto da un attentato (l’auto di servizio data a fuoco) e da una lettera di minacce. E a giudicare dalle richieste di collaborazione che l’ufficiale di collegamento italiano dell’Interpol riceve- collaborazione che è cresciuta positivamente negli ultimi anni - è evidente che l’apparato di sicurezza greco non è affatto pronto a fronteggiare la nuova ondata di terrorismo.
Non esiste un archivio aggiornato delle sigle, né un adeguato bagaglio di informazioni su capi e militanti, in alcuni casi si è in dubbio perfino sul fatto che le stesse organizzazioni possano presentarsi sotto nomi diversi. La disciplina delle intercettazioni è lentissima e l’attrezzatura tecnologica arretrata: per dire, alle frontiere non ci sono neppure gli scanner che consentono un esame approfondito dei mezzi e dei viaggiatori in transito. Fino a tutto luglio era perfino possibile dotarsi di una tessera telefonica per il cellulare senza neppure presentare un documento o lasciare le generalità ed era impossibile, per le forze dell’ordine, entrare nelle università, che godevano di una sorta di diritto d’asilo. Sono solo alcuni esempi dell’impreparazione che, al di là della volontà di combatterla, rende più ardua la lotta al terrorismo in Grecia.
Inoltre, un sistema politico democratico, bipartitico, monocamerale e quindi, formalmente, perfettamente funzionante, risente di una sorta di asfissia, per cui sia il capo del governo che quello dell’opposizione provengono da due famiglie, Karamanlis e Papandreu, che sono al potere da più di trent’anni. Solo il 24 luglio il presidente della Repubblica Karolos Papoulias ha invitato tutti, maggioranza e opposizione, a una sorta di unità nazionale antiterrorismo. Ma non è un mistero che questo genere di solidarietà sia più difficile in un Paese in cui, come spiega il consigliere d’ambasciata Martin Brook, «gli anarchici, per il contributo dato alla lotta contro il regime dei colonnelli, godono di un rispetto pari a quello dei partigiani in Italia», la sinistra è divisa tra una componente riformista (Pasok) e una radicale (Syriza), che ha flirtato apertamente con la rivolta studentesca e solo adesso, dopo il bagno elettorale che alle europee l’ha portata dal 18 al 4 per cento, comincia a rendersi conto dell’allarme che la violenza politica sta creando nella popolazione.
E in un quadro del genere qualche responsabilità rischiano di prendersela anche gli intellettuali di sinistra, i più famosi dei quali, come Costa Gravas, Mikis Theodorakis e Titos Patrikios, o hanno vissuto in Italia all’epoca del colpo di Stato, o hanno potuto godere di grandi solidarietà dell’Italia democristiana e comunista di quasi quarant’anni fa. Sono loro che, con il peso che ancora hanno nell’opinione pubblica, oscillano tra attacchi e difese dei poliziotti, e simpatie per una rivolta studentesca che è spesso degenerata nella guerriglia, e che invece si ostinano a considerare con comprensione come un effetto delle politiche sbagliate del governo.
Sarà pure, perché no: la crisi economica morde qui come altrove, il turismo, che era la prima risorsa nazionale, perde colpi. Ma se l’Italia del ”77, trent’anni dopo, può ancora insegnare qualcosa alla Grecia di oggi, è a guardarsi dentro, a cogliere da subito i sintomi della malattia, a non sottovalutare nulla. E soprattutto, a non scherzare col fuoco.
Cronologia: L’escalation
Quindici attacchi in due settimane
1 luglio 2009
Salonicco
Distruzione dell’auto di servizio di un diplomatico. Rivendicata dalla «Squadra metropolitana Notte estiva».
2 luglio
Atene
Esplode l’auto di servizio del Presidente del Consiglio di Stato Panajotu. Non rivendicata.
3 luglio
Atene
Attentato incendiario contro un ufficio delle imposte e contro un ristorante McDonald’s. Attribuiti al gruppo Lotta Rivoluzionaria.
3 luglio
Atene
Incendiato e distrutto l’ufficio dell’ex ministro del Pasok (partito socialista greco) Sifis Valirakis.
4 luglio
Atene
Attacco incendiario contro una sede di Nuova Democrazia (il partito del premier Costas Karamanlis). Rivendicato da «Sentiero di fuoco».
4 luglio
Salonicco
Attacco incendiario a casa del dirigente del movimento di estrema destra «Alba d’oro» Chisis Aygis. Rivendicato dai «Nuclei antifascisti per la Resistenza, commando memoria solidale».
8 luglio
Agya Paraskevi (Atene)
Attentato contro gli uffici del «Laos», partito di estrema destra. Rivendicato da «Azione liberatrice rivoluzionaria».
8 luglio
Papagos (Atene)
Bruciata auto della polizia. Rivendicazione del «Gruppo agitatori immorali».
8 luglio
Cholargos (Atene)
Attacco contro la sede della polizia municipale. Rivendicato dal «Gruppo agitatori immorali».
9 luglio
Kavalas (100 km da Salonicco)
Il «Gruppo di azione anarchica» rivendica il precedente attentato del 23 giugno contro la sede della Citybank di Kavalas.
10 luglio
Exarchia (Atene)
Colpi di pistola contro poliziotti delle squadre speciali MAT di guardia vicino gli uffici del Pasok di via Trikoupi. Nessuna rivendicazione.
11 luglio
Tra Atene e il Pireo
Bomba ad orologeria sotto la casa dell’ex sottosegretario agli interni con delega alla polizia ammiraglio Panajotis Chinofotis. Rivendicato dal gruppo «Azione rivoluzionaria armata».
12 luglio
Acropoli di Atene
Attentato incendiario contro l’ufficio della polizia nel luogo più frequentato dai turisti.
17 luglio
Atene
Invio di una lettera minatoria al nuovo capo dei servizi segreti, il giudice Dimitris Papangelopoulos, preceduta, il giorno prima, dall’incendio della sua auto di servizio.
23 luglio
Zante
La polizia ritiene che la serie di incendi che ha colpito l’isola sia di matrice terroristica.
Il ripensamento di Theodorakis
Il regista Costa Gavras, il musicista Mikis Theodorakis e il poeta Titos Patrikios, intellettuali molto noti anche in Italia, una cosa hanno in comune: oltre che alla qualità delle loro opere, diffuse in tutto il mondo, devono la loro celebrità all’aperta contestazione, fatta a cavallo tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, del regime dei colonnelli, durato dal 1967 al 1974, e alla dura repressione subita dalle forze di polizia.
forse questo che li ha spinti, ora che la situazione ad Atene si sta aggravando giorno dopo giorno, ad assumere posizioni in qualche modo comprensive verso la ribellione giovanile, specie dopo l’uccisione da parte di un agente dello studente Andreas Grigoropoulos, l’8 dicembre 2008.
Salvo ripensamenti, come nel caso di Theodorakis, che dopo l’agguato mortale a un poliziotto che era a guardia di una terrorista pentita che doveva testimoniare nel processo contro il gruppo Ela (Lotta del Popolo rivoluzionario), ha espresso solidarietà ai tutori dell’ordine, «passati da persecutori a difensori delle conquiste comuni» e ha polemizzato contro la «demonizzazione», seguita alla morte dello studente, dei poliziotti, sia pure invitandoli a liberarsi di coloro che macchiano l’onore del corpo di polizia.
Constantin Costa Gavras
Settantasei anni, nato da una famiglia molto povera nel villaggio di Loutra Iraias, in Arcadia, e vissuto per gran parte della sua vita in Francia dove è stato anche Presidente della Cineteca dal 1982 al 1987 e di nuovo dal 2007, è diventato famoso anche in Italia negli Anni Settanta con il suo film «Z, l’orgia del potere», un durissimo atto d’accusa contro il regime dei colonnelli e per il più recente «Missing»(1982), dedicato alla scomparsa di un giornalista dopo il colpo di Stato di Pinochet in Cile. Un successo anche il suo «Music-Box» (1989), su un ex criminale di guerra nazista.
Mikis Theodorakis
Classe 1925, nato nell’isola di Chio, è tra i maggiori compositori greci, noto anche per le colonne sonore di film come «Zorba il greco», dello stesso «Z» e di «Serpico». Arrestato durante la dittatura dei colonnelli, ha trascorso molti anni nel carcere di Koridallos, dove alcuni suoi compagni di lotta, come Andreas Lentakis, furono torturati e uccisi. Sempre schierato a sinistra, stupì, nel 1990, avvicinandosi alla destra di Nuova Democrazia, per poi allontanarsene poco dopo. Il suo nome era girato anche come possibile candidato alla Presidenza della Repubblica.
Titos Patrikios
Nato ad Atene, è considerato uno dei più grandi poeti moderni greci ed è stato allievo di un altro grande poeta, Ghiannis Ritsos. Oggi ottantunenne, Patrikios ha vissuto a Parigi e in altre capitali europee, tra cui Roma, e ha presieduto nel 2004, durante i Giochi Olimpici di Atene, le Olimpiadi culturali. Direttore del «National Book Center» greco, ha pubblicato in Italia un libro intitolato «La resistenza dei fatti» (Crocetti, 2007). Per la sua opposizione ai colonnelli fu inviato al confino in un’isola per tre anni.