La stampa 1/8/2009, 1 agosto 2009
HO PERDUTO DUE GAMBE MA LI PERDONO"
Irene Villa, madrilena di 30 anni, è la più famosa e amata vittima sopravvissuta a un attentato dell’Eta. La gente la saluta e la bacia per strada. Aveva 13 anni quando una bomba calamitata piazzata sotto l’auto della mamma, María Jesús González, funzionaria ai passaporti di un commissariato della Polizia di Madrid, le tranciò due gambe e tre dita della mano sinistra (a Doña María il braccio sinistro ed una gamba). Le sue immagini con le gambe maciullate fecero piangere l’intero Paese. Alcuni giornali la ribattezzarono «La niña de España», altri «La figlia di tutti gli spagnoli». Da quasi 3 anni è tornata a camminare, dopo anni di carrozzina e dolori terribili, grazie a due gambe di titanio che le hanno saldato in Svezia.
Irene, come sta?
«Sono molto triste per l’assassinio dei due giovani agenti della Guardia Civil a Maiorca. Sto bene, sto andando con la mamma e il mio fidanzato a una gara di canottaggio a cui partecipano handicappati di tutta la Spagna».
Dopo l’attentato è sempre stata adorata da tutti. ancora così?
«Sì. All’inizio ero la Niña de España, poi sono diventata la Novia (fidanzata, ndr) de España. Mi sento il simbolo della forza dello Stato nella lotta contro il terrorismo. Anche mio padre, che ha cambiato lavoro per aiutarmi, è stato fondamentale».
Come vive adesso?
«Scrivo una rubrica settimanale per il giornale La Razón, sono commentatrice alla radio Cope (la radio dei vescovi, ndr). Dopo l’attentato mi sono buttata sugli studi ed ho tre lauree, Comunicazione Audiovisiva, Lettere e Psicologia. Tengo conferenze e lezioni di "Valori Umani" ai giovani. Ancora: faccio parte della nazionale spagnola di sci per handicappati e voglio partecipare l’anno prossimo alle Para-Olimpiadi. E nuoto come un pesce».
Sua madre è combattiva come lei?
«Sta guidando mentre ti parlo. Dal giorno dell’attentato è pensionata. Ieri piangeva per l’assassinio delle due Guardie Civil».
Come ha superato il trauma della bomba?
«Sì, l’ho superato nello stesso momento in cui sia mia madre che io siamo sopravvissute. Decidemmo insieme che la nostra vita non era finita ma cominciava di nuovo, che nessuno ci avrebbe tolto il nostro sorriso. Certo, una vita diversa, senza gambe. Tutto il Paese, dal governo alla gente comune, dagli amici ai calciatori e ai cantanti famosi, ci è stata vicinissima. E ciò ha permesso che non sprofondassimo nella disperazione».
Ha mai desiderato la vendetta?
«No, desiderio di giustizia piuttosto. Non ci possiamo permettere che l’odio dei terroristi ci contagi. Io non odio i miei carnefici, desidero solo che stiano in galera perché non provochino altri lutti e piazzino altre bombe».
Allora ha perdonato l’Eta?
«Sì, per non soffrire di più. Chi perdona riposa. C’è una frase che mi piace molto: "Se vuoi essere felice per un giorno, vendicati. Ma se vuoi essere felice per tutta la vita, perdona"».