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 2009  agosto 03 Lunedì calendario

Monsignor Alberto D’Urso, se­gretario della Consulta nazio­nale antiusura Giovanni Paolo II, ha proposto di utilizzare l’incredibile mon­tepremi ormai raggiunto dal SuperEna­lotto (115 milioni di euro) per aiutare i terremotati d’Abruzzo

Monsignor Alberto D’Urso, se­gretario della Consulta nazio­nale antiusura Giovanni Paolo II, ha proposto di utilizzare l’incredibile mon­tepremi ormai raggiunto dal SuperEna­lotto (115 milioni di euro) per aiutare i terremotati d’Abruzzo. Se confrontia­mo da una parte la condizione (possibi­le) di chi prima o poi sarà letteralmente sommerso dal denaro, e dall’altra la condizione (reale) delle migliaia di per­sone che si trovano attualmente a non avere una casa, sembrerebbe una pro­posta da accogliere subito. Ma forse non è così, e non sarebbe questo un modo appropriato di affrontare la rico­struzione in Abruzzo. Basti pensare al fatto che, una volta che si fosse utilizzato il montepremi a vantaggio dei terremotati, sarebbe diffi­cile, impossibile anzi, rispondere nega­tivamente a chi proponesse di impiega­re meglio il denaro di questo o di altri giochi in favore dei tanti (italiani e non) che si trovano in condizioni di drammatica necessità. Aperto il vaso di Pandora di un uso alternativo (e miglio­re) del denaro normalmente speso per il gioco, in realtà bisognerebbe abolire il gioco come tale e forse qualunque uti­lizzazione del denaro stesso, anche se onestamente guadagnato, a fini di pia­cere e di svago. Diventerebbe perfino dubbia la liceità (morale, s’intende) di stare – come milioni di italiani e italia­ne in questi giorni – in vacanza: come si fa, quando tanti si trovano costretti a passare agosto sotto la tenda o boc­cheggiano in città infuocate? Il fatto è che da sempre sono in mol­ti a pensare che il SuperEnalotto e gio­chi consimili siano da condannare in quanto tali (qualche mese fa l’onorevo­le Veltroni si scagliò contro i giochi tele­visivi e le loro facili vincite). Ma forse si tratta di un giudizio eccessivo. I milioni di italiani che affollano le ricevitorie (a quel che si legge, però, già cominciano a diminuire) non credo siano davvero convinti di diventare tutti supermilio­nari. Si limitano a comprare per qual­che euro l’illusione di un’altra vita, pur sapendo che non l’avranno mai se non – appunto – nei sogni che il SuperE­nalotto ispira loro. in fondo tanto di­verso, per sognare, andare in una ricevi­toria o entrare in un cinema? Giovanni Belardelli