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 2009  agosto 01 Sabato calendario

LO SCHIAFFO EDUCATIVO NON ESISTE


Dopo che, due anni fa, in Nuova Zelanda era stata approvata una legge – causa, peraltro, di forte divisione tra la popolazione – che proibisce ai geni­tori di alzare le mani sui figli, ora si sta deli­neando un tentativo di marcia indietro. A mezzo referendum – solo consultivo – che dovrebbe dare indicazioni sul futuro comportamento del legislatore riguardo al­la questione: se, cioè, tenere fermo il divieto di botte oppu­re abolirlo. Non sappiamo qua­li fossero i metodi con i quali i genitori neozelandesi cercava­no di educare la prole, se usas­sero fruste, bastoni, battipan­ni, pugni o soltanto il palmo della mano, tuttavia speriamo fortemente che il referendum confermi il no alle punizioni corporali.

Sebbene si senta spesso e volentieri affer­mare da ogni parte, anche dalle persone più ragionevoli e più miti, che «un paio di schiaffi ben assestati ogni tanto ci vogliono perché non hanno mai fatto male a nessuno e perché anche noi a suo tempo li abbiamo presi e ciononostante – o, anzi, proprio per questo – siamo venuti su bene», pic­chiare i bambini e i ragazzi resta pur sem­pre un segno di debolezza. Genitori forti, equilibrati e sicuri di sé non hanno, infatti, bisogno di ricorrere a gesti violenti, e schiaf­fi, schiaffoni o sculacciate anche poco più che simbolici lo sono; a loro basta la parola. Ciò non esclude, naturalmente, le puni­zioni e i castighi, ma esclude quell’ingiusti­zia evidente e diseducativa del forte che pic­chia il debole, del grande che malmena il piccolo: non è un ca­so, del resto, che non pochi ge­nitori a un certo punto smetta­no di alzare le mani sui figli non tanto perché questi si siano cor­retti e trasformati in ragazzi do­cili ed educati, quanto perché fi­sicamente ormai troppo forti per accettare di prendersi le bot­te senza restituirle. E c’è, infine, la questione non indifferente dell’esempio che si dà, picchiando. Se padri e madri alza­no le mani, anche solo perché «ogni tanto lo schiaffo ci vuole», è ovvio che sarà assai difficile far capire a bambini e ragazzini che i compagni di scuola e di giochi non si me­nano, in particolare se sono più piccoli, in particolare se sono più deboli.