Francesco Bonami, Il Riformista 1/08/2009, 1 agosto 2009
Qualche giorno fa sul "Corriere della Sera" il ministro Brunetta ha aperto la campagna elettorale per la poltrona di sindaco di Venezia lamentandosi dello stato in cui versa la sua città
Qualche giorno fa sul "Corriere della Sera" il ministro Brunetta ha aperto la campagna elettorale per la poltrona di sindaco di Venezia lamentandosi dello stato in cui versa la sua città. Per Brunetta, Venezia ha venduto la propria anima al diavolo foresto come aveva fatto in passato con Bonaparte. Il riferimento è a François Pinault e ai suoi generosi investimenti sulla città. Se su altri punti Brunetta può avere ragione sulla svendita di Venezia allo straniero, paragonare Pinault a Napoleone vuol dire guardare la storia all’incontrario. Lo dico con cognizione di causa, avendo collaborato con la Fondazione Pinault più volte. Brunetta in questo caso fa il finto tonto. L’imperatore si è portato via il Veronese e tante altre opere d’arte, mentre il magnate del lusso sta portando e lasciando tantissimo a Venezia. Certo, Brunetta sfonda una porta aperta quando parla del turismo mordi e fuggi. Ma dobbiamo dire che se il turista non fugge da Venezia, rischia lui di essere morso dai ristoratori ladroni e dagli albergatori selvaggi. ll ministro ha ragione quando dice che vanno spinte le nuove generazioni a fruire meglio del tessuto urbano affinché demograficamente Venezia non muoia. Questo incentivo però arriva anche da un’offerta culturale aggiornata e dinamica . Sicuramente questa città, un tempo centro del mondo, oggi viene più che altro usata dal mondo. Ma non è certo colpa di chi l’amministra, bensì di chi ha visto nel marketing dei beni culturali e nella loro disneyizzazione l’unica strada per poter spremere le nostre città d’arte. Non si possono quindi mettere nel calderone dell’abuso turistico progetti che non solo fermano la decadenza urbana ma sono anzi il segnale di un luogo che ha iniziato a rinascere. Punta della Dogana e Palazzo Grassi con la loro attività hanno portato in città un pubblico nuovo, attento e di qualità creando una sinergia con le altre eccellenze legate alla contemporaneità, la Biennale di Venezia e la Fondazione Guggenheim. Tutte insieme stanno portando ogni settimana più di 30,000 spettatori, non certo frettolosi e inquinanti. Si tratta di un pubblico attento che non vuole mordere la città e scappare, ma anzi desidera conoscerla con calma da punti di vista diversi. Anche la Biennale continua a guardare avanti con progetti di grandissimo respiro. Pur essendo economicamente penalizzata da un ministero attento più a promuovere la trash-art italiota che a rafforzare il profilo internazionale del suo fiore all’occhiello. I segnali del rinascimento lagunare non si fermano qui. Il pur criticato ponte di Calatrava è stato un segnale di vitalità, cosi come le attività di un’università come lo Iuav che presentando programmi eccellenti ha stimolato il dibattito e la competizione con le altre istituzioni universitarie. Ca’ Foscari è diventata più viva così come ci sta provando l’Accademia di Belle Arti. Ma anche realtà più piccole come la Fondazione Querini Stampalia o la Bevilacqua la Masa fatto parte di un’offerta culturale molto di più di ricca di quello che Brunetta provi a nascondere. Il suo amore per Venezia non può essere messo in dubbio ma forse l’antipatia, giustificata a volte, per chi questa città ha governato e governa non consente al ministro di vedere ciò che veramente accade. O se lo vede preferisce interpretarlo come una debolezza nei confronti dell’invasore, non come la capacità di attirare l’interesse e gli investimenti di coloro che la vedono, come ci ricorda lo stesso precoce candidato ombra a sindaco, una «città mondo». La scultura del bambino che sulla Punta della Dogana guarda con pura meraviglia la sua rana è il simbolo perfetto per una città che da sempre sfugge al rischio di essere «luogo comune» continuando eternamente a rinnovare la meraviglia del mondo nei suoi confronti. Caro ministro, brutte notizie quindi per la sua campagna da sindaco. Il Rinascimento che lei vuole promettere ai Veneziani iniziando così l’arrampicata alla poltrona di Cacciari, è già cominciato. Uffa, dirà lei, volevo farlo io! Ma ci hanno già pensato altri. Francesco Bonami