Maurizio Stefanini, Libero 31/7/2009, 31 luglio 2009
CASSA DEL MEZZOGIORNO HA BRUCIATO 250 MILIARDI
Quanto ha speso la Cassa del Mezzogiorno nel corso della sua storia? Ovviamente, nel conto non va considerata solo la Cassa per le opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia Meridionale: l’istituto di diritto pubblico fondato con la legge del 10 agosto 1950 e con la durata inizialmente prevista di dieci anni; che poi però continuò a funzionare con varie proroghe fino al 1986.
Subito dopo, infatti, la sostituì l’Agenzia per la Promozione e lo Sviluppo del Mezzogiorno, che aveva sostanzialmente la stessa funzione, anche se con qualche sfumatura. A parte il richiamo all’esperienza Usa dell’Agency piuttosto che a quella nostrana dell’istituto di diritto pubblico, che comunque era in realtà il modello del New Deal cui nel 1950 il governo italiano si era ispirato: mentre la Cassa sembrava privilegiare l’intervento pubblico diretto, l’ideologia dell’Agenzia era piuttosto per l’incentivo all’imprenditoria privata.
Formalmente, l’Agenzia chiude i battenti nel 1992. Ma la lista dei ministri incaricati va avanti fino al 1993, anche se negli ultimi due anni l’avevano conglobata con il ministero del Bilancio.
La lista dei titolari iniziò nel 1953 con Piero Campilli, poi sostituito tra 1958 e 1963 da Giulio Pastore, salvo un breve interim del presidente del Consiglio Tambroni nel 1960. Tra il 1963 e il 1968 subentrò poi Attilio Piccioni; nel 1968 Italo Giulio Caiati, poi sostituito da Paolo Emilio Taviani; nel 1972 di nuovo Caiati, poi seguito di nuovo da Taviani; tra 1973 e 1974 Carlo Donnat Cattin; poi Giacomo Mancini e Giulio Andreotti, in interim fino al 1976 col Bilancio. Dal 1976 al 1979 Ciriaco De Mita; dal 1979 al 1980 Michele Di Giesi; tra 1980 e 1981 Nicola Capria; tra 1981 e 1983 Claudio Signorile; tra 1983 e 1987 Salverino de Vito; tra 1987 e 1988 un interim del Presidente del Consiglio Giovanni Goria; tra 1988 e 1989 Riccardo Misasi; tra 1989 e 1990 Giovanni Marongiu; tra 1990 e 1991 Calogero Mannino; infine gli interim col Bilancio di Franco Reviglio (1992-93) e Beniamino Andreatta.
Il lettore avrà giudicato l’elenco noioso, ma serve a mostrare tre cose. Primo, il grande avvicendamento di nomi, d’altronde tipico in tutti i dicasteri della Prima Repubblica. Secondo, l’assoluta prevalenza di democristiani. Uniche eccezioni: i socialisti Mancini, Signorile e Reviglio e il socialdemocratico Di Giesi. Terzo, l’altrettanto assoluta prevalenza di meridionali, mentre furono alla fine il torinese Reviglio e il bolognese Andreatta a chiudere la baracca.
Ma torniamo alla domanda iniziale: quale fu la cifra spesa? Una cifra, che accorpa Cassa e Agenzia tra 1951 e 1992, è stata data da Gian Antonio Stella in Lo spreco: 279.763 miliardi di lire, pari a 140 miliardi di euro, per una spesa media annuale di 3,2 miliardi. Ma nel 1990 l’autore di queste note aveva partecipato a una ricerca per conto dell’Opinione, settimanale in cui allora lavorava, in cui ai 240.000 miliardi di lire spese da Cassa e Agenzia fino a quell’epoca avevamo aggiunto anche 65.000 miliardi di leggi per la ricostruzione del terremoto, 9601 di spesa straordinaria con le leggi per il sud del periodo 1957-75 e 7540 di Fondi per Sicilia e Calabria. Totale: 322.141 miliardi. In più avevamo messo 83.784 di investimenti dell’Iri, 45.163 dell’Enel, 32.829 dell’Eni e 6576 dell’Efim. Totale: 490.493 miliardi di lire (circa 250 miliardi di euro). Non sono comprese però le quote di spesa destinate al Mezzogiorno ma basate su leggi che interessassero tutto il territorio nazionale: dalle pensioni di invalidità al saldo negativo per lo Stato di politica fiscale e credito agevolato.
Ovviamente, un bel po’ di queste somme sarebbero state spese comunque, e un bel po’ hanno avuto un effetto sicuramente positivo. Ma dopo tanti versamenti il reddito pro capite e la produttività del Sud sono rimaste la metà del Nord, mentre tassi di disoccupazione e di lavoro nero sono rimasti il doppio.