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 2009  luglio 31 Venerdì calendario

TALIBAN ALL’ATTACCO SEICENTO MORTI IN NIGERIA


Scontri tra integralisti islamici ed esercito

Mohammed Yusuf, il leader del movimento, catturato e ucciso dalla polizia

I corpi dei talib sono ammassati alla rinfusa. Gli uni sugli altri. Corpi crivellati di colpi, sfigurati dalle esplosioni dei razzi, dalle ogive dei mortai che hanno continuato a martellare per tutta la notte il quartiere di Newmarke, periferia est di Maiduguri. Le jeep blindate dell´esercito nigeriano li raccolgono per strada, tra i vicoli, negli androni delle case sventrate dalle esplosioni e annerite dagli incendi. Attorno e dentro la moschea principale di questa cittadina ai confini con il deserto, adesso abbandonata da migliaia di civili in fuga.
Cinque giorni di furibonde battaglie in quattro regioni del nord della Nigeria lasciano sul terreno 600 morti. Non solo militanti radicali islamici del gruppo Boko Haram, "L´educazione occidentale è un peccato" in lingua haoussa, ispirati dai Taleban afgani e decisi a imporre la shari´a in uno tra i più popolosi paesi dell´Africa nera. Tra le vittime, ci sono i civili. Intere famiglie. Gli anziani, con le donne e i bambini, costretti a barricarsi in casa mentre all´esterno, nelle vie e nelle piazze completamente deserte 300 studenti armati di coltelli, machete, asce e bottiglie molotov si scontravano con i corpi speciali dell´esercito del presidente Umaru Yar´Adua.
Non è stata una protesta finita in massacro. Quella che la Nigeria ha vissuto da domenica scorsa è stata una battaglia pianificata da tempo. Sotto l´influenza dei paesi vicini, come il Niger e il Ciad, scossi da raid e rivolte ispirate dall´islam più radicale e sponsorizzato dal braccio di al Qaeda nel Maghreb, un folto gruppo di studenti che ha abbandonato da tempo l´università, accusata di essere condizionata dai valori occidentali, ha pensato che fosse venuto il momento di dare una svolta ad un paese a forte presenza musulmana ma radicato, soprattutto nelle regioni del sud, nei valori cristiani.
Apparsa nel 2004 e considerata alla stregua di una setta religiosa, domenica scorsa l´organizzazione dei Boko Haram ha pianificato un assalto al commissariato di Bauchi, capoluogo della regione omonima. L´azione è sventata sul nascere. Tenuti sotto controllo dai servizi di sicurezza nigeriani, i dieci militanti che si preparavano all´assalto vengono arrestati. Ma altri duecento, tutti abitanti del quartiere, reagiscono. Fanno irruzione, uccidono gli agenti e liberano i loro compagni. Il successo dell´incursione al commissariato esalta il gruppo, la rivolta si estende a quattro regioni del nord: Buaci, Yobe, Kano e Borno. La popolazione fugge terrorizzata. Molti vengono feriti, altri uccisi. Il presidente Yar´Adua, anche lui originario del nord, non perde tempo. Sa che l´ondata islamica radicale può fare breccia sul malcontento che agita quelle regioni. Teme l´ennesima guerra di religione. Ordina il coprifuoco e spedisce sul posto centinaia di uomini dei corpi speciali.
Per tre giorni e tre notti i soldati si scontrano con i talib. Ci sono violenze, torture, fucilazioni sommarie. I militari si concentrano su Maiduguri, la capitale del Borno e feudo dei Boko Haram. Li assedia nel quartiere di Newmarke e li bombarda per due notti e due giorni. E´ la fine, la sproporzione delle forze e delle armi in campo è enorme. Il capo del gruppo, Mohamed Yusuf, è catturato e ucciso dalle forze di polizia a Maiduguri. Il suo braccio destro, Abubakar Shekau muore con altri 200 talib. Un centinaio di donne e bambini, rimasto chiuso dentro una chiesta per sfuggire alle violenze, viene liberato. Gli spari terminano nel primo pomeriggio. Si raccolgono i corpi delle vittime. Molti giovani studenti, tantissimi civili.
Centinaia di case e di negozi distrutti, tremila persone costrette a spostarsi in altre regioni. Naufraga un progetto con pochissimo seguito. Resta la spia di un islam radicale che preme verso l´Africa nera.