Egle Santolini, La Stampa, 31/7/09, 31 luglio 2009
IL MIRACOLO DEL SUPERBODY CREATO PERT I BAMBINI
Il piccolo miracolo italiano che andiamo a raccontare comincia a Vigevano come un romanzo di Luciano Mastronardi, continua a Pechino, si consolida in una palazzina hi-tech di Gallarate, finisce (per il momento) a Roma e ha una coda avvelenata: perché è un miracolo a termine.
Breve la vita felice del superbody, il costumone da gara-seconda pelle che ha inguainato tritoni e sirenette all’ultima Olimpiade e ai Mondiali di Nuoto: omologato solo fino a dicembre dalla Federazione sulla base delle nuove regole che scongiurano qualsiasi galleggiamento agevolato, è «una novità già pronta per il museo». E a definirlo così è il suo creatore, Francesco Fabbrica: l’uomo che un giorno si svegliò con in testa un’idea meravigliosa e che ora, con comprensibile mestizia, quell’idea meravigliosa è costretto a infilarla nel cassetto.
Cinquant’anni, perito elettrotecnico, una moglie veterinaria di nome Raffaella e due figli di 15 e di 11 anni, il signor Fabbrica (nomen omen: provate a immaginarvi qualcosa di più pragmaticamente padano) è uno di quei lumbard tutti di un pezzo che ancora si divertono, come si dice nel profondo Nord, a far andare le manine, e che se gli chiedi di hobby e passioni deve riconoscere che sì, certo, lo sci e le passeggiate a Gressoney, e un po’ di jazz, e il giardino, e lanciare il bastoncino al labrador Tosca: ma insomma quel che conta è il laurà, «e più va bene più mi vien voglia di darci dentro».
Tutto il tempo che resta è dedicato alla famiglia, ed è proprio in quel modo che è arrivato il colpo di genio. Succede che i ragazzini vadano in piscina e comincino a gareggiare per la Vigevano Nuoto, Giacomo farfalla e Edoardo stile libero. Papà, che da artigiano è diventato piccolo imprenditore, e che produce macchine per il settore calzaturiero, li segue a bordovasca e si accorge che i costumi sono scomodi e i tessuti ci mettono una vita ad asciugarsi. E allora, sfruttando le proprie conoscenze nel campo delle termosaldature, e con l’aiuto di alcuni amici fidati, primo fra tutti Paolo Fratini, si mette, come dice lui, «a giocarci su», ed è soltanto l’estate del 2007, cioè praticamente l’altroieri.
Prova e riprova, in ditta e nei laboratori del Vigevanese, alla fine salta fuori quella specie di tuta avveniristica, in fibra tessile bielastica, ricoperta da un sottilissimo strato di poliuretano, senza cuciture e con una sola piccola zip: dal nome dei due pargoli nuotatori si chiamerà Jaked modello J01, e Jaked è l’industria di cui Fabbrica e fondatore e presidente.
Per indossarlo ci vuole mezz’ora buona, e bisogna farlo con guanti di lattice perché un’unghia può lacerarlo. Occorre procedere con calma, è il caso di dire, olimpica perché si snodi perfettamente (o, come si dice nel gergo dell’azienda, «si stretchi»). Pensate allo spasimo preagonistico e capirete che è quasi una vestizione da torero. Ma i nuotatori si accorgono che, una volta terminata la snervante operazione, il superbody neanche si accorgono di averlo, e che in acqua filano che è una meraviglia. Troppo, a pensarci bene.
Sono loro a imporlo in gara, ed è con stupefacente velocità che il Jaked si conquista l’Olimpiade di Pechino e poi il ruolo di sponsor tecnico della Nazionale nuoto. Il grande salto nel dicembre 2008, quando il colosso Inticom acquisisce l’azienda: ecco tutto il supporto commerciale necessario, la nascita di una gamma per la piscina e il bordovasca utile anche al ragazzino sportivo o alla sciura che fa aquagym, il trasferimento a Gallarate in un luminoso quartier generale dove sulle scrivanie fioriscono le orchidee e il caffè della macchinetta è al ginseng.
Fino al canto del cigno di Roma, e per il J01 è un andarsene in bellezza con le medaglie di Valerio Cleri, Tania Cagnotto e Alessia Filippi. Quanto a Federica Pellegrini, il trionfo dorato è invelenito dalla nota polemica per la sovrapposizione degli sponsor, e il signor Fabbrica implacabile: «Pellegrini? Che fa? Nuota, dice? Strano, credevo che facesse lo slalom, la discesa libera». Perché tonico è tonico, il patron: «Arriveranno altri costumi. E altri campi da sperimentare: pensi allo sci, lì sono un esperto in prima persona, Non vedo l’ora di mettermici. Scherza? Essere in controtendenza rispetto alla crisi, a questa economia traballera, dà un gran senso di responsabilità. Resto coi piedi per terra e non mi sento neanche di aver avuto una gran fortuna. Me la son sudata fini in fondo, fortuna sarà quella di chi vince al Superenalotto, altro che far costumi».
E intanto un Dhl è partito per la Città del Vaticano. Contiene un completo da piscina, pare tutto bianco: destinatario Papa Ratzinger.
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