Marco Bellinazzo, Il sole 24 ore 27/7/2009, 27 luglio 2009
INTER-MILAN IN C NON SI GIOCHEREBBE
Fuori 12 squadre di A e B applicando i criteri di bilancio della Lega Pro
Il derby Inter-Milan non si potrebbe disputare in serie C. Il club nerazzurro non soddisfa i parametri patrimoniali per l’iscrizione a quella che oggi viene modernamente denominata «Lega Pro». Mentre i milanisti vi rientrerebbero per il rotto della cuffia. Ma né alla prima né alla seconda divisione potrebbero partecipare, del resto, anche altri club di serie A e molti di serie B. A meno che le proprietà non mettano mano al portafoglio. Una prassi che però non è più così scontata neanche dalle parti di Milano come hanno palesato le recenti cessioni di pezzi pregiati dell’argenteria di famiglia (da Kakà a Zlatan Ibrahimovic).
Tra i paradossi (ma fino a un certo punto) del calcio italiano c’è anche questo: in pratica, i criteri per essere ammessi ai tornei più prestigiosi (serie A e B) sono meno rigidi di quelli richiesti per le categorie minori. Così si spiega il fatto che società appena retrocesse dalla B alla Lega Pro (come Avellino, Pisa e Treviso) si scoprano – anche a causa, naturalmente, di gestioni non proprio lungimiranti – non in grado di onorare i requisiti economici del torneo di rango inferiore e ne siano escluse.
Dalle norme di ammissione alla stagione 2009/2010 emanate lo scorso maggio dalla Figc emerge un doppio filtro: tutte le società devono dimostrare che il capitale sociale non sia stato eroso per oltre un terzo dalle perdite e non sia sceso quindi sotto il minimo legale, nonché di essere in regola con i pagamenti di ingaggi e stipendi, delle ritenute Irpef, dei contributi Enpals e delle imposte (Ires, Irap e Iva) degli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007; solo le società appartenenti alla Lega Pro invece sono tenute a depositare una fidejussione bancaria di 100mila euro e, soprattutto, a provare l’avvenuto rispetto del parametro «Pa», vale a dire di vantare un rapporto tra patrimonio netto e attivo superiore a 0,08. L’applicazione di questo parametro da parte della Covisoc (Comissione di vigilanza sulle società di calcio) ha appunto determinato l’espulsione, qualche settimana fa, dalla Lega Pro di otto compagini: Avellino, Pisa, Treviso, Venezia, Biellese, Ivrea, Pistoiese e Sambenedettese. Giovedì prossimo saranno decretati i ripescaggi per ripristinare la griglia di partenza dei 90 team.
Ma il presidente della Lega Pro, Mario Macalli, ha denunciato l’incongruenza dei requisiti contabili, invocando maggiore uniformità. «Servono regole uguali per tutti. Se applicassimo il nostro rigore in serie B ne verrebbero messe fuori parecchie di squadre», ha tuonato al termine dell’ultimo Consiglio federale. Ottenendo, per ora, solo generiche rassicurazioni dal presidente della Federcalcio Giancarlo Abete («come in tutte le aziende, non bisogna guardare solo i debiti ma anche i crediti», ha detto).
Le società di A e B che hanno certo altri fatturati e altri giri d’affari – ma anche ben altre uscite e debiti (si veda la scheda) – rispetto alla ex serie C, devono semplicemente depositare all’organo di vigilanza un budget preventivo che asseveri la sostenibilità della gestione. Se però i conti dei club che militano nelle serie maggiori fossero esaminati con la stessa lente riservata a quelli di Lega Pro, sarebbero molti a ritrovarsi in off-side.
Stando agli ultimi bilanci approvati dalle società della massima divisione, per esempio, non sono in linea con il parametro «Pa», oltre all’Inter campione d’Italia, la matricola Bari, il Siena e il Genoa. Il Milan è appena sopra la linea di galleggiamento ("vanta" uno striminzito 0,10), così come il Chievo e la Sampdoria. La torta dei diritti televisivi collettivi che dal 2010 dovrebbe assicurare entrate per almeno 900 milioni di euro all’anno dovrebbe tuttavia tranquillizzare i tifosi, a patto che i management sappiano resistere alle pressioni delle piazze più esigenti e perseverare nella linea dell’"autarchia".
Molto peggio vanno le cose in B, dove su 22 società sono otto quelle con un parametro Pa deficitario e cinque quelle "salve" per un soffio. E se davvero oggi sarà sancita la nascita di una Superlega di A il rischio di una deriva (finanziaria e non solo) per la cadetteria si fa sempre più alto.