Lavinia Farnese, Novella 2000, n. 30, 23/07/2009, pp. 44-50, 23 luglio 2009
Il curioso caso di Bobby. L’ULTIMO DEI KENNEDY? CAMERIERE A BOLOGNA. Del nonno Robert, il senatore candidato alla Casa Bianca assassinato a Los Angeles nel ”68, ha il fuori posa assorto, il fascino sbarazzino, il ciuffo un po’ ribelle
Il curioso caso di Bobby. L’ULTIMO DEI KENNEDY? CAMERIERE A BOLOGNA. Del nonno Robert, il senatore candidato alla Casa Bianca assassinato a Los Angeles nel ”68, ha il fuori posa assorto, il fascino sbarazzino, il ciuffo un po’ ribelle. Dello zio John, stessa sorte ma da presidente, a Dallas, nel ”63, l’incedere e il sorriso da Casanova, col maglione in cachemire sulle spalle, la camicia bianca, le maniche rivoltate morbide al gomito. Bobby III, 25 anni a settembre, è l’ultimo: l’ultimo dei Kennedy. […] Bobby III ha vissuto un anno a Bologna, per un progetto di studio oltreoceano della laurea in Relazioni Internazionali alla Brown University di Washington. Tutto in sordina. Era il 2005, infatti, e si sa solo ora. Ha fatto il cameriere. E’ andata male, è durato solo undici giorni. Poi il titolare, a vederlo così poco sciolto tra i tavoli, gli ha caldamente consigliato di cambiare aria. Non sapeva chi fosse. «In Italia volevo essere solo Bobby: senza cognome, senza dinastia. Mi si è aperto un mondo di naturalezza», ci dice lui da New York. Laggiù, vive in una casa museo, coi ritratti di tutti gli antenati in cornici da galleria (e un entourage a spingerlo a una carriera politica degna del suo albero genealogico: «Se sarà, più in là. Ora è presto»). Qui, invece, ha vissuto in una camera fatiscente, da studente-fuori-sede. […]«Lui è un Kennedy nella passione: lo toccano i dilemmi sull’inquinamento, i soprusi ambientali», racconta l’amico salentino Lele Gabellone, «per il resto, tra l’aperitivo fico e la bottiglia in strada, sceglie il marciapiede». Come quando a Roma fu invitato da Walter Veltroni a una serata di gala. Era la Notte Bianca. Ci sarebbero state tutte le più importanti personalità. «Lui ringraziò e disse: stasera ho una festa all’università, coi miei amici di Bologna». A sentir l’amico, il rampollo di casa Kennedy è poi un coinquilino pessimo: «E’ disordinato, non cucina, dorme dodici ore, si isola per scrivere le sue storie. Ora solo si cimenta in qualche ricetta salentina che gli ha passato mia madre. Si diverte con le friselle, pane biscottato ammorbidito con l’acqua. Siamo viaggiatori, noi, ne abbiamo combinate di tutti i colori». Sarebbe a dire? «La notte dell’Italia ai Mondiali: nudi, solo coi boxer, petto dipinto e per tutta Bologna a festeggiare. Oppure a Londra. Eravamo in cinque. Tutti maschi. E con pochi, pochissimi euro in tasca. Eravamo partiti per festeggiare i suoi last days in Europa. Quattro giorni in una stanza d’albergo singola prenotata a nome di Robert Kennedy padre. Scavalcavamo le finestre. Salivamo dalla scala antincendio. Quando bussava la signora delle pulizie, ci chiudevamo in bagno e la facevamo ripassare. O io e lui in tenda al Bonnaroo Festival, una sorta di Woodstock dei giorni nostri. C’eravamo portati le riserve: acqua, cibo e alcol. Dormivamo due ore al dì, condividevamo tutto». E ancora: «Eravamo a Firenze per Pitti. Erano le 5 di mattina e prima di andare a dormire ero entrato in un bar per brioche e cappuccino. Esco e non lo vedo più. Lo ritrovo arrampicato su un’impalcatura alta 20 metri. Voleva vedere Santa Maria Novella da lì. Un pazzo, parla con me e due minuti dopo con Obama»