Alberto Mattioli, La Stampa 28/7/09, 31 luglio 2009
LA LUNGA ESTATE DEI DANNATI DELLA MUSICA
Ci sono tanti modi di passare (o rovinarsi) l’estate. E non crediate che quello di andare in giro per festival musicali sia così minoritaria o di nicchia o elitario. Altrimenti non si spiegherebbe perché da Granada (musica, danza e tanti olé) a Savonlinna (deep Finlandia, una fortezza del Quattrocento fra foreste e laghi), da Drottingholm (su un’isola fuori Stoccolma, opere settecentesche nel teatrino di corte) a Martina Franca (rarità melodrammatiche in un palagio barocco pugliese) si incontrino tante persone anche se, vabbé, sono spesso le stesse. Da qui veloci agnizioni e durature amicizie, senza distinzioni di nazionalità, sesso e ceto. La festivalmania è un morbo di cui non si conosce l’origine e che ti colpisce a tradimento. I sintomi si manifestano ben prima che arrivi la cosiddetta bella stagione (anche perché bisogna prenotare per tempo) e allora bisogna andare su Internet e cominciare a fare complicati calcoli di ferie, week-end, voli low cost, coincidenze ferroviarie, disponibilità alberghiere e di amici.
Anche rischiando. Dura è la vita del viaggiatore musicale. Chi passa le sue tre settimane stanziali fra spiaggia e pensione non può sapere di quali perfidie può essere capace la tenutaria di un bed and breakfast austriaco o quanto sia crudele il ghigno di una bigliettaia francese che ti annuncia che la tua prenotazione è misteriosamente scomparsa. E cosa si provi arrivando all’aeroporto per scoprire che il volo per l’attesissimo Don Carlo è stato annullato o sentire, seduti in teatro, che il tenore per il quale hai appena fatto sei ore di viaggio ha la laringite e quindi canterà un oscuro rimpiazzo pescato, evidentemente, anche lui su Internet.
Però c’è il rovescio della medaglia. Tipo: dopo aver girato tutte le agenzie e tutti i bagarini di Salisburgo alla disperata ricerca del posto per un’esauritissima Iphigénie en Tauride (poi effettivamente memorabile), vai comunque fuori dal teatro e incontri un giapponese che ti dice sorridendo: «Do you need a ticket?» offrendoti quello della moglie, rimasta in Giappone perché mamma era morta (beh, mors tua vita mea...). E poi, certo, i mille ricordi amati che ognuno di noi dannati della musica custodisce come personalissime reliquie al culto della propria passione. Maurizio Pollini e il timpanista dei Berliner che si guardano negli occhi e fanno a chi suona più piano una cadenza dell’Imperatore di Beethoven, mentre dal podio Claudio Abbado sorride... La prima esecuzione in epoca moderna del Viaggio a Reims di Rossini, andando a 15 anni dalle Cinque terre a Pesaro, in treno e in agosto... La testa del Commendatore che rotola sul palcoscenico del Grosses Festspielhaus di Salisburgo per portare all’inferno Don Giovanni secondo Chéreau... Danielle DeNiese che fa Cleopatra ballando come una cheerleader nel Giulio Cesare di Händel e di David McVicar a Glyndebourne... Siamo incorreggibili, sempre pronti a ricominciare, per scoprire una volta di più cosa c’è dietro il sipario. Di resistere non si è più capaci da un pezzo. E poi, resistere, perché? (Alb. Mat.)