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 2009  luglio 30 Giovedì calendario

IL SURF E’ DIVENTATO UNO SPORT ANCHE IN ITALIA. MA SENZA LE ONDE DELL’OCEANO


Un mercoledì da leoncini

D’accordo, al posto delle palme ci sono i pini marittimi. I fondali non sono certo come il reef delle Hawaii. Anziché i baywatch ci sono i bagnini in canottiera. Ma anche in Italia si possono cavalcare le onde in piedi su una tavola, il weekend o un mercoledì da leoni qualsiasi. Viareggio come Maui? Non proprio. «I riders arrivano qui da tutta Italia - dice Massimo, albergatore versiliese con la passione per il surf - ma in confronto alle onde che ho visto in Sud Africa o sul Pacifico, le nostre sono come un Ciao paragonato alla Yamaha di Valentino Rossi».
Bella forza. Le onde dell’oceano possono superare i sei metri, e frangendo formano il «tubo», un tunnel d’acqua in cui puoi infilarti dentro. Da noi, sul Mediterraneo, se va bene arrivano a tre metri. Gli spot, cioè i posti con le onde più belle d’Italia, si trovano a Varazze, Viareggio, Ostia, Capo Mannu, «ma quando c’è la bora si surfa anche a Chioggia e Marina di Ravenna», aggiunge Nicola Zanella, direttore editoriale di «SurfNews».
Dagli Stati Uniti la mania della tavola è piombata sulle nostre spiagge con la violenza di una libecciata di fine settembre. Da esotico passatempo per un manipolo di fricchettoni, il surf è diventato un fenomeno di costume che ha contagiato tutti. L’onda lunga è arrivata persino nell’Alto Adriatico, in laguna. «Chi fa surf per moda lo vedi subito - ride Giovanna, dell’Ale’s Board Shop di Treviso -. Entra in negozio e chiede: ”Avete quel tal marchio?”. Però è il cliente migliore, capace di spendere mille euro solo in abbigliamento. Invece i surfisti veri non hanno mai un euro in tasca».
Nel weekend scorso, Forte dei Marmi pareva Santa Cruz, il pontile una passerella di moda surf-style. In acqua c’erano gli atleti che si contendevano la vittoria nell’Analog surf challenge. Sul molo, ad acclamarli, una folla variopinta di beach boys con infradito e shorts extralarge, naso spalmato di crema solare e tavole di paraffina. Tutti a discettare di trick e waves, manovre e onde.
Poche centinaia fino una ventina d’anni fa, i praticanti da allora sono cresciuti in maniera esponenziale. «Oggi le stime indicano almeno 30 mila surfisti in tutto il Paese e la tribù continua ad aumentare», constata Zanella. D’inverno vanno in snowboard, d’estate inseguono le onde nei circa trecento spot disseminati da Ventimiglia a Trieste, e giù fino a Bova Marina, in Calabria. «In realtà un censimento ufficiale dei surfisti italiani non esiste - precisa Nicola Bresciani, 28 anni, ex campione italiano e uno dei nomi più noti della scena nostrana -, anche perché non c’è una federazione che raduni tutto il movimento, ancora piuttosto frastagliato. O meglio: una federazione c’è di nome ma non di fatto, visto che sono i club a gestire tutte le attività».
Tra gli eventi più importanti c’è l’Italia Surf Expo, la fiera dedicata agli sport della tavola, in programma da domani a domenica a Santa Severa, sul litorale della capitale. Una vetrina che s’ingrandisce anno dopo anno. «Per forza - ammette Bresciani -. Ormai la tavola fa tendenza. Ma per noi surfisti ”riding is not a fashion”, surfare non è una moda, ma uno stile di vita in libertà, con il suo codice e i suoi rituali: i party a base di birra, i tatuaggi sulla pelle, l’appartenenza alla crew, la tribù». Avete presente Patrick Swayze e la sua gang in «Point Break»?
In Italia come in California, i rider duri e puri vivono estate e inverno in infradito, hanno le mani sempre cotte dall’acqua e non hanno altro dio all’infuori di Kelly Slater, la leggenda vivente del surf made in Usa. L’unica eccezione la fanno per il meteo, che santificano più volte al giorno per sapere se è in arrivo uno swell, una mareggiata. «Si tengono d’occhio su Internet le web-cam puntate sulle spiagge - racconta Nicola Bresciani - e quando il mare s’ingrossa ci si tuffa in acqua dimenticandosi di tutto il resto: lavoro, amici, fidanzate».
D’altronde, in Italia le onde sono talmente poche, specie d’estate, che quando ci sono vale la pena di prenderle. Lo ripeteva anche Gary Linden, mitico shaper (costruttore di tavole) californiano, nato nel deserto. Oggi ha sessant’anni e un sito Internet in cui si leggono massime come questa: «L’effetto serra causerà più tempeste, e onde sempre più grandi. Dobbiamo solo badare a essere nei dintorni per cavalcarle». Capito?Shortboard
E’ la più comune. Divertente e maneggevole, consente di affrontare onde in velocità compiendo manovre radicali. Prezzo: dai 300 euro in su.