Marino Niola, la Repubblica 30/7/2009, 30 luglio 2009
QUELL’EMBLEMA DEL BENESSERE MISURATO IN SACCHI
Senza zucchero la crisi diventa più amara. Il maltempo in Brasile e in India fa schizzare i prezzi alle stelle. E l´Occidente, già alle prese con molte restrizioni, rischia di ritrovarsi a corto di dolcezza. Perché lo zucchero non è un semplice dolcificante. uno dei simboli del nostro benessere che, sin dall´inizio del dominio coloniale, si misura in sacchi. In realtà la storia del re dei dolcificanti è un diagramma del rapporto tra l´Europa e il resto del mondo. Partita dai Mari del Sud la canna da zucchero arriva da noi attraverso l´India e il Medio Oriente. Già nel 327 avanti Cristo uno dei generali di Alessandro Magno racconta di un giunco indiano che stilla dolcezza senza bisogno di api.
Sono gli Arabi a introdurre nel Mediterraneo quello che chiamano il sale dolce. Un nome che fotografa il destino di questa sostanza jolly. Proprio come il sale, lo zucchero non è un cibo, ma serve ad arricchire il cibo. Non è un sapore, quanto un rivelatore di sapori. Un prezioso surplus voluttuario per un´alimentazione fatta di sfizi. Non a caso la grande pasticceria nasce proprio quando le navi provenienti dalle Americhe scaricano nei porti del vecchio mondo tonnellate di zucchero e di cacao, frutto della fatica degli schiavi africani che vengono deportati in quelle terre per incrementare la produzione dei cosiddetti beni coloniali.
Col tempo il dolce, una volta appannaggio dei signori o riservato ai rari momenti di festa, si spalma sull´intero calendario della modernità, fino a invadere il quotidiano della società dei consumi. Sintomo di una ricchezza sempre più diffusa. Nel bene e nel male. Se fino al dopoguerra un bicchiere d´acqua e zucchero era una panacea per tutti i mali, oggi la zolletta viene criminalizzata dai diabetologi. Da medicina a veleno. Tutto in pochi anni. E adesso arriva anche il rincaro a dare il colpo di grazia alla Dolce Vita.