Marco Alfieri, ཿIl Sole-24 Ore 30/7/2009;, 30 luglio 2009
QUEL TEMPISMO BIPARTISAN DI ROTH
In fondo, è tutta una questione di tempi. Far decantare ogni cosa e aspettare, come insegna l’amato Seneca. Da quando entrò in Pirelli, fresco di laurea in Bocconi, per fare il "tempista" della catena di montaggio, per poi tornarci nel 2007 da consigliere di amministrazione. Tempi e rimandi, in effetti. Perchè la vita mite del 69enne Luigi Roth, da lunedì probabile nuovo consigliere (con deleghe) di Risanamento, chiamato dalle banche al capezzale della galassia (ex) Zunino, sembra davvero una lunga rincorsa al destino, appeso non di rado a missioni impossibili.
Il manager milanesissimo che dovrà rilanciare Santa Giulia e dintorni è figlio del quartiere (allora) popolare Garibaldi, orgoglioso di quell’educazione sobria dell’oratorio dell’Incoronata, dove per anni ha fatto il chierichetto insieme a Mario Boselli,il presidente dell’Ente Moda ( il signore che tiene in riga gli Armani e i Dolce & Gabbana). Ma soprattutto, Roth è un cattolico di sinistra partito con Giovanni Marcora e approdato a Roberto Formigoni,cioè all’altro capo della galassia bianca.
E badate. Non per una qualche folgorazione ciellina, dice lui, bensì per quella trasversalità tipicamente felpata, che forse sarebbe piaciuta al povero Marcora ma che fa (anche) molto vecchia Dc: «Ero in Breda e mi occupavo di treni», ha ricordato recentemente il manager. «Un giorno mi telefona Formigoni e mi offre di fare il responsabile delle Ferrovie Nord. Mi ricordo che gli dissi: Scusi, ma lei ha capito che i treni li costruisco, non li faccio viaggiare?» Una frase in cui c’è tanto, forse tutto, di Luigi Roth e della sua guasconeria ambrosiana. Potenza della dissimulazione di cui è maestro da quando, adolescente, con una mamma super laureata in Lettere che gli parlava in greco e latino, avrebbe voluto fare il medico per aiutare gli altri, e invece si è ritrovato a gestire sistemi complessi. 40 anni di carriera tra Pirelli e MM, Breda e Ansaldo, FNe Fondazione Fiera Milano dove da 9 anni è dominus, sempre attentoa ripararsi dalla ribalta e, insieme, a collezionare cariche e onorificenze ( Cavaliere del lavoro, consigliere Telecom, Bocconi e Caritas ambrosiana nonché presidente di Terna, Banca popolare di Roma, e di numerosi enti caritatevoli). Fiore all’occhiello di una carriera: la costruzione in tempi record (30 mesi) della fiera più grande del mondo firmata Massimiliano Fuksas, non senza polemiche per la nascita di Citylife.
Ma nemmeno senza interventi della magistratura, così frequenti quando si mette mano ad appaltie cantieri miliardari. E comunque: da Fiera Roth se ne andrà in autunno. Voleva scendere alla guida della Spa operativa per gestire la start up di Expo 2015. Lo statuto non glielo ha permesso ma il tempismo non gli manca e un’altra volta Roth è caduto in piedi: ad aprile Formigoni lo chiama per sviluppare la nuova Cittadella della salute a Bovisa ( ospedale Sacco, Besta e Istituto Tumori). E adesso la mission impossible Risanamento, forte di legami bipartisan coltivati negli anni: da Giuseppe Guzzetti di Fondazione Cariplo che lo avrebbe voluto portare alla presidenza della Cdp alla Unicredit di Alessandro Profumo a cui lo accomuna l’amicizia con Don Virginio Colmegna, la Casa della carità e una certa fascinazione martiniana; dalla Bpm di Massimo Ponzellini, conosciuto negli anni prodiani dell’Iri alla recente sponda tremontiana, fondata sulla predilezione per l’economia sociale di mercato. Riuscire a dialogare con tutti, eccolo il marchio di garanzia che si porta dietro Luigi Roth. Destra e sinistra. Imprese private e aziende dello stato che in fondo è solo un’azionista più grande. Seconda repubblica e Vaticano, un arcipelago del potere e dello spirito che questo manager dal carattere di ferro coltiva e frequenta da anni. Dal ’94, è gentiluomo di Sua Santità che accompagna, in tight, nelle occasioni in cui riceve i Capi di Stato.
In questo tratto è davvero diverso dai manager Mc Kinsey di oggi: può parlarti allo stesso modo, identica calata e battuta sulle labbra, dei vagoni Breda e di Seneca. Dei suoi rapporti con le banche, del Musil de "L’uomo senza qualità",il libro per antonomasia, o delle fiabe di Andersen che leggeva alle sue tre figlie quando erano piccole e che ancora oggi lo incantano.
Il suo difetto? L’eccessivo ecumenismo, un filo burbero, di stampo Dc, potenza del marchio. Che però non di rado si rivela una risorsa. Adesso è la volta di Risanamento, chissà. «Ho lavorato a lungo con i treni e ho imparato che l’importante è fare di tutto per arrivare puntuali&». Tempismo e rimandi, appunto.