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 2009  luglio 30 Giovedì calendario

LICENZIA IL TUO COLLEGA: IL REALITY ENTRA IN UFFICIO

Le vie della televisione sono infinite. Ma soprattutto, ed è quel che più conta, si trova sempre qualcuno disposto a percorrerle. Anche quando sono crudeli, per alcuni esteticamente sgradevoli, per altri solo lo specchio di un laconico "così va il mondo" sui cui aspetti e contraddizioni il creativo deve inventare una trama di successo. Endemol, produttrice del "Grande fratello", ovvero il padre di tutti i reality show ( e in Italia anche di "Affari tuoi", "Che tempo che fa" e del glaciale "L’era glaciale"),adesso fa un deciso passo avanti che supera la serialità cui fanno riferimento il genere e le sue ormai molteplici varianti. Il programma si chiama " Someone’s Gotta Go",letteralmente "Qualcuno deve andarsene", e quando agli inizi dell’anno prossimo verrà trasmesso dalla Fox di Rupert Murdoch ( la cosa fa dunque pensare che anche gli abbonati di Sky lo potranno vedere in Italia), è certo che farà molto discutere. Per format e sostanza.
"Someone’s Gotta Go", Sgg, è infatti il primo reality in cui, curioso ossimoro, il vincitore è il perdente. Ed è anche il primo prodotto di intrattenimento figlio della recessione che sta attanagliando l’America. Il suo meccanismo narrativo è democraticamente spietato: in ogni puntata i dipendenti di una piccola azienda scelgono chi tra di loro deve essere licenziato, togliendo al padrone la prerogativa e l’imbarazzo. Allo sfortunato, che vince nello show ma perde nella vita, non resta che lasciare l’ufficio portando via le sue cose nella fatidica scatola di cartone che il fallimento di Lehman Brothers ha tristemente rievocato.
Quando nell’aprile scorso la Endemol e Mike Darnell, il capo dei reality di Fox, hanno annunciato che stavano lavorando all’idea, pochi pensavano sarebbero riuscita a realizzarla. Molte delle associazioni a difesa della moralità e del pubblico decoro avevano alzato un fuoco di sbarramento per denunciare quanto fosse riprovevole, specie in un periodo di vacche magre, speculare sulle disgrazie altrui. Q
uelle a difesa della legalità avevano avvisato che un programma di tal genere avrebbe potuto avere non pochi cascami giudiziari, visto che il reality, pur appartenendo sempre alla famiglia allargata della fiction, pesa molto nelle nostre vite, ma non al punto da poterci privare del posto di lavoro. Quindi pronosticavano ricorsi, carte bollate, e molto da fare per gli avvocati. Rischio di cui anche quelli di Endemol erano consapevoli se è vero che, dalle poche indiscrezioni uscite, sembra che ad ogni concorrente verranno fatte firmare tutte le liberatorie del caso.
Si scommetteva poi sulla mancanza della materia prima, ovvero di aziende disposte con nome e cognome a trasformarsi in un set televisivo. Ma quando mai. All’irresistibile fascino del piccolo schermo le tante che si sono lasciate sedurre bastano e avanzano a realizzare la serie. La notizia dunque è che Someone’s Gotta Go non solo si farà, ma che sono già pronte due puntate pilota, una delle quali girata in un’azienda californiana, a giudizio di chi le ha viste televisivamente assai ben riuscite. Altre seguiranno a breve, in modo da assicurare un cospicuo magazzino in vista della messa in onda.
Sgg è specularmente il rovescio di un altro programma di grande successo,
The Apprentice , L’Apprendista , che la Nbc sta trasmettendo dal 2004, e che gli spettatori italiani conoscono per averlo visto su Sky. Lì si cimentano sedici concorrenti che si sottopongono a un duro tirocinio sotto la supervisione di Donald Trump. Premio in palio per il vincitore: l’assunzione per almeno un anno,a 250mila dollari di stipendio, come dirigente in una delle società del magnate. Ora, cambiato il vento e precipitati in recessione, gli americani non combattono più per conquistare un lavoro ma per non perderlo. Qualcuno paragona anche Sgg, ma solo per l’ambientazione perché in realtà i due prodotti sono molto diversi, a The Office, altra serie culto che a settembre inizierà sempre su Nbc la sua sesta stagione. Non si tratta però di un reality ma di una sitcom interpretata da attori professionisti, finti impiegati di un’azienda della Pennsylvania di cui si raccontano le quotidiane peripezie.
Il meccanismo di Sgg è in realtà più complesso della semplice enunciazione darwiniana in cui alla fine a soccombere è il più debole e di sicuro il più antipatico tra i colleghi. La selezione, all’interno di un gruppo che va dagli otto ai quindici partecipanti, vuole essere solo la molla competitiva di un intreccio con ambizioni pedagogiche atte a far sì che l’analisi del lavoro e le sue dinamiche non venga fagocitata dalla spettacolarizzazione. Ogni puntata avrà infatti un conduttore esperto, un famoso consulente o un guru editoriale,l’autoredi uno dei tanti manuali sul tema, che seguirà passo passo i concorrenti indirizzandone la discussione e contenendone i prevedibili eccessi. Non si vuole insomma lasciare che il mero gioco dei rapporti interpersonali abbia il sopravvento, come nel Grande Fratello, dove però i nominati si sottopongono al giudizio ultimo della platea televisiva. «Da quello che abbiamo visto finora», ci ha raccontato David Golberg, il capo americano di Endemol, «siamo riusciti nell’intento. Alla fine chi resta ha ammesso che partecipare allo show gli è servito per approfondire aspetti della sua professione, e di conoscere molto meglio l’ufficio dove trascorre gran parte della sua giornata ». E chi vince, dunque perde e se ne deva andare? Goldberg trova anche per lui motivi di soddisfazione. «Il prescelto della prima puntata pilota ci ha detto che è molto meno brutale essere licenziati dai colleghi che non dal padrone. Il risultato alla fine non cambia, ma almeno due ore di discussione collettiva spiegano quel che una stringata lettera dell’ufficio del personale non dice». E poi chi esce dall’azienda, luogo metaforico come accade per la casa del Grande fratello, ha perso il lavoro ma in compenso avrà ottenuto l’invidiabile chance di conquistarsi un posto nell’olimpo dei famosi. Nonché più soldi del magro gettone con cui la produzione gli ha pagato il disturbo.
Innovativo per materia e contesto, Sgg rispetta però i capisaldi narrativi propri del genere. In ogni puntata i concorrenti vengono presentati da una scheda biografica dove si raccontano e vengono raccontati da parenti e amici. Ci sarà, almeno par di capire, un fatidico simil confessionale dove daranno individualmente sfogo ai propri umori e rancori, e una comune sala conferenze dove dibatteranno i temi inerenti alla professione. Nonché il gioco di alleanze, tradimenti, ricatti e agnizioni che per gli amanti del genere sono un’imperdibile commedia umana. Alla fine, momento topico di ogni reality che si rispetti, i dipendenti saranno chiamati non solo a votare chi vogliono licenziare, ma anche a motivare la scelta. Con tutti i dubbi, i patemi e gli scrupoli che accompagneranno l’ardua ma inesorabile sentenza perché,non c’è scampo,Qualcuno deve andarsene.
A sei mesi dalla sua programmazione, sul reality è già polemica, preziosa linfa per mantenere alto l’interesse in attesa dell’evento. Tory Johnson, che ha fondato e dirige " Women for Hire",un’associazione che favorisce l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, si è chiesta se sia davvero una bella idea licenziare qualcuno via tivù quando nel paese reale di licenziati ce ne sono già tanti. Troppi, a guardare gli indici che ne danno la misura e dicono che oramai più del 10% degli americani è a spasso. Ignorando, o facendo finta di ignorare, che i principi cui risponde lo show business non sono certo quelli di che regolano comunità e organizzazioni sociali complesse.
Goldberg spiega di trovare del tutto naturale che la televisione rifletta nei suoi palinsesti quelli che sono i problemi del momento, e rifiuta l’accusa di farne un uso spregiudicato. «Chi partecipa è assolutamente consapevole di quello che fa» dice. «E soprattutto sa bene che, dovendo la sua azienda comunque licenziare, uno dei prescelti potrebbe essere proprio lui. Perciò se la gioca, dando anche dimostrazione di come un dipendente sappia o meno difendere il proprio lavoro».
Anche Darnell, 47enne con la faccia di un adolescente spiritato, non fa una piega. «Vogliamo mostrare emozioni viscerali, non importa se buone o cattive» aveva dichiarato in un’intervista a Forbes per spiegare la sua filosofia televisiva. Così a proposito di Sgg il Daily News lo paragona agli imperatori romani che godono nel vedere i leoni che sbranano gli schiavi. E Nigol Lythgoe, ex conduttore di American Idol , il talent show forse più di successo della tivù americana, parla di lui come «un grande programmista è contemporaneamente un genio del male che gode nell’accelerare la fine della nostra civiltà».
Se la serie farà audience alla Endemol pensano già di esportarla in mezzo mondo. probabile dunque che sui canali Fox di Sky vedremo solo l’edizione originale, mentre potrebbe essere Mediaset, free e premium, che da sempre trasmette con immarcescibile successo il Grande Fratello e che di Endemol è importante socio, a proporne la versione italiana, con tanto di esperti e bravo presentatore. Anche se non è detto che la materia prima sia facilmente reperibile come è stato oltreoceano. Le aziende medie e piccole sono il nerbo del tessuto economico di casa nostra, dunque sulla carta c’è l’imbarazzo della scelta. Resta da vedere se alla loro indubbia vocazione imprenditoriale corrisponde un’eguale propensione a trasformarsi in un estemporaneo palcoscenico al servizio dello show business.