Mauro Bottarelli, il Riformista 30/7/2009, 30 luglio 2009
IL SUICIDIO DELLA MAMMA MANAGER SCUOTE LA CITY (SETTE MESI DOPO)
Londra. Suicidio. Una parola breve e terribile. Semplice da scrivere come verdetto di un referto post-mortem. Pochi istanti e la scelta di qualcuno, giorni, magari mesi di sofferenza, prendono forma e si tramutano in otto lettere fredde e forensi: suicidio, ha scelto di morire.
Difficile capire, quindi, come possano esserci voluti sette mesi per capire che Catherine Bailey, 41enne di origini sudafricane, avvocato di successo e madre di tre figlie, non intendesse andare da Waterstones a comprare un libro quando lo scorso gennaio ha mandato questo messaggio sul telefonino del marito mezz’ora prima di uccidersi: «Mi spiace così tanto. BK (big kiss). Tutto il mio amore a te e alle bambine. Stringile forte». Una donna che invia un messaggio del genere può avere due cose in mente: una fuga da tutto oppure la morte.
La speranza era che Catherine avesse scelto la prima. Ma, quasi in un stremo atto di devozione a quel lavoro che tanto amava e che tanto la vedeva eccellere, si è uccisa gettandosi nel Tamigi, probabilmente guardando verso South Bank e verso la City, quello "square mile" di fama e successo che le aveva dato tutto e che sembrava pronto a levarle tutto dopo la nascita della terza figlia.
Il 10 gennaio Catherine l’ha fatta finita, dall’altro giorno sappiano che il coroner di West London ha - bontà sua - capito il perché: suicidio dovuto molto probabilmente da una forma di depressione post-natale. La donna era tornata al lavoro appena prima di Natale, sei mesi dopo la nascita della terza figlia. Le altre due bimbe, Inez e Ruby, hanno 5 e 4 anni. « probabile che soffrisse di una forma di depressione postnatale» ha spiegato al tribunale il pubblico ufficiale incaricato dell’inchiesta, Alison Thompson. Sindrome post-partum - che qui nel Regno Unito viene trattata come una vera e propria malattia a differenza dell’Italia dove non viene riconosciuta ufficialmente se non come attenuante per casi di infanticidio se l’avvocato è molto bravo - ma anche la pressione crescente per la crisi economica.
Catherine Bailey, infatti, lavorava per la SJ Berwin, azienda che dalla fine dell’anno scorso aveva cominciato a subire seri danni economici dalla recessione in atto: 40 avvocati licenziati, chiusura della divisione finanza e altri 140 avvocati che aveva accettato una diminuzione delle ore di lavoro oppure straordinari non pagati oppure periodi sabbatici per evitare il licenziamento. L’altro giorno l’ultima pietra: crollo del 49 per cento dei profitti per i soci dell’azienda e altri tagli. Quasi un ulteriore scherzo del destino. Come quel 9 gennaio alle 18, quando il marito della donna, il noto nefrologo dottor Ashman, lanciò l’allarme: la moglie era scomparsa. Dalle ricevute bancarie, risultava che Bailey quel giorno avesse prenotato in un hotel del centro ma i dipendenti non ricordano di averla vista.
Attraverso i tracciati del telefono cellulare, la polizia riuscì a rintracciare Catherine sabato mattina: la Bailey aveva preso un treno alla stazione Blackfriars per dirigersi a ovest. Il marito, pensando che fosse andata ai Kew Gardens, nel sudovest di Londra, avvertì gli amici che si unirono alle forze dell’ordine nelle ricerche della donna. Il ritrovamento del corpo alle 17.50 di sabato. Qualcosa, però, non torna: la stazione di Blackfriars è chiusa per i lavori olimpici fino al 2010 e per andare a Kwe Gardens, area verde e residenziale di Ealing, ci sono strade molto più rapide e meno tortuose. Forse, dopo averci messo sette mesi a capire i motivi del gesto, la polizia dovrà fare un supplemento di indagine sulla dinamica. Catherine si occupava di questioni bancarie e finanziarie, comprese le indagini dell’autorità di vigilanza Fsa: la mole di lavoro era aumentata a dismisura con la crisi finanziaria e la sua settimana di lavoro poteva arrivare a 60 ore, comprese le serate e i fine settimana. Ma anche le responsabilità e la delicatezza dei casi che si trovava a trattare: troppo per una donna stanca e depressa. Al funerale in gennaio, in una chiesetta vicino alla casa di famiglia di Islington, nel nord di Londra, l’hanno ricordata così: «Una donna di straordinaria forza, vivace e passionale nella difesa dei suoi valori». Una donna che non c’è più. Suicidio. Lo dice il coroner e ci ha messo sette mesi.