lettera a Franco Bechis, ItaliaOggi 29/07/2009, 29 luglio 2009
CRUDELI CON MARINO, TROPPO CLEMENTI CON BERLUSCONI
Caro Direttore, mi sarebbe piaciuto leggere sul Suo Giornale, con pari evidenza grafica e pari attenzione, che, non solo Ignazio Marino, «l’uomo che vuole moralizzare il Partito Democratico», ma anche Berlusconi, Presidente del Consiglio, quindi l’uomo con bel altre responsabilità politiche e morali, «non dice la verità» (Italia Oggi del 28 luglio 2009 , in prima pagina, «Marino non la dice giusta» ). proprio il caso di dire: due pesi e due misure. Converrà che i pesi sono molto diversi l’uno dall’altro. Da una parte, Marino: al confronto, un povero cristo, ancorché candidato alla segreteria del PD, non so se ingenuo o malaccorto o furbastro, che compie presunte «irregolarità amministrative» (8000 dollari di rimborsi indebiti: staremo a vedere se l’accusa è fondata).
Dall’altra parte, niente meno che il Capo del nostro Governo, che ha in mano il controllo, proprietario o politico, di quasi tutte le reti televisive e di buona parte della stampa; che ha subito processi su processi, di corruzione di giudici e di falso in bilancio e quant’altro, sfuggendovi o uscendone per il rotto della cuffia per essersi fatto leggi su misura (vedi Mills) o per prescrizione del reato; che da qualche mese è al centro di uno scandalo fra i più gravi per un uomo pubblico (che, peraltro, non esita a partecipare al family – day), scandalo che egli penosamente cerca di negare o di banalizzare con menzogne su menzogne, tanto da far indignare buona parte della stampa internazionale (ed anche la parte più sensibile della stampa cattolica italiana).
Le vicende private di un uomo politico devono essere nettamente tenute distinte dalla sua funzione pubblica? Una discussione antica quanto la nascita della democrazia. Ma, attenzione. Qui, a mescolare le due questioni è stato lo stesso Berlusconi, con le sue dichiarazioni e la sfrontatezza dei suoi comportamenti. Di qui, l’esigenza e la pressante richiesta di chiarezza e trasparenza. Ebbene, caro Dr. Bechis, qualche informazione, sulla vicenda, il suo Giornale l’ha data, anche se a modo suo; ma il gap informativo, soprattutto nella qualità, è ancora forte: lo recuperi , non si allinei ai giornali della famiglia del Presidente del Consiglio, perché anche la vicenda delle escort a Palazzo Grazioli è lungi dal finire qui. Poi_ vada pure giù di brutto anche con Marino, se se lo merita. Ne è moralmente legittimato. Gliene saremo grati, in nome della correttezza e della obiettività dell’informazione; in nome dell’onestà intellettuale e professionale del giornalista.
Caro Bussinello, è sempre un piacere pubblicarla mentre mi tira le orecchie. Ma questa volta mi sembra meno meritata del solito. Informazioni ne abbiamo date anche sul caso Silvio Berlusconi-escort, come lei stesso per altro riconosce. La manifestazione che lei cita sul family day per altro è un po’ datata, e se si ricorda fu cavalcata politicamente per fermare il disegno di legge sui Dico che avrebbe fra l’altro equiparato anche ai fini fiscali le coppie gay alle famiglie costituite sulla base di un matrimonio civile e religioso. Vi parteciparono tutti e tre i leader del centrodestra, Berlusconi, Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini. Nessuno dei tre aveva alle spalle una famiglia riconosciuta dalla Chiesa (tutti e tre si sono separati/divorziati dalla prima moglie sposata sull’altare e hanno avuto figli con un’altra donna), ma lo scopo politico della manifestazione era appunto altro. Del caso Berlusconi, delle critiche anche delle gerarchie ecclesiastiche abbiamo riferito con la cronaca giorno dopo giorno. E siamo stati in affollatissima compagnia. Il caso di Ignazio Marino è diverso, certo. Innanzitutto perché la compagnia è stata assai più rarefatta. Poi perché si tratta di un politico nuovo che ha deciso di scegliere la ribalta sventolando come arma la bandiera della questione morale. Lo hanno pizzicato su un particolare non da poco: il suo datore di lavoro sostiene di averlo allontanato per irregolarità sulle note spese. Lui all’epoca non solo non disse nulla (ed è naturale), ma si presentò come vittima del sistema: il cervello costretto a fuggire dall’Italia perché il ministro dell’epoca, Letizia Moratti, non difendeva la ricerca. Il manager- professore che combatteva gli appalti mafiosi e doveva gettare la spugna. Ha barato al gioco e non poco, perché ci cascò intervenendo a sua difesa perfino il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Ricordo un politico siciliano eroe dell’antimafia che fu intercettato mentre andava dal capo mafioso a chiedere l’autorizzazione a fare una bella manifestazione anti-mafia. Ecco, la vicenda Marino mi sembra lo specchio di quell’Italia da burletta. Non è per gli 8 mila dollari (che in ricevute fiscali duplicate non sono mica pochi: che vuole possa spendere in pochi mesi uno che ha tutto pagato per contratto?), ma per l’amabaradan che Marino suscitò intorno a un banale caso di licenziamento per giusta causa. E che non è più banale se oggi, reagendo allo stesso modo, uno si presenta come il cavaliere senza macchia nuovo e vendicatore del passato. Forse è meglio tenersi i vecchi_