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 2009  luglio 29 Mercoledì calendario

IL RIGORE DAR LA LODE ALL’ATENEO

Come uno specchio,l’università riflette un tratto negativo che ha segnato la storia del Paese nel suo complesso: la difficoltà di conciliare la natura pubblica dei finanziamenti con valutazioni trasparenti dei requisiti e dei risultati.
Nel corso degli anni, l’incapacità di ancorare il finanziamento statale degli atenei alla qualità della ricerca, dell’insegnamento e della gestione ha prodotto un progressivo declino di credibilità. Questo processo ha generato sfiducia e il risultato è un’università pubblica che rischia di smarrire l’orgoglio per la propria tradizione e che viene vissuta come luogo di regole burocratiche, di adempimenti, d’inefficienze, chiusa su comportamenti e su valutazioni autoreferenziali.
Un malessere che viene da lontano, quello dell’università italiana, perché la missione assegnata al finanziamento statale è rimasta, troppo a lungo, quella del secondo dopoguerra: realizzare la diffusione dell’istruzione universitaria di base sul territorio nazionale, comprimendo la differenziazione degli atenei in nome di un obiettivo diverso, di riduzione del divario economico e sociale che separa il Mezzogiorno dal resto del Paese.
L’utopia dell’omogeneità di funzioni delle università, l’impianto di finanza pubblica che ne è disceso, la convinzione di poter regolare il sistema universitario intervenendo unicamente sul lato dell’offerta,l’assenza di filtri selettivi adeguati sul lato della domanda di capitale umano e di risorse intellettuali, specie da parte della pubblica amministrazione, hanno poi fatto da cornice a stratificazioni burocratiche e a distorsioni tipiche di un sistema ad economia pianificata, nell’illusione che possano darsi incentivi senza concorrenza.
Mentre l’intervento dello stato è venuto sovraccaricandosi di funzioni improprie, il finanziamento pubblico ha finito per essere distribuito sulla base della spesa storica, una prassi che ha alimentato la deresponsabilizzazione degli organi di governo degli atenei, la crescita eccessiva dei costi del personale e, in più di un caso, il prodursi di deficit e di condizioni di dissesto finanziario, con interventi di ripiano da parte dello Stato realizzati come in un caso da manuale di sindrome da vincolo di bilancio soffice.
Su questo quadro di sfondo, la decisione del ministro Gelmini di assegnare una quota pari al 7% del fondo di finanziamento ordinario per l’università sulla base di una valutazione della qualità della ricerca e dell’insegnamento degli atenei costituisce un passaggio la cui importanza va ben al di là del dato numerico e non può essere sminuita da critiche sui parametri impiegati per l’assegnazione di premi e penalità in questo primo intervento.
Il disegno di legge di riforma dell’università in corso di predisposizione può essere ora l’occasione per introdurre un cambiamento complessivo, incisivo e al tempo stesso realistico e realizzabile, di assetti e di strumenti per l’università italiana.
Nei passaggi che ci attendono, il miglior alleato della valutazione e del merito sarà proprio la linea del rigore imposta dall’andamento dei conti pubblici.
In particolare, è ai principi che stanno guidando la trasformazione federalista che è utile volgere lo sguardo per disegnare un nuovo quadro di responsabilità per gli organi di governo delle università. Come per la sanità federalista, anche per il sistema universitario è venuto il momento di prendere sul serio i vincoli di bilancio e di abbandonare in modo compiuto il finanziamento del pie’ di lista, sulla base di pochi chiari strumenti: 1. definizione di standard di servizio e di costo come base di riferimento per razionalizzare l’offerta formativa ai diversi livelli di istruzione; 2. distinzione dei criteri di valutazione e delle linee di finanziamento per la didattica da quelli impiegati per la ricerca, anche sviluppando un programma di grant competitivi sulla scia dell’esperienzadello European research council; 3. omogeneità, comparabilità e certificazione dei bilanci degli atenei, con piena trasparenza sulla natura e sull’entità delle posizioni debitorie e con l’integrazione in un unico documento di tutte le informazioni riferite ai dipartimenti, agli enti e alle società partecipate; 4. fissazione di un requisito di pareggio del saldo complessivo di bilancio per ciascuna università, con la previsione di un percorso di convergenza a livello complessivo di sistema e di piani di rientro vincolanti in caso di scostamenti e di deficit, con sanzioni esemplari nei casi di mala gestione.
Sono misure da adottare presto, assegnando ad esse una forte visibilità politico istituzionale e presso l’opinione pubblica. questo un aspetto importante, perché, allo stato attuale delle disponibilità, nel prossimo biennio gli stanziamenti statali per l’università non saranno sufficienti a coprire gli assegni fissi per il personale. Il fabbisogno non coperto è di oltre un miliardo di euro e solo la condivisione della linea del rigore e la piena trasparenza sui conti delle università potranno accompagnare l’immissione di risorse aggiuntive senza che essa si traduca in una sanatoria e, allo stesso tempo, evitare che altri interventi, pure utili di per sé, come il ridisegno della compartecipazione alla spesa degli studenti, siano letti non come strumenti per promuovere responsabilità e per attuare il dettato costituzionale sul diritto allo studio, ma come escamotage per salvare un sistema inefficiente presentando il conto agli utenti.
 in una riqualificazione dell’impianto di finanza pubblica che risiede il motore primo per accompagnare e orientare il rinnovamento della governance delle università, per costruire un legame concreto tra responsabilità e merito, per lasciarsi alle spalle quella pletora di vincoli e di controlli formali su adempimenti e processi che non ha saputo valutare i risultati e che, al contrario, li ha mortificati. Ed è introducendo nuove regole e nuovi incentivi finanziari che si potrà incidere sulle strategie di reclutamento del personale docente, sino ad abbattere il totem del "concorso perfetto". Una chimera che, lungi dal sostenere il merito, ha frapposto rigidità burocratiche e ostacoli rispetto alla vera sfida: la competizione per attrarre i migliori allievi e ricercatori da ogni parte del mondo.