Francesco Ninfole, Milano Finanza 29/7/2009, 29 luglio 2009
Dal Fisco quasi 4 mld alle banche - Per gli istituti la minaccia viene ora dai crediti. Secondo lo studio di Piazzetta Cuccia nel primo trimestre 2009 le perdite sui prestiti sono cresciute del 125% e ora mettono a rischio l’utile operativo Il sostegno pubblico alle banche non si è limitato ai Tremonti bond
Dal Fisco quasi 4 mld alle banche - Per gli istituti la minaccia viene ora dai crediti. Secondo lo studio di Piazzetta Cuccia nel primo trimestre 2009 le perdite sui prestiti sono cresciute del 125% e ora mettono a rischio l’utile operativo Il sostegno pubblico alle banche non si è limitato ai Tremonti bond. Le minori tasse, legate al trattamento fiscale dell’avviamento, hanno fatto salire di quasi 4 miliardi (per l’esattezza 3,85 miliardi) l’utile 2008 degli istituti di credito. L’impatto del Fisco italiano è stato così superiore a quello generato in ambito internazionale dalle novità sul fair value: senza le modifiche agli Ias, infatti, i profitti complessivi delle banche sarebbero scesi di 3 miliardi e ci sarebbero state ulteriori minusvalenze per 1 miliardo nel patrimonio netto (si vedano le tabelle pubblicate in pagina). Tali sono state evidenziate da R&S Mediobanca nello studio annuale sui maggiori 50 gruppi finanziari italiani quotati in borsa. Il servizio studi di Piazzetta Cuccia ha evidenziato che, grazie all’effetto congiunto di Fisco e Ias, le maggiori banche hanno messo insieme complessivamente 7,2 miliardi di utili (-57% rispetto al 2007). Il vantaggio sulle imposte deriva dal decreto legge 185/08 che ha consentito (anche alle imprese che utilizzano gli Ias) il riconoscimento fiscale dell’avviamento: a fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva è possibile ammortizzarlo in 9 anni. Nel conto economico, oltre all’onere per l’imposta sostitutiva, vengono iscritte imposte anticipate attive corrispondenti ai futuri benefici. Così si è generato nei conti 2008 un beneficio di quasi 4 miliardi per gli istituti di credito. Le banche non possono comunque ancora considerarsi al riparo dalla crisi. La minaccia delle perdite su crediti si è ormai sostituita a quella da svalutazioni di mercato. Dai dati Mediobanca riferiti al primo trimestre 2009 emerge che il risultato dell’attività di negoziazione è tornato positivo, mentre le perdite su crediti sono cresciute del 125% a 3 miliardi totali. «Ove si estendessero all’intero anno le tendenze di costi e ricavi manifestatesi nei primi tre mesi, il 2009 chiuderebbe a livello aggregato con una perdita di risultato corrente», spiega l’ufficio studi di Mediobanca. I crediti deteriorati netti sono cresciuti da 44,8 miliardi (a fine dicembre) a 50,1 miliardi (a fine marzo), un valore pari al 3,7% degli impieghi e al 33% del capitale netto. L’incidenza maggiore è quella di Banca Mps, mentre sono sotto la media Ubi Banca e Intesa Sanpaolo. Nel primo trimestre le banche hanno comunque resistito alle rettifiche sui prestiti: tutti i maggiori gruppi hanno chiuso in utile, seppure in calo del 40%. Nell’industria la flessione trimestrale dei profitti è stata più lieve (-11%). Le imprese pubbliche (-2,6%) hanno resistito meglio di quelle private (-23%). Quanto alle tendenze generali sul 2008, R&S Mediobanca ha rilevato che i valori a patrimonio netto sono cresciuti del 2%. Ma nei gruppi privati questo lieve aumento non è stato sufficiente a portare il livello patrimoniale oltre quello di ammortamenti e altri attivi immateriali. Quanto alle svalutazioni bancarie, lo studio include tra i principali eventi non ricorrenti 2008 anche le rettifiche delle quote in Lse-Borsa Italiana, considerate curiosamente alla stregua dei crack Madoff e Lehman, dei disastri Italease e Hopa e del semi default delle banche islandesi. In realtà una cosa sono i write-off legati a situazioni senza ritorno (Hopa, Islanda e Italease) o fallimentari (Lehman e Madoff), altra le svalutazioni legate a deprezzamento di partecipazioni in società solide che sono state colpite dalle pesanti flessioni borsistiche. E non va dimenticato che Borsa Italiana ha rappresentato per le banche azioniste una piccola miniera d’oro con plusvalenze complessive per 3.200 miliardi di vecchie lire al momento del matrimonio con Londra. La contrazione dei margini ha avuto conseguenze sui dividendi distribuiti, che nell’ultimo anno sono scesi a 12,9 miliardi, di cui 3,1 miliardi sono andati allo Stato (un livello stabile nell’ultimo quinquennio). Nel periodo 2004-2008 i maggiori introiti sono stati per gli azionisti di controllo di Tenaris (ovvero la famiglia Rocca), che hanno cumulato dividendi per 1.144 milioni, più di quanto distribuito da Fininvest (1.066 milioni). Seguono i Moratti (Saras) con 599 milioni, Del Vecchio con 446 milioni, la famiglia Buzzi con 202 milioni, i Boroli-Drago di De Agostini con 197 milioni. In media nel quinquennio il maggior payout è stato quello di Mediaset (90%), seguito da Terna (86,5%) ed Enel (83%). Dal 2004 il valore di borsa dei 50 maggiori gruppi è però sceso del 27% a 312 miliardi totali.