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 2009  luglio 29 Mercoledì calendario

«GUERRA INEVITABILE ENTRO IL 2012» «NO, LA PROSPERITA’ SCONSIGLIA AGGRESSIONI»


Ha indicato persino la data: «La Cina attacche­rà l’India entro il 2012». A conti fatti, sono solo tre anni. Come esserne così sicuri? «Ci sono mol­teplici ragioni perché Pechino, in grave difficoltà economica e politica, desideri impartire la lezio­ne decisiva a New Delhi. La principale è assicurar­si la supremazia in Asia in questo secolo».

Bharat Verma è il direttore dell’ Indian Defence Review , un esperto di cose militari (è uscito dal­l’esercito con il grado di capitano) consultato con frequenza dai media del Subcontinente. Non pen­sa minimamente di averla sparata grossa. E anzi ribadisce il concetto con argomenti e fatti. Verma sostiene che la recessione globale sia in grado di «fermare le esportazioni cinesi», creando un «di­sagio sociale senza precedenti», vicino alla rivol­ta. Non solo: proprio a causa di questa situazione di continua instabilità interna, i «comunisti» po­trebbero perdere il controllo del Paese. Altre moti­vazioni che hanno portato Verma a predire la guerra futura: la crescente disoccupazione, la fu­ga di capitali (cinesi) all’estero, il restringersi del­le riserve in valuta e una crescente opposizione interna. «L’evidente irrilevanza del Pakistan, il Pa­ese che agisce contro l’India su loro mandato – scrive ancora Bharat Verma in un editoriale che apre l’ultimo numero della rivista – sta soffian­do sul fuoco del nervosismo cinese». Pechino, nelle parole dell’esperto, sarebbe fuori di sé per­ché Islamabad si è «avvitata in una guerra civile (la lotta ai talebani, ndr ) » che ne ha limitato il pe­so strategico anti-India. Ma non è tutto: «Pechino è preoccupata soprattutto perché New Delhi si è di fatto alleata con gli Stati Uniti e l’Occidente, mossa che può dar vita a un contrappeso tecnolo­gicamente avanzato nella regione». Logica conse­guenza: «Una zampata contro la pacifica India le permetterebbe di annullare tutti questi svantaggi strategici». La risposta da Pechino non si è fatta attendere e ha preso la forma di un editoriale del giornalista economico Chen Xiaochen, che si è af­frettato a confutare le «presunte tesi» di Verma. «Un attacco da parte della Cina all’India, molto semplicemente, non avverrà mai», scrive Chen sulla rivista economica online ChinaStakes . E ag­giunge: « una pura fantasia». Per Chen l’econo­mia è «sotto controllo», e inoltre Pechino «non ha una storia di guerre scatenate per ’distrarre l’opinione pubblica’ dai propri problemi». L’edi­torialista cinese ricorda come India e Cina possa­no «tranquillamente risolvere le dispute territo­riali attraverso il negoziato. E sottolinea che non esistono motivi tali da scatenare un attacco arma­to.

A meno che... Già: c’è un «a meno che». Chen Xiaochen, molto sottilmente, nota che la Repub­blica popolare, nonostante non lo desideri affat­to, «potrebbe arrivare a usare la forza con l’India se questa continua nel suo atteggiamento aggres­sivo nei nostri confronti». Non è facile stabilire che cosa sia «davvero aggressivo» per Paesi dalle dimensioni quali Cina e India: la costruzione di basi navali avanzate nell’Oceano Indiano (da par­te dei cinesi)? Il varo di un sottomarino atomico, primo di dieci, armato con missili a testata nucle­are (da parte indiana)? Da registrare che Bharat Verma non è l’unico a ritenere probabile (anzi: si­curo) un attacco cinese contro l’India. Lo scorso marzo, il quotidiano Hindustan Times ha riporta­to la notizia che l’esercito di New Delhi aveva svolto una serie di esercitazioni segrete, battezza­te Divine Matrix (Matrice divina), il cui scopo era reagire a un’invasione da parte dell’ingombrante vicino. «Una scelta scellerata in tal senso è tutt’al­tro che una fantasia, considerando che Pechino desidera essere l’unica potenza della regione», un ufficiale superiore, rimasto anonimo, ha spiegato al quotidiano, lasciando intendere che tutto que­sto avverrebbe «più o meno nel 2017».

Sono cinque anni in più rispetto a quanto pre­ventivato da Bharat Verma. Che chiude il suo edi­toriale denunciando l’impreparazione dell’appara­to militare e civile a uno scenario di guerra con la Cina: «L’India è un Paese pacifico, non ha la strut­tura per reagire a un colpo del genere, sia sul fron­te interno sia su quello esterno». Speriamo solo che non sia una nuova Cassandra.