Alberto Riva, Il Riformista 29/07/2009, 29 luglio 2009
BRUCIA IL CUORE DELL’AMAZZONIA
Tailandia è il nome di una piccola città brasiliana. Una città sorta dal nulla quaranta anni fa nello stato amazzonico del Parà e cresciuta con il mercato della legna, per lo più illegale. Nel marzo del 2008 Tailandia e altre città amazzoniche sono state raggiunte da un’operazione congiunta della Polizia Federale e dell’Ibama (Istituto per l’Ambiente e le Risorse Naturali Rinnovabili) denominata "Arco di Fuoco". L’obiettivo era colpire le falegnamerie illegali, multare i proprietari e ristabilire la legge. In città come quelle, la foresta è qualcosa da sfruttare. La gente vive di quello. L’Amazzonia brasiliana è un’area di 360 milioni di ettari dove vivono 24 milioni di persone. un mondo, con una sua economia. «Un’economia al 99% non-sostenibile» avverte João Meirelles, 49 anni, da dodici anni direttore dell’Istituto Peabirù, organizzazione non governativa che si batte in difesa della foresta e autore del libro "Amazzonia" (edizioni Corbaccio).
Ma la legna, spiega Meirelles al Riformista, non è il solo nemico. «Sono la soia e soprattutto l’allevamento dei bovini a spazzare via la foresta. In Amazzonia ci sono almeno 400mila piccoli e medi allevatori di bestiame e mille grandi. La soia e la canna da zucchero spingono i bovini dentro la foresta, sempre più dentro. Perché la terra costa poco, le leggi ambientali non valgono, si pagano meno tasse e la mano d’opera costa pochissimo, quando non è addirittura lavoro-schiavo. Inoltre, sfruttare il legno può finanziare gli allevamenti». Uno scenario lugubre, disegnato così. Ma la grande foresta pluviale, ultimo paradiso perduto, non è più quel mondo incontaminato che normalmente ci si immagina.
João Meirelles, cos’è l’Amazzonia?
Possiamo dividere l’Amazzonia in tre universi. Esiste l’Amazzonia rasa al suolo, deforestata, in cui domina l’allevamento intensivo: c’è poca gente, le città sono distanti le une dalle altre. una regione molto povera perché il denaro non resta là. La seconda Amazzonia è la cosiddetta frontiera, la regione della devastazione in corso, che corrisponde circa al 30% dell’Amazzonia brasiliana, 100 milioni di ettari grosso modo. Qui avvengono le invasioni, la raccolta di legna illegale e domina la violenza. Poi c’è la terza regione, l’Amazzonia che possiamo definire "romantica": riserve indigene e popolazioni tradizionali che riescono a vivere in modo abbastanza sicuro sebbene con problemi, ma senza grandi pressioni da parte della nostra cultura.
E le due grandi città, dove vanno collocate?
Naturalmente, le grandi città fanno parte dell’Amazzonia devastata: intorno a Manaus e Belem, città con più di due milioni d’abitanti, troviamo regioni molto complesse. Il caso di Tailandia dimostra che l’economia legata all’estrazione della legna illegale è, paradossalmente, un’economia florida. Annientarla provoca conseguenze.
Come si affronta un problema del genere?
Tailandia, Paragominas, sono città che, secondo la Ong Imazon, si trovano in un regime di boom-collasso: c’è un boom economico, crescita e rendita alta finché c’è legno, dopodichè si entra in collasso. Ma bisogna immaginarle come città di frontiera: nel senso che le falegnamerie, così come sono spuntate un bel momento vengono smontate, si spostano di cento, trecento chilometri più avanti. Tailandia è nel momento in cui ha sfruttato tutto quello che aveva intorno. L’arrivo del governo, con un’operazione-lampo tipo guerra del Vietnam, è importante sotto il profilo della legalità. Però poi il governo se ne va: ha smantellato le strutture sociali e non ha programmi che sostituiscano la situazione precedente. Il grande problema è: quell’economia è illegale, gli stessi madereiros, i padroni delle falegnamerie industriali, lo sanno. Ma come trasformare la situazione? Como posso sopravvivere nella legalità? Abbiamo analizzato ventidue comunità di Tailandia e abbiamo concluso che dopo l’operazione non è cambiato nulla. Anzi, per le fasce di popolazione più povere la situazione è solo peggiorata, perché aumentano la violenza, la prostituzione, il furto di legna, il furto di carbone.
Dunque il modello di intervento scelto dal governo è sbagliato?
Se viene da solo, sì. Deve venire insieme all’idea di ricostruzione, come in una guerra.
Oggi Tailandia viene descritta come una città fantasma.
Non è esattamente così: era già in declino, il processo è stato solo accelerato. Il settore della legna è in crisi. Tutti i grandi gruppi della legna chiudono fabbriche, licenziano e il governo spesso non sa distinguere tra i produttori legali e quelli illegali. Il legno, che potrebbe essere l’esempio della sostenibilità, riceve colpi mortali. Io vedo una grande difficoltà del governo, sia degli stati amazzonici, Parà, Amazonas, Mato Grosso e così via, sia di quello federale, di appoggiare ciò che è legale.
Difficoltà di che tipo?
Incompetenza in primo luogo. Interessi politici oscuri, principalmente elettorali. Corruzione. più facile pensare che si guadagna di più e più facilmente con l’allevamento e le invasioni. Non c’è un impulso verso il legno sostenibile, nella dimensione che in realtà dovrebbe avere: oppure verso la frutta e le altre risorse.
Dunque l’industria della legna può essere legale e sostenibile?
possibile. Se tu hai un’area forestale di 50 mila ettari, un’area pubblica, lanci una gara, arriva l’impresa che può esplorare l’area per un certo numero di anni, in maniera certificata. L’impatto esiste, beninteso, ma non è enorme. Esistono modelli.
Come avviene nel nord Europa, ad esempio?
Si, solo che là hanno due specie di piante, qui ne abbiamo tremila. In un ettaro di Amazzonia tu hai settanta specie di piante. E ognuna di esse si comporta in modo differente. In qualsiasi caso, questo tipo di sfruttamento è meglio della trasformazione in pascolo. Che è l’economia più illegale che c’è in Amazzonia, e dunque in Brasile.
A questo proposito, lei ha dichiarato che la condotta del governo Lula in relazione all’Amazzonia è la peggiore degli ultimi quarant’anni. In che senso?
Nel senso di apertura all’invasione: il governo Lula è peggio del suo predecessore Fermando Henrique Cardoso e anche della dittatura militare. L’insieme delle azioni del governo in favore della distruzione dell’Amazzonia è maggiore di quelle orientate alla preservazione. Abbiamo 6 miliardi di Reais di sovvenzioni all’industria della carne. Quanti milioni sono destinati alle produzioni sostenibili? Açaì, legno, miele, palmito, biodisel, erbe medicinali? Zero, non c’è interesse. Bisogna invece fermare la migrazione dei buoi in Amazzonia, che è devastante, visto che ci sono moltissimi altri spazi disponibili. Il fatto è che le lobby sono molto forti, e il governo accetta naturalmente la loro influenza. Un governo che, dal mio punto di vista, non dovrebbe essere così permeabile a pressioni del genere.
Mi sembra pessimista...
No, sono ottimista. Continuo a credere nelle buone intenzioni, sono convinto che si possa cambiare la testa delle persone.