Patrizio Romano, La Stampa (cronaca Torino) 28/07/2009, 28 luglio 2009
LA BABY GANG DEI SUPERALCOLICI
Il distributore, gratis, di birre e rum è il chiosco della piscina di un club privato. Lì, ogni notte, da qualche mese quattro o cinque adolescenti andavano a rifornirsi di roba da bere. Per far festa con gli amici e per sentirsi grandi. Ubriacarsi. Tornare a casa storditi, risvegliarsi al mattino con un gran mal di testa. Ma, alla fine, uno di loro è finito nei guai. La sorella lo ha trovato al mattino riverso sul letto in coma etilico. Lo ha caricato e portato in ospedale. Salvato per un pelo da una lavanda gastrica. Adesso il gruppo si trova nei guai anche dal punto di vista giudiziario. I carabinieri li hanno individuati e denunciati. Li inchiodano i filmati di una telecamera a circuito chiuso che i proprietari del locale avevano installato dopo i primi colpi.
Luogo d’azione della banda è Villar Dora, paese di 3 mila abitanti in bassa valsusa.
La storia inizia qui, al Mannus club, una struttura che gestisce un maneggio, una palestra e una piscina. Il luogo di ritrovo degli adolescenti della valle. Il palcoscenico delle scorribande di quattro ragazzi tra i 14 e i 15 anni.
Da giugno, dicono i carabinieri di Rivoli, in gruppo, quasi ogni notte andavano a prelevare bibite, cornetti, patatine dal bar del circolo. Ma anche birre, rum, sambuca e whisky. «All’inizio non ci avevamo neanche fatto caso - ammettono i soci del club - Qualche mattino abbiamo trovato le finestre aperte: pensavamo ad una nostra dimenticanza». Invece erano i giovanotti del paese. Tutto è filato liscio fino a quando non sono spariti anche i soldi. «Allora abbiamo chiuso a chiave il registratore di cassa» dicono al Mannus. Quella notte, imbufaliti per il disguido, i bad boys del paese se lo portano via, lo sventrano poco lontano e lo abbandonano lungo la strada.
a quel punto che quelli del locale piazzano le telecamere a circuito chiuso. Il 4 luglio, un sabato mattina, controllando i filmati vendono, per la prima volta, la banda di ragazzini all’opera. E proprio quella notte, uno dei ladruncoli finisce al pronto soccorso in coma etilico.
A quel punto è tutto chiaro. Quel ragazzino che ha appena finito le medie è uno della «banda del rhum». Nei filmati si vede, si riconosce chiaramente, dicono. I giovanotti, però, non si fermano: la notte di martedì 7 il Mannus sembra un caffè aperto 24 ore su 24. O un self service molto frequentato. Prima «passano» i quattro minorenni. Due ore dopo due maggiorenni. Si vedono visi, gesti, si intuisce l’età. Ma dare un nome certo a tutti quei ragazzi è complicato. Così i carabinieri si appostano e vedono i ragazzi tornare all’assalto. Le telecamere immortalano tutto: quando escono li bloccano. Non sono Al Capone, quei due. E neanche delinquenti scafati. Confessano tutto e subito davanti al capitano Massimo Pesa. E fanno anche i nomi degli altri «fruitori» del self gratuito. In una perquisizione a casa dei componenti della banda i militari trovano anche hashish e un coltellino.
Fine della storia. Il quindicenne ubriacone, quasi un mito tra i coetanei, adesso rischia una sonora condanna. Ma servirebbe una sana educazione ai rischi del bere. Lo dice anche il colonnello Antonio De Vita, il comandante provinciale dell’Arma: «Bisogna organizzare incontri nelle scuole per ridurre i rischi derivanti da ogni genere di abuso. Alcol compreso».