GIAN ANTONIO ORIGHI, LA STAMPA, 29/07/2009, 29 luglio 2009
ALLEVATO UN PESCE SU DUE
La Fao denuncia: "Troppo sfruttato il 40% dei mari, Mediterraneo sul baratro"
MADRID
[...]L’acquacoltura è il settore alimentare che sta più crescendo nel mondo - spiega il professor Uxío Labarta del Csic, il più prestigioso ente scientifico spagnolo -. Bisogna creare però un modello di crescita sostenibile perché la piscicoltura danneggia gli eco-sistemi litoranei». In ogni caso, l’allarme della Fao lascia poche vie d’uscita, anche perché alla fine del XXI secolo gli abitanti del pianeta saranno 9 miliardi. «Il 19% delle risorse è ipersfruttato, il 20% è moderatamente sfruttato, l’8% è esaurito, il 52% è dentro limiti di cattura sostenibile, l’un per cento in via di recupero», denuncia l’agenzia delle Nazioni Unite.
[...]La ecologista Oceana aggiunge: «La pesca eccessiva ha svuotato i mari europei, il 69% delle nostre riserve sono in via di esaurimento». Greenpeace ha poi stilato la lista di 15 specie che diventeranno introvabili: pescatrici, gamberoni, tonni, sogliole.
Ogni anno vengono pescate oltre 90 milioni di tonnellate di pesce, ma nel Mediterraneo soltanto 1,5. Per goderci squisitezze come branzini e rombi, salmoni e orate, dovremo sempre più affidarci a «stabilimenti» come quello di Mira, in Portogallo. Inaugurato lo scorso 21 giugno, proprietà della maggior multinazionale spagnola, Pescanova, è la più grande «fabbrica di pesce» al mondo in mare aperto: 3,5 km di lunghezza. La produzione di rombi prevista per quest’anno è di 3500 tonnellate, l’anno prossimo raddoppierà.
Sempre Pescanova (che ha fatturato nel 2007 1,3 miliardi di euro) sta per lanciare, stavolta sulle coste del Monzambico, una maxi-«fabbrica» di pangasio, pesce vegetariano «low cost» di acqua dolce: vuole portarne sul mercato 10 mila tonnellate annue.
[...]E il sapore? Be’, i palati più raffinati dovranno accontentarsi. «Nell’alta cucina, non concepiamo altro pesce che quello selvaggio che sa di iodio, di alghe», sospira il grande chef basco Andoni Luis Aduriz. Non tutti comunque sono così critici. «In assaggi alla cieca, è impercettibile la differenza tra un rombo pescato ed uno di piscifattoria», assicura De Llano.
Il problema è che per garantire la produzione, bisogna nutrire i pesci d’allevamento (12 razioni al giorno) con farina di pesce. «L’acquacoltura ha una faccia nascosta e non è una alternativa alla pesca industriale per il suo consumo di farine, con i suoi scarichi non depurati e per la sua occupazione dei migliori posti della costa», accusa l’organizzazione ambientalista galiziana Adega. Ribatte Labarta: «Il 70% delle farine di pesce è destinato alla produzione avicola e suina, la cui sostenibilità non è messa in discussione da nessuno».