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 2009  luglio 29 Mercoledì calendario

CANALE DI PANAMÁ/IMPREGILO PER VOCE ARANCIO

«Uno degli interventi di ingegneria civile più grandi e importanti mai realizzati»: così gli uomini di Impregilo, la principale impresa italiana di costruzioni, hanno definito l’ampliamento del Canale di Panamá, un’opera mastodontica che dovrebbe essere terminata nel 2014, in coincidenza col centenario dell’inaugurazione di quella che in America chiamano ”l’ottava meraviglia del mondo”.

Impregìlo (con l’accento sulla seconda i) nacque negli anni ”90 dal raggruppamento di alcune aziende (Fiat Impresit, Cogefar, Lodigiani). Multinazionale al primo posto nella classifica italiana dei ”general contractor” (le imprese che si occupano dell’intero ciclo di progettazione, realizzazione e conduzione di un’opera), è leader nella realizzazione di costruzioni ferroviarie, opere per il trattamento delle acque reflue e per l’ambiente, dissalatori ecc.

Fino a pochi anni fa la gestione di Impregilo era affidata alla famiglia Romiti che, attraverso la finanziaria Gemina, ne deteneva il controllo. Conti in rosso per 347,9 milioni di euro, incapaci di trovare un accordo con le banche per rimborsare alcuni prestiti obbligazionari in scadenza, nel 2005 i Romiti furono costretti a cedere le quote detenute a Igli, holding che possiede il 29,8 delle azioni, adesso divise in parti uguali tra le famiglie Gavio, Benetton e Ligresti. A metà giugno i soci di Igli hanno siglato il rinnovo del patto di sindacato, che scadrà tra un anno, lasciandosi la libertà di muoversi attraverso strumenti finanziari per acquisire ciascuno, per proprio conto, quote dirette in Impregilo fino a un ulteriore 3-4 per cento del capitale.

In Italia il contratto più importante di Impregilo dovrebbe essere quello per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina: gara vinta nell’ottobre 2005, 3,88 miliardi di euro per un’opera da realizzare in 70 mesi, la firma del governo Berlusconi arrivò il 27 marzo 2006. Approvazione del progetto definitivo sospesa dal governo Prodi, le trattative sono riprese col ritorno a Palazzo Chigi di Berlusconi, ma occorre tempo per riattivare i fondi e far ripartire il tutto. Il ripetersi di episodi di questo tipo negli ultimi anni ha spinto il gruppo a puntare con decisione sulle opere internazionali.

Obiettivo portare all’estero il 70-80% del giro d’affari totale (un anno fa la percentuale era pari al 40%), nello sforzo per dare una maggiore dimensione internazionale al gruppo uno dei maggiori problemi di Impregilo riguarda il reperimento del personale qualificato: la questione potrebbe essere risolta acquistando gruppi all’estero, nel mirino società di India e Turchia, Paesi dove ci sono imprese con dimensioni tecniche e know how adeguato e che hanno la capacità di mobilitare manodopera di livello.

Per l’ampliamento del Canale di Panamá serviranno almeno 6mila addetti. Il consorzio ”Grupo Unido por el Canal”, vincitore della gara, oltre che da Impregilo (48%), è composto da Sacyr Vallehermoso (Spagna, 49%), il resto fa capo a Somague (Portogallo), Jan de Nul (Belgio), Constructora Urbana (Panamá). Per aggiudicarsi l’opera, sono state sconfitte la cordata dei colossi spagnoli Acs, Fcc e Acciona e quella capitanata dal gruppo statunitense Bechtel alleato con le giapponesi Taisei e Mitsubishi. L’offerta economica contava nella valutazione complessiva per il 45%, la proposta tecnica per il 55%, ”Grupo Unido por el Canal” si è imposta in entrambe le categorie.

Il Canale di Panamá taglia l’istmo dell’America centrale mettendo in comunicazione l’Oceano Atlantico con quello Pacifico (il mar delle Antille con il Golfo di Panamá). Lungo 81,6 km, largo a da 90 a 300 metri, ha una profondità minima di 12,4 metri. Le navi superano i dislivelli grazie a due gruppi di doppie chiuse, ognuna lunga 305 metri e larga 33, il tempo di transito è di circa 9 ore. I lavori di scavo furono avviati nel 1879 da una compagnia francese guidata da Ferdinand Marie de Lesseps, già noto per aver realizzato il canale di Suez (in Egitto, apertura nel 1869), ma vennero bloccati da epidemie di malaria e febbre gialla che costarono la vita a 22mila lavoratori.

Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, gli americani presero a manifestare un interesse per il canale, ma poiché la Colombia non la smetteva di alzare il prezzo della concessione si decisero a inviare nel porto di Balboa una cannoniera spingendo la locale aristocrazia autonomista a proclamare la nascita dello stato di Panamá. Lavori ripresi nel 1904 sotto la direzione del colonnello-ingegnere George Goethals, che si avvalse dei tecnici formati dall’accademia militare di West Point, l’inaugurazione avvenne nell’agosto 1914. Spesa totale: 387 milioni di dollari dell’epoca.

Da subito agli Usa fu riconosciuto il diritto di amministrare il canale e l’area circostante (ma non la capitale Panamá City). Il primo ottobre 1979, alla Casa Bianca Jimmy Carter, la sovranità fu trasferita al Panamá, ma il provvedimento divenne operativo solo il 31 dicembre 1999 (alla Casa Bianca Bill Clinton). Nel 2006 il governo Panamense indisse un referendum per decidere se intraprendere l’opera di ampliamento: i sì vinsero con una percentuale dell’80%.

Da quando è stato inaugurato, il Canale di Panamá ha visto il passaggio di oltre un milione di navi e attualmente accoglie il 5% del commercio mondiale. Ogni giorno uno show d’ascensori d’acqua ammalia i turisti: a Miraflores, la chiusa più vicina alla capitale, i visitatori possono fotografare le navi che vengono innalzate e abbassate per attraversare la Cordigliera Centrale fra l’Atlantico e il Pacifico. In quella che appare come una sorta di Disneyland, ci si può improvvisare comandanti mettendosi al timone dei simulatori o eccitarsi coi pannelli elettronici come davanti a un gigantesco videogame.

La commessa per l’ampliamento vale 3,22 miliardi di dollari (2,27 miliardi di euro), l’Autorità del Canale (Acp, buona fama in fatto di amministrazione) aveva come target massimo di spesa 3,48 miliardi di dollari. Inizio dei lavori previsto per dicembre, si calcola che verranno utilizzate 230 mila tonnellate di acciaio e 800 mila ”tonnellate metriche” di cemento. La realizzazione delle due nuove serie di chiuse che battezzate ”Tercer Juego de Esclusas” andranno ad affiancarsi all’’Esclusas de Gatún” e all’’Esclusas de Miraflores”, dovrebbe permettere nel 2014 l’inaugurazione di una terza via d’acqua.

Grazie al nuovo sistema di chiuse, quando Impregilo & C. avranno finito i lavori diverrà possibile il passaggio anche ai cargo di ultima generazione, troppo grandi per attraversare il canale così com’è oggi: attualmente possono transitare nel Canale di Panamá navi di una lunghezza massima di 294 metri, larghezza massima di 32 e con pescaggio di 12, ma il settore negli ultimi tempi si è spostato su scafi maggiori, detti appunto ”Post Panamáx”. Dal 2014 nel canale centroamericano le misure massime consentite saranno di 366 metri di lunghezza, 49 di larghezza e 15 di pescaggio, il che permetterà di passare da una portata di 4.400 container a una di 12mila recuperando una bella fetta di mercato, quella che oggi è costretta a doppiare Capo Horn.

Tra i nuovi clienti del Canale di Panamá ci saranno dal 2014 i cargo cinesi diretti verso i porti della costa Orientale degli Stati Uniti: oggi l’impossibilità di attraversare il Canale obbliga gli equipaggi che trasportano gran parte del ”made in China” a circumnavigare le Americhe oppure a passare attraverso l’Oceano Indiano, il Canale di Suez e il Mediterraneo prima di entrare nell’Atlantico: si tratta di settimane di viaggio che condizionano l’import-export dall’Estremo Oriente mentre la nuova via di passaggio consentirà di passare dall’Oceano Pacifico a quello Atlantico in circa dieci ore, riducendo sensibilmente i costi di trasporto.

L’unica minaccia al successo economico dell’ampliato Canale di Panamá potrebbe venire in futuro dal Nicaragua: tra i più poveri dell’America Latina, lo stato centroamericano vorrebbe realizzare un Canale concorrente, capace di sfruttare il Lago Cocibolca per far transitare navi ancora più imponenti, ovvero fino a 250 mila tonnellate rispetto alle 120 mila della nuova via d’acqua panamense e alle 75 mila consentite nelle due esistenti.

In Nicaragua l’idea del canale per attraversare le Americhe non è nuova: a conquistatori ed esploratori questa zona era sembrata da subito il punto più adatto per tagliare in due il continente. Prima che fosse costruito il Canale di Panamá, quella attraverso il Nicaragua era una delle strade più usate per il passaggio tra i due oceani: nell’800 gli avventurieri a caccia dell’oro califirniano viaggiavano in barca lungo il fiume San Juan, quindi attraversavano il lago Cocibolca e infine raggiungevano in carrozza il porto di San Juan del Sur, dove li attendevano le navi per San Francisco.

Nel secolo scorso Panamá fu preferita grazie ai francesi, ma quando nel 1901 Theodore Roosevelt pose come primo obiettivo della sua presidenza la costruzione di un canale che permettesse alle navi da guerra di spostarsi in un paio di giorni da una costa all’altra degli Stati Uniti, il primo posto che gli era venuto in mente era stato il Nicaragua. Cambiò idea perché i francesi gli offrirono il poco che avevano realizzato per 40 milioni di dollari, prezzo che all’epoca pareva conveniente (gli americani furono invece costretti a ripendere i lavori daccapo). Nel 1914 gli Usa firmarono con il Nicaragua un trattato ancora valido che permette solo a loro di scavare un eventuale passaggio tra il lago e il mare.

In ragione della posizione geografica, il nuovo canale del Nicaragua consentirebbe alle navi in transito fra Cina e America di risparmiare almeno un giorno di viaggio. I panamensi non hanno però di che preoccuparsi: l’entità degli scambi fra Estremo Oriente e Nord America è tale che vi sarebbe senz’altro spazio per due Canali: di cento navi in arrivo nelle Americhe, adesso appena sette attraversano il Canale di Panamá.