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 2009  luglio 27 Lunedì calendario

Le imprese a caccia di venditori e telefonisti- Il «rimetti a noi i nostri debiti» di evangelica memoria, può essere un eccellente mestiere, in tempi cupi come quelli che la nostra economia attraversa

Le imprese a caccia di venditori e telefonisti- Il «rimetti a noi i nostri debiti» di evangelica memoria, può essere un eccellente mestiere, in tempi cupi come quelli che la nostra economia attraversa. E così l’Isfol (l’istituto del ministero del Lavoro che si occupa della formazione dei lavoratori) che annualmente censisce le professioni più richieste tramite le inserzioni sui giornali, scopre quest’anno il grande boom dell’«addetto al recupero dei crediti». Lo scorso anno, questo lavoro ingrato di sollecitare i pagamenti, era al 34° posto tra le figure professisonali più richieste, mentre quest’anno è balzato al 4° posto. Far pagare, paga, è il caso di dire. E’ interessante notare - dalla rilevazione dell’Isfol - che tra i 20 profili più richiesti, nove riguardano il commercio in senso stretto, con il ruolo di «venditore» al primo posto in assoluto, come è ormai da trent’anni. L’idea che questa classifica suggerisce, è che il mercato ha bisogno di soggetti capaci di far ripartire la domanda interna come volano per una ripresa più generale. Questa è, peraltro, la tesi che da anni sostiene Confcommercio. In forte recupero sono anche le professioni del comparto assicurativo e finanziario, con l’agente monomandatario al 6° posto e il promoter al 14°. Restano invece in media classifica gli inquadramenti tipici del turn over come, per esempio, quello dell’impiegato (una volta si diceva ”di concetto”), del tecnico ma anche del manager. Un segnale, questo, di un forte avvicendamento dovuto, con ogni probabilità, ai prepensionamenti a cui molte aziende hanno fatto ricorso. Appartiene, invece, alla sfera dei misteri gloriosi, l’apparizione in alta classifica (20° posto) del lavoro di arredatore. Nel 2007 la stessa professione era piazzata al 154° gradino, l’anno ancora prima al 126°, poi - di botto - nel 2008 c’è stata l’impennata. In numeri assoluti, nel 2007 le inserzioni sui giornali per arredatore erano state 74, l’anno ancora precedente 106, nel 2008 sono schizzate a 424. Un altro dato rilevante, segnala l’Isfol, «è quello relativo alla ricerca dell’operatore call center, figura professionale considerata quale paradigma di occupazione "precaria". Si è infatti registrato uno sviluppo significativo negli ultimi anni grazie alla diffusione, nelle aziende, degli approcci basati sulla soddisfazione del cliente (customer satisfaction) e del contemporaneo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Ict). A partire dal 2000 tale occupazione ha conosciuto un’ascesa praticamente continua fino a sfiorare, nel 2005, le 20 mila offerte mentre nel 2006 le richieste scendono a poco più di 4mila (4.897), nel 2007 e nel 2008 diminuiscono ulteriormente (2.229 nel 2007, solo 353 nel 2008 e 22esima posizione nel Barometro)». L’Isfol - come si accennava - classifica solo le professioni richieste attraverso inserzioni sui giornali, quelle, dunque, per cui un’azienda è disposta ad investire (e quindi, si presume, relativamente difficili da trovare sul mercato). Ora, però, la crisi ha infierito anche qui, e il numero delle inserzioni «a modulo» è crollato da un anno all’altro del 15,3%. Le aziende investono molto meno nella ricerca del personale e i giornali patiscono anche questo restringimento del mercato pubblicitario. «L’andamento degli annunci su carta stampata - dice la rilevazione Isfol - ha registrato un calo nel 2008, e questo per una duplice motivazione. Da una parte l’influenza delle nuove tecnologie utilizzate (Internet), dall’altra la razionalizzazione dei costi nelle aziende in tempi di crisi. Non bisogna, infatti, dimenticare che le inserzioni sono un mezzo di ricerca del lavoro molto costoso». Ma la rilevazione delle ricerche di personale sui giornali non è solo una operazione statistica, i ricercatori dell’Istituto - infatti - hanno appurato la corrispondenza tra questo fenomeno e la crescita a breve del Pil. Si affaccia quindi anche in Italia un fattore riscontrato nell’economia Usa, e cioè una certa ciclicità del mercato del lavoro rispetto alla ricchezza prodotta. Detta brutalmente: se non ci sono i soldi non si lavora, e non c’è ammortizzatore sociale che tenga.