Giulia Zonca, La stampa 28/7/2009, 28 luglio 2009
I 5 SENSI DEL MOSTRO
Quando esce allo scoperto inizia la gara. Federica Pellegrini immagina la scena alla vigilia della competizione e nel momento in cui sbuca dal corridoio che porta alla piscina il mostro è già in azione.
VISTA
Il dito davanti agli occhi e il segno che tutto quello che c’è intorno deve passare sullo sfondo, al centro resta lei. Il secondo di raccoglimento precede il cambio di colore. Si cala gli occhialini il mondo diventa blu, come il suo elemento naturale. Il modello è identico, cambia il cordino di plastica che lega sopra la cuffia. Nei 400 metri ha scelto il giallo per le batterie e l’azzurro per il record. Il mostro in acqua aziona la vista laterale, non ha più il quadro d’insieme ma percepisce la posizione delle rivali e intuisce i ritorni. Ormai da molto non assiste a sorpassi. Dopo il tocco della vittoria il primo sguardo è al cronometro, poi al fidanzato Luca Marin, seduto fra gli atleti e al tecnico Alberto Castagnetti: un’occhiata in cerca di approvazione.
UDITO
Mentre lo speaker urla il suo nome, lei ha ancora nelle orecchie l’ultima canzone ascoltata in camera di chiamata. Domenica era «Disturbia» di Rihanna, ma non c’è un brano preciso, solo una playlist per ogni competizione. il caso a decidere quali note daranno l’ultima carica. Il pubblico arriva solo dopo, al boato che segue l’annuncio della sua corsia. Poi è il «Take your mark» con cui il giudice chiama la partenza e intorno è il silenzio più totale. Dentro, nella sua testa, rimbombano le parole chiave, quelle che lo psicologo le ha insegnato per combattere la paura e dopo il tuffo, l’apnea. Il rumore torna solo dopo, quando si è divorata le avversarie, ma lì il volume si alza tanto da distrarla. Finita la concentrazione totale, i suoni la invadono e la stordiscono.
OLFATTO
Annusa le rivali, quasi sempre sa quando è solo lei che può perdere e quando invece qualcuno può darle fastidio davvero. L’ultima è stata Laure Manaudou, presente al momento della consacrazione sui 400 metri. Era tra il pubblico, è arrivata dopo la gara di Federica, giusto in tempo per la staffetta 4X100 dove nuotava il suo ultimo amore, Bousquet, ma non è riuscita a risparmiarsi il momento del podio. Percepire l’avversaria è indispensabile per l’azzurra, fa parte della preparazione mentale. Solo che in assenza di competizione reale, il mostro si inventa i fantasmi e «la mia rivale divento io, la mia testa matta, capace di tutto».
GUSTO
Il sapore del chewingum che svanisce piano piano nell’attesa. Lo sputa solo quando scatta l’ora x ed è il primo segnale della battaglia che inizia. Dietro i blocchi deglutisce perché la gola si secca e l’ansia avanza, parte proprio da quella sensazione di arsura e quando non riesce a domarla scatta il panico e le manca l’aria. La liberazione arriva solo con la sorsata d’acqua a giochi fatti e lì tutto è finito. Lei ha ancora il fiatone, beve e assapora quell’attimo di gloria solitaria: faccia a faccia con il suo tempo.
TATTO
Si batte il petto prima di salire sui blocchi. Un colpo secco con la mano a pugno ed è come se schiacciasse un pulsante, si accende il meccanismo che ha studiato in chilometri di allenamento. Si tira pacche alle cosce per distendere i muscoli e manate sulle braccia in attesa dello start. Il contatto con l’acqua è già a velocità massima e il ritmo delle bracciate aumenta, fino a che la mano tesa trova il bordo vasca per fermare il tempo. In questo Mondiale dopo l’acqua e il cemento che tocca per issarsi fuori dalla piscina c’è il morbido, la coccola dell’asciugamano. Un enorme spugna bianca che si avvolge al collo. E il mostro si trasforma in diva mentre abbandona l’arena a piedi nudi.