Giovanni Parente la Repubblica 28/7/2009, 28 luglio 2009
MEZZOGIORNO COME IL BANCOMAT E I FONDI DEL FAS SONO GIA’ FINITI
Rapporto Nens: 54 miliardi spariti tra Cig, rifiuti e ferrovie
Il Fondo per le aree sottoutilizzate smontato pezzo per pezzo e destinato ad altri scopi
Difficile raccogliere 18 miliardi, come vuole il premier, se non pescando tra le risorse regionali
ROMA - Cabina di regia, risorse destinate alle infrastrutture e finanziamento di grandi progetti. Tre paletti lungo i quali dovrebbe prendere forma il piano Sud voluto in prima persona dal Presidente del Consiglio per rispondere alla spinta dell´area meridionalista della sua maggioranza. Le ipotesi circolate sono di una cifra intorno ai 18 miliardi di euro fino al 2013. Ma bisognerà fare i conti con quanto è effettivamente rimasto. A cominciare dal Fas, il fondo per le aree sottoutilizzate per il periodo 2007-2013. Perché come rivela uno studio targato Nens - l´associazione fondata da Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco - di soldi ce ne sarebbero ben pochi per quanto riguarda la parte nazionale, ossia quella a disposizione del governo. Una cifra che il curatore dell´analisi, il deputato bergamasco del Pd Antonio Misiani, ha aggiornato a un valore tra 3,2 e 5,2 miliardi di euro.
Per ricostruire come ci si arrivi, bisogna partire dall´aggiornamento della dotazione effettuata dal Cipe nel dicembre scorso. Complessivamente tutto il Fas era pari a 54 miliardi: 27 destinati ai programmi regionali e interregionali (di cui 5,2 al Centro-Nord e 21,8 al Mezzogiorno), 25,4 per la quota nazionale (da destinare all´85% al Sud) e 1,6 per altri interventi. Dal nazionale vanno sottratti i prelievi. Per Misiani, infatti, il fondo è stato utilizzato come un bancomat dal governo per spese previste dai diversi provvedimenti varati: 12,4 sono andati al fondo infrastrutture, 4 per il fondo ammortizzatori sociali, 9 a quello per l´economia reale gestito da Palazzo Chigi. In quest´ultima voce ci sono la parte destinata alla ricostruzione in Abruzzo (dai 2 ai 4 miliardi), un miliardo per il fondo di garanzia per le Pmi e circa 800 milioni per conti dormienti e emergenza rifiuti. Quindi, secondo Misiani un utilizzo «per la copertura di interventi a carattere nazionale: è da chiarire come questa finalizzazione possa essere conciliata con il vincolo di destinare l´85% dei fondi Fas al Mezzogiorno». E su quanto non ancora impegnato sono stati presentati progetti da sette ministeri per un ammontare complessivo di nove miliardi.
Rimane la parte per la programmazione regionale e interregionale: quella per i progetti che vengono dal "territorio". «L´ipotesi più verosimile - commenta Misiani - è che il governo metta le mani sui fondi regionali e interregionali, centralizzandone la gestione». Dai suoi calcoli, infatti, se si sottrae alla quota per il Sud la somma per "premiare" le regioni che hanno raggiunto determinati obiettivi di servizio, si arriva alla cifra dei 18 miliardi. Una preoccupazione manifestata anche dal vicepresidente dalla Calabria, Domenico Cersosimo: «Più segnali vanno in questa direzione, come ad esempio che non approvino i piani regionali».
Vasco Errani, presidente della conferenza delle Regioni, chiede un chiarimento: «Una cosa sono i fondi Fas nazionali, una cosa i fondi Fas regionali. Sui primi chiediamo di capire come siamo messi, visto che sono stati usati come un bancomat per la spesa corrente. Sui secondi c´era stata una riduzione di 1,3 miliardi di euro e c´è l´impegno del governo a reintegrare queste risorse». Del resto, come nota Luca Bianchi dello Svimez, lo scenario di fondo è che al Sud «le risorse si stanno riducendo in maniera drastica e c´è un indebolimento delle politiche industriali».
Ambienti vicini al ministro dei Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, fanno notare come il piano per il Mezzogiorno debba essere letto in un quadro più ampio e sia da ricondurre a una «mappa di risorse» dagli stanziamenti già decisi dal Cipe al Fas, senza dimenticare fondi europei, ordinari e misure cofinanziate. L´idea di massima è di lavorare sul coordinamento e indirizzare le risorse non sulla spesa corrente ma sugli investimenti e le infrastrutture.