Alberto Alesina, ཿIl Sole-24 Ore 28/7/2009;, 28 luglio 2009
IL DOTTOR HOUSE E IL CASO SANIT USA
Il Presidente Obama si è impegnato a riformare in fretta il sistema sanitario americano. Ma in un modo che rischia di diventare un fallimento ancor più grave di quello di Hillary Clinton nel 1994, quando l’allora moglie del neoeletto presidente predispose dopo mesi di lavoro una riforma radicale che poi fallì clamorosamente al Congresso. Non solo, ma la riforma Obama potrebbe essere il colpo di grazia della finanza pubblica americana già sotto enorme stress a causa della crisi.
Che il sistema sanitario americano vada riformato non c’è dubbio. I costi della sanità sono altissimi e circa 45 milioni di americani non sono assicurati. Chi sono? Non sono i più poveri, i quali sono protetti da un sistema pubblico che si chiama Medicaid. Non sono gli anziani, ricchi o poveri che siano, che sono ben protetti (perfino troppo perché sono un gruppo di elettori cruciali) da un altro sistema pubblico, Medicare, una vera emorragia di risorse. I non assicurati sono coloro che non sono abbastanza anziani per Medicare, non sono abbastanza poveri per Medicaid, e lavorano in imprese che non offrono l’assicurazione sanitaria e scelgono di non assicurarsi da soli, dati i costi. Le imprese che non offrono l’assicurazione sanitaria sono in genere quelle piccole. E poi vi sono i lavoratori autonomi. Particolarmente problematico diventa quindi perdere il posto di lavoro perché in molti casi con esso se ne va l’assicurazione sanitaria.
Il problema è estremamente complesso e, in termini molto generali, vi sono due tipi di possibili soluzioni. Una è quella di lasciare i cardini del sistema immutati ma di dare sussidi a quella parte dei 45 milioni di americani che non si può permettere l’assicurazione sanitaria privata rendendola invece obbligatoria. A ciò vanno aggiunti dei meccanismi per evitare che l’assicurazione sparisca nei momenti di trasferimento da un posto di lavoro all’altro e delle riforme tecniche di controllo che impediscano ai costi delle assicurazioni di esplodere.
Con una legge statale il Massachusetts per esempio lo ha fatto, ha reso l’assicurazione sanitaria (fornita da assicurazioni private) obbligatoria e ha dato sussidi a chi è sotto una certa soglia di reddito. Ora tutti sono assicurati in questo Stato. Il secondo tipo di riforma è quello di passare essenzialmente a un sistema di assicurazione pubblica stile europeo ed è quello che propone Obama in un progetto di riforma lungo 1.018 pagine. Ciò implica il probabile fallimento di molte società di assicurazione privata, che non potrebbero competere con quella pubblica, una totale rivoluzione del sistema e costi enormi per lo Stato. Obama sostiene che il suo piano farebbe risparmiare, ma Doug Elmendorf, il nuovo giovane direttore del Congressional Budget Office, un organo indipendente e bipartisan, ha testimoniato al Congresso che secondo lui non vi sarebbero risparmi con il piano Obama, anzi i costi per lo Stato si moltiplicherebbero perché quest’ultimo si assumerebbe compiti finora svolti dalle assicurazioni private. Elmendorf (un dottorato relativamente recente del mio dipartimento ad Harvard) è un ex collaboratore di Larry Summers, il consigliere economico di Obama, ed è di simpatie democratiche, quindi non è affatto un "nemico giurato" dell’amministrazione, anzi. Il Congressional Budget Office prevede che anche in base a ipotesi ottimistiche, il deficit americano potrebbe essere ancora del 7% del Pil nel 2020. Non una bella prospettiva. Per far fronte alle spese del suo piano Obama propone una sfilza di aumenti di imposte per le classi più abbienti che potrebbero interferire con la velocità della ripresa.
Una buona parte del partito democratico stesso è molto proccupata della spesa che la riforma Obama prevederebbe, e preferirebbe un approccio più realistico ma forse altrettanto efficace se ben disegnato, e basato su sussidi, cioè una riforma del primo tipo. Invece Obama, almeno fino a qualche giorno fa, premeva a testa bassa per un’approvazione rapidissima del suo piano, tra l’altro ancora non ben concepito e capito dai più. Ci vuole un po’ di tempo a digerire 1.018 pagine di nuove leggi! Obama fa benissimo a cogliere il momento della crisi per sfruttare energie politiche che potrebbero sostenere riforme importanti, una lezione che il nostro governo dovrebbe recepire.
Ma il presidente americano sbaglia a buttarsi a testa bassa cocciutamente su una riforma che parte con il piede sbagliato. E infatti sta scontrandosi con una forte opposizione anche all’interno del suo partito. Se poi i repubblicani al Congresso riuscissero a rallentare la foga di Obama gli farebbero un grosso regalo. Obama sta rischiando di fare un errore che potrebbe costare molto caro a lui e agli Stati Uniti.