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 2009  luglio 27 Lunedì calendario

LA PALLA E’ NEL CAMPO DELL’IRAN E L’OCCIDENTE PER ORA STIA A GUARDARE

Che cosa sta accadendo in Iran? In apparenza, il Paese è tornato alla normalità. Le manifestazioni di piazza si sono diradate e i cortei sono stati rapidamente dispersi. Ma sotto la calma, si registra un’intensa atti­vità e si scorge la nascita di un’opposizione politica. La scorsa settimana, Mir Hossein Mousavi, il candidato uscito ufficialmente sconfitto dalle elezioni di giugno, ha annun­ciato la sua intenzione di creare «un movi­mento sociale su vasta scala» in opposizio­ne al governo, per reclamare un sistema po­litico più aperto. Mohammad Khatami, l’ex presidente riformista, ha chiesto un refe­rendum sul governo. Un altro potente ex presidente, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ha criticato il modo in cui il governo ha ge­stito le elezioni e la «crisi» postelettorale. Tutti e tre esigono la liberazione dei politici e dei giornalisti imprigionati nel corso del­l’ultimo mese, tuttora trattenuti senza al­cun capo di imputazione. Non si tratta per­ciò di dissidenti che protestano nel vuoto, bensì di figure politiche di spicco che sono state all’apice del potere per gran parte del­l’esistenza della Repubblica islamica.
Più sorprendente è parsa la rivolta dei re­ligiosi. L’Iran ha solo una ventina di grandi ayatollah, il massimo grado del clero sciita. Pochi hanno appoggiato pubblicamente il presidente Mahmoud Ahmadinejad. Allo stesso tempo, secondo il prezioso sito Tehe­ran Bureau, sei grandi ayatollah hanno criti­cato apertamente il regime. Gli interventi del clero iraniano sottolineano uno sposta­mento di potere in Iran, dai vertici religiosi verso quelli militari. Ahmadinejad incarna questo mutamento, in quanto laico ed ex combattente della guerra Iran-Iraq che van­ta stretti contatti con le Guardie Rivoluzio­narie, il corpo militare parallelo creato dal­l’ayatollah Khomeini perché non si fidava delle gerarchie militari dello Scià. Durante il suo mandato, Ahmadinejad ha stornato finanziamenti statali dalle fondazioni reli­giose, gestite dal clero, a favore delle forze armate e delle Guardie Rivoluzionarie. (..) Il panico diffuso in America e in Israele dalla minaccia dei mullah dell’apocalisse, che brandiscono bombe atomiche, rischia di offuscare come stanno realmente le cose in Iran, e cioè che i mullah non aspirano af­fatto alla catastrofe universale e che comun­que, nel corso dei decenni, hanno visto di­minuire di molto la loro influenza. Si po­trebbe dire che la Repubblica islamica del­­l’Iran stia perdendo la caratteristica base re­ligiosa del potere per trasformarsi in una delle tante dittature mediorientali, se non fosse per il fatto che oggi essa vede nascere un movimento di opposizione che non ac­cetta più di tacere e di farsi da parte.
Che cosa significa questa turbolenza per Washington e per il resto del mondo che si trova alle prese con l’Iran? Indubbiamente, è impensabile in questo momento avviare negoziati con Teheran. Qualunque contatto con Ahmadinejad rischia di conferire legit­timità a un regime che l’ha già persa in pa­tria. La strategia migliore è quella di non fa­re niente. A questo ha accennato Hillary Clinton, nel rinviare la questione dei nego­ziati con l’Iran. La palla, comunque, è nel campo di Teheran. In aprile, l’Occidente ha presentato all’Iran un’offerta seria e genero­sa di trattative. Oggi tocca a Khamenei e ad Ahmadinejad rispondere, visto che si di­chiarano pronti a farlo. Alcuni sostengono che questa strategia consente all’Iran di avvicinarsi sempre di più alla bomba atomica. Tuttavia, il modo migliore per sventare la minaccia è ricorre­re alla deterrenza e al contenimento, una politica che ha dato buoni risultati con Sta­lin e Mao e oggi anche con la Corea del Nord, un regime di gran lunga più bizzarro e instabile. Di nuovo, il segretario di Stato Hillary Clinton ha tratteggiato correttamen­te questa linea politica la settimana scorsa. (All’offerta di un ombrello nucleare, Israele ha criticato gli Stati Uniti, segno delle pessi­me relazioni che al momento intercorrono tra lo Stato ebraico e Washington). Il tempo non sta dalla parte dell’attuale regime ira­niano. Malgrado la confusione, abbiamo ot­tenuto una risposta chiara a una domanda cruciale. Ci siamo sempre chiesti, esistono i moderati in Iran? Ebbene, si direbbe pro­prio di sì, e sono milioni.