Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 27 Lunedì calendario

HILLARY ALL’IRAN: LA BOMBA MAI

Segretario di Stato Clinton, la sua dichiarazione dei giorni scorsi sull’«ombrello difensivo» da costruire con gli alleati del Golfo Persico in funzione anti-Teheran ha sorpreso molti.
«Vogliamo che l’Iran rifletta su un punto importante: se gli Stati Uniti aprono un ombrello difensivo sulla regione, difficilmente l’Iran sarà più forte o più sicuro, perché non potrà minacciare o dominare come pensa di poter fare una volta costruita la bomba atomica. I loro sforzi sono inutili».
Lei sta dicendo ai Paesi arabi che un attacco a loro è come un attacco agli Stati Uniti, dai quali partirebbe un’immediata ritorsione?
«E’ chiaro che stiamo cercando di contrastare i calcoli del regime iraniano. Il nostro messaggio a chi prende le decisioni in Iran è questo: se pensate di ottenere l’arma atomica per intimidire e proiettare la vostra potenza non ve lo lasceremo fare. Riteniamo inaccettabile che Teheran abbia l’atomica e non lo permetteremo, a qualunque costo».
Entriamo nei dettagli. Allude a un ombrello nucleare?
«Non intendo entrare nei dettagli, perché questi arriverebbero in un secondo tempo, ammesso che ce ne sia bisogno. La nostra speranza è che l’Iran capisca che è nel suo interesse assecondare la comunità internazionale, che dice in maniera molto chiara che diritti e responsabilità vanno di pari passo. Tutti hanno il diritto a un uso pacifico del nucleare, non alla bomba atomica».
Lei ritiene illegittimo il nuovo governo iraniano?
«Ogni valutazione sulla legittimità del regime iraniano spetta al popolo iraniano. Le sue grida di libertà mi hanno commosso. Gente con una cultura e una storia così grandi merita di meglio di quello che ha adesso».
Una delle grandi sfide è impedire a Israele di agire per primo. Se gli israeliani penseranno di trovarsi in una situazione di vita o di morte, colpiranno l’Iran per rendere inoffensivi i suoi siti nucleari. E il vicepresidente Usa Biden ha detto che non è possibile imporre a un altro Stato sovrano quello che può o non può fare.
«Il vicepresidente ha sottolineato un dato di fatto: Israele è uno Stato sovrano e non ascolterà altri se si sentirà in pericolo di vita. Noi però continuiamo a credere negli sforzi diplomatici e contemporaneamente, con le nostre azioni, diciamo a Israele: ”Gli Stati Uniti sono con voi, e con il vostro diritto alla sicurezza”».
L’Iran è un regime illegittimo?
«Tocca agli iraniani scegliere, noi non entriamo nelle dinamiche interne alla società. Credo però che un popolo con una cultura e una storia come la loro si meriti di più di quello che ha adesso».
Passiamo all’Afghanistan. Per il presidente Obama, è una guerra per necessità o è diventata una guerra per scelta?
«Ritengo che il Presidente sia stato molto chiaro - in campagna elettorale come alla Casa Bianca - nel dire che la linea politica seguita in Afghanistan non ha funzionato. Sappiamo che la minaccia agli Stati Uniti non è stata smantellata, chi ha complottato contro di noi e ha portato a termine gli attacchi dell’11 settembre non è ancora stato portato davanti alla giustizia, né ucciso o catturato. Così l’obiettivo del presidente è smantellare, distruggere e alla fine sconfiggere Al Qaeda».
Intende dire che è tutto concentrato sulla lotta ai taleban? Vorrei che rispondesse all’editorialista Thomas Friedman, che ha scritto: «Siamo andati in Afghanistan per distruggere Al Qaeda e adesso ci troviamo invischiati in una lunga guerra con i taleban. E’ questo un buon uso della forza americana?».
«Abbiamo avuto una radicale revisione strategica, perché Al Qaeda sta utilizzando i suoi alleati estremisti, compresi i taleban, per estendere il suo raggio d’azione nel mondo. Così, per sradicare e distruggere questa rete del terrore, dobbiamo sfidare coloro che offrono ad Al Qaeda un porto sicuro. Come sapete, il confine tra Afghanistan e Pakistan è permeabile, continuamente attraversato da una parte all’altra. La nostra nuova strategia, appoggiata da un alto numero di Paesi - alcuni dei quali sono in disaccordo con noi su molti altri temi - è concentrata sul nostro obiettivo primario. Dall’Iraq abbiamo imparato una durissima lezione: perché l’intervento militare sia efficace, occorre migliorare la capacità della comunità locale di difendersi da sola. Questa è la nuova strategia. Ma è appena cominciata».
Lei pensa che i taleban sentano la vostra pressione?
«Sì, e credo che questa sia nell’interesse nazionale americano. Abbiamo l’esercito più straordinario del mondo, con vertici perfettamente allineati con i nostri obiettivi. Spero che vedremo presto i benefici della loro azione e del loro sacrificio in vite umane».
Passiamo all’Iraq. Siete soddisfatti del bilancio di questi primi sei mesi di nuova amministrazione alla Casa Bianca?
«Abbiamo cominciato a mettere in pratica il nostro impegno a ritirarci e così adesso, quando incontriamo il primo ministro Maliki e il suo governo, parliamo di istruzione e di agricoltura».
Parliamo di un’altra regione difficile, la Russia. E della frase pronunciata dal presidente Obama: «Dobbiamo fare un ”reset” dei nostri rapporti con Mosca».
«Sì, questo ha detto il Presidente poco dopo il suo ingresso alla Casa Bianca. Sappiamo che non è un compito facile. Richiede tempo e fiducia. Noi vogliamo una Russia forte, pacifica e prospera. Stiamo lavorando insieme per ridurre i reciproci arsenali atomici, assicurarci che il materiale fissile non cada nelle mani sbagliate, combattere la minaccia dell’estremismo violento. Ma diciamo anche chiaramente a Mosca che rifiutiamo la sua politica di ricostruire una sfera di influenza nell’Europa dell’Est. I Paesi che facevano parte dell’Unione Sovietica hanno il diritto di scegliersi gli alleati che vogliono, Nato compresa. I russi sanno che noi mettiamo in discussione alcune loro politiche, così come loro mettono in discussione alcune delle nostre».

Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Stampa, cliccare sulle e-m