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 2009  luglio 27 Lunedì calendario

IL TESORO DELL’INAIL


Una disponibilità finanziaria immensa, oltre 13 miliardi di euro, che scatena famelici appetiti. E una base per un nuovo welfare

Ammonta a 13 miliardi e 236 milioni la disponibilità di cassa dell’Inail prevista per il 2009, una cifra equivalente a una Finanziaria. Un vero e proprio tesoro, la cui entità è cresciuta di tre volte negli ultimi anni, dai 4 miliardi del 2002 ai 14,6 del 2008, sino alla previsione di oltre 13 miliardi per quest’anno (vedere l’inchiesta a pagina 49). Il dato, contenuto nel bilancio previsionale dell’istituto approvato dal presidente-commissario straordinario, Marco Fabio Sartori, è impressionante e sta suscitando gli appetiti più o meno famelici di molti. Colpisce poi anche il fatto che il tesoro dell’Inail è depositato praticamente per intero presso un conto infruttifero presso la Tesoreria centrale dello Stato. La somma è il risultato della totalità delle giacenze esistenti a fine anno presso tutti i conti correnti aperti dall’istituto, che vengono alimentate anno per anno dalla differenza fra tutte le riscossioni e tutti i pagamenti effettuati. L’istituto nasce nel 1933 come Cassa infortuni, ribattezzata poi con l’acronimo di Inail, Istituto nazionale assicurazione sul lavoro. Risale invece alla legge 80 del 1898 il merito di avere introdotto per la prima volta in Italia l’obbligatorietà dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Dalla sua fondazione, l’Inail ha subito profondi cambiamenti, in accompagnamento all’evoluzione tecnica e alla diversa importanza dei settori produttivi, ma statutariamente conserva il compito di una compagnia di assicurazioni, che deve erogare assistenza, indennizzi, risarcimenti e, se possibile, fare anche molta prevenzione. Certo la cifra del tesoro dell’Inail suscita soddisfazione ma anche sconcerto. Soddisfazione per una disponibilità di cassa che è il risultato di un calo dei pagamenti rispetto alle entrate, in parte segnale della riduzione degli infortuni da risarcire. Sconcerto perché le cause in corso potrebbero ridurre il tesoro, ma soprattutto perché questa somma, o almeno una sua parte, potrebbe essere investita con maggiore efficacia nell’opera di prevenzione, educazione, formazione sui rischi lavorativi e, forse anche, per un nuovo modello di ammortizzatori e di welfare, la cui riforma non si fa perché mancano le risorse. Una domanda a questo punto: non è il caso di pensare di rafforzare il welfare attivo, che si basa su una nuova cultura della previdenza? Come? Il dibattito è aperto.