Stefano Vastano, L’espresso, 30 luglio, pag. 76, 26 luglio 2009
STEFANO VASTANO PER L’ESPRESSO 30
luglio 2009. Angela Regina di Berlino.
Regina Angela. Così la chiamano ormai i tedeschi. Popolarità, prestigio interno e internazionale, serietà, carisma. Tutto questo rappresenta oggi Angela "Angie" Merkel, 55 anni, la cancelliera di Berlino. E’ bastata la sua faccia sui manifesti con lo slogan "Noi l’Europa", per fare raccogliere alla Cdu, il suo partito, il 38 per cento dei consensi. Il settimanale "Der Spiegel" l’ha ribattezzata "Deutsche Queen". Molti ora si chiedono: com’è possibile che l’ex ragazzina di Kohl, tanto scialba ai tempi del patriarca della Cdu, si sia tramutata in quattro anni nella sovrana di Berlino, tanto amata in patria quanto sul parquet internazionale? Che quello compiuto dalla Merkel sia un vero miracolo politico, non ci sono dubbi: nel settembre 2005 è stata eletta cancelliera per il rotto della cuffia, con il 35,2 per cento dei voti, una manciata in più rispetto a Gerhard Schroder. Oggi, invece, è il 74 per cento dei tedeschi a definirla una buona cancelliera, mentre oltre il 60 per cento di loro le riconfermerebbe subito il mandato. Non stupisce che per le legislative del 27 settembre la Cdu ripunterà tutto su Angela Merkel. Resta da spiegare dove sorga quell’amore genuino, come lo chiama Peter Schneider, che i tedeschi nutrono per la loro regina. Tanto più che sono i più giovani, in particolare le donne (il 72 per cento, secondo la rivista "Brigitte") a trovare "ideale" la Merkel. Una prima spiegazione è che, nonostante gli indubbi successi, la Kanzlerin è rimasta com ambedue i piedi per terra. Basta un’occhiata allo stile con cui ha arredato la cancelleria di Berlino per accorgersene. Schroder aveva trasformato il settimo piano del Kanzleramt in una Biennale d’arte. Sopra la scrivania della Merkel invece campeggia un piccolo ritratto (peraltro bruttino) del patriarca Adenauer. Per il resto lei non ha voluto in ufficio che un paio di poltrone e due divani bianchi. A differenza degli Schroder poi, che in cancelleria ci dormivano spesso, non è rimasta una notte nella centrale del potere. Con il professor Joachim Sauer, conosciuto ai tempi in cui era ricercatrice all’Adlershof, il parco-tecnologico dell’ex Rdt, e sposato solo nel 1998, la Merkel ha preso in affitto un appartamento a Berlin-Mitte, a dieci minuti dal Bundestag. Pure il nido di Angela e Joachim, la coppia più discreta di Germania, è arredato come se lei fosse la studentessa casinista che era a Lipsia: lo stereo, con la musica di Richard Wagner a tutto volume, e i libri gettati a pile per terra. Sono dettagli, certo, come gli altri tic spuntati con il potere: quando parla si gratta in continuazione la mano sinistra, e non sta dieci minuti senza inviare o leggere sms sul telefonino. Più rilevante è il fatto che, "quando discuti con lei, hai l’impressione che ti stia a sentire davvero", racconta il poeta Durs Grunbein, uno dei tanti intellettuali invitati a cena dalla "sovrana". Oltre alla virtù di ascoltare la gente, di conoscere non solo l’inglese, ma anche il russo (adora Tolstoj), sa perfino cucinare. "Mi rilassa tantissimo", ha detto in un talk show: zuppa di patate, involtini e la torta di prugne che piace tanto a Joachim sono le sue ricette preferite. Dei governanti di Berlino è lei a detenere dal 2005 il record di minori presenze televisive. Suo marito, durante un’intervista in occasione dei 60 anni della Repubblica, alla domanda: "Ama la cancelliera?", dopo un attimo di esitazione rispose: "Diciamo che ne sarei orgoglioso". Con un marito così, l’educazione scientifica e la tradizione protestante alle spalle, anche se lo volesse, spiega la piscoanalista Marie Waldhausen, "Angie non sarebbe mai vanitosa nè sexy per i tedeschi". La regina di Berlino, insomma, non è Obama: lei nutre una paura ancestrale delle masse, l’orrore dei bagni di folla. Ma ciò che più la caratterizza è il rifiuto di ogni capriola retorica. Se ne sono accorti, il 27 maggio scorso, gli studenti della Humboldt Universitat di Berlino, quando hanno ascoltato un suo appello all’Europa. Nel 2000, dallo stesso podio il carismatico Joschka Fischer, ex capo dei Verdi, li aveva elettrizzati sognando gli Stati Uniti d’Europa. La Merkel in 45 minuti ha raccolto un solo applauso, sostenendo che "non sono le visioni che contano, ma la politica dei piccoli passi". Lei la esercita dal 2005 e con successo. C’è chi sospetta che nel suo rigetto di ogni ideologia e dietro la paura delle parole ci sia il retaggio della Rdt. "Nella dittatura la cancelliera ha appreso presto a soppesare ogni sillaba", ha scritto il suo biografo Dirk Kurbjuweit. Eppure, di coraggio politico Angie ne ha da vendere. Ha sfidato l’ira cinese, invitando in cancelleria il Dalai Lama. Dopo l’invasione della Georgia ha subito protestato con Vladimir Putin (ex uomo del Kgb a Dresda). E lo stesso ha fatto oggi, chiedendo a Dmitri Medvedev di fare piena luce sull’omicidio di Natalya Esterimova. "Sui diritti umani", spiega Giovanni di Lorenzo, direttore del settimanale "Die Zeit", la cancelliera "tira fuori le unghie". Come quando, "in qualità di cancelliera e non per motivi teologici", precisò la Merkel, bacchettò persino il papa tedesco per le furie negazioniste di oscuri prelati. Vent’anni fa, quando, grazie a Kohl, era ministro dell’Ambiente, temeva i premier regionali della Cdu. Ma dopo aver fatto fuori prima Kohl e poi il suo successore Wolfgang Schauble, oggi Angie se la ride dei maschi prepotenti. "Sa benissimo", spiega il politologo Franz Walter, "che la Cdu è lei". E che grazie a lei, la Cdu è ora un partito liberale e progressista, quel centro moderato che tanto piace ai tedeschi. Non solo: adesso i vecchi conservatori si sentono spiazzati dalla cancellliera, come i verdi e gli ecologisti che, dal G8 di Heiligendamm, si vedono rubare l’esclusiva sull’ambiente. In politica Angie è entrata a 34 anni e, reclusa com’era dietro il Muro, non ha fatto il ’68, nè ha partecipato ai cortei contro il nucleare. Il suo rapporto con l’ecologia è razionale: "Noi tedeschi siamo i primi al mondo nel settore delle energie alternative e vogliamo restarlo in futuro", ha detto. Punto. Anche il suo femminismo è pragmatico, osserva Alice Schwarzer, la femminista più famosa di Germania, e l’unica a vantare con lei un’amicizia. Perchè la Merkel non ha vere amicizie, solo preferenze, come quella per la dottoressa Ursula von der Leyen che ha voluto a dirigere il ministero della Famiglia. E ancora: la Merkel non ha figli, ma ha a cuore il problema demografico della crescita zero in Germania. La democristiana von der Leyen di figli ne ha sette, e ha fatto il diavolo a quattro per la nuova legge che assicura 14 mesi di maternità alle mamme e ai papà, e offre ai neonati 250 mila nuovi posti negli asili nido. "Dagli asili all’università bisogna puntare tutto sulla cultura", è uno dei leit motiv della Merkel. Non è solo uno slogan. Insieme ad Annette Schavan, ministro della Cultura, ha varato la settimana scorsa un pacchetto da 18 miliardi da investire negli atenei entro il 2019. Ma la cancelliera è femminista ed ecologicamente convinta o piuttosto è una socialdemocratica soft? Lei stessa sostiene che, oggi come oggi, il partito puro non c’è. Al massimo ci sono correnti o tendenze nell’opinione pubblica: il compito del presidente è moderare. E la Merkel si vede appunto prorpio nei panni della moderatrice. Per questo non la si può catalogare, tanto più che la cancelliera è maestra in mutazioni repentine. Così, come Kanzlerin della Grobe Koalition ha ritoccato le riforme al welfare varate da Schroder, però dal prossimo 27 settembre il suo vice non sarà più l’attuale sfidante socialdemocratico Steinmeier, ma il pimpante (e omosessuale dichiarato) Guido Westerwelle, presidente dei liberali della Fdp. "A braccetto con lui traghetterò il paese fuori dalla sua crisi più grave", ha annunciato la Merkel. La crisi tedesca picchia duro. A maggio le esportazioni sono crollate del 28 per cento, come non mai nella storia della Repubblica. Le previsioni dicono che, dagli attuali 3,5 milioni, i disoccupati saliranno a 5 milioni. Eppure i tedeschi hanno fiducia nella loro "regina". Hanno approvato il piano di salvataggio della Opel e l’ombrello da 500 miliardi per le banche. Persino un fine economista come l’ex cancelliere Helmut Schmidt le ha fatto i complimenti: "Peccato solo che stia nel partito sbagliato", ha aggiunto. Un partito che, sotto lo scettro della "regina venuta dall’est", resterà al potere di Berlino ancora per i prossimi quattro anni.