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 2009  luglio 25 Sabato calendario

VA DI MODA SPARARE SUL PIANISTA GOLDMAN SACHS. MA SE LO MERITA?


Negli ultimi tempi a Wall Street e dintorni è fiorita un’autentica dietrologia su Goldman Sachs. La banca americana che mostra i migliori risultati sul campo, e che ha già ripagato i fondi Tarp ottenuti, è al centro di attacchi sempre più duri sul suo stile e sul suo operato, probabilmente non dovuti solo alla classica invidia per il primo della classe. A volte, soprattutto sui blog, fioriscono teorie e sospetti che sembrano addebitare alla banca ogni bolla speculativa e ogni irregolarità del mercato, come in un contestato articolo di Matt Taibbi sulla rivista Rolling Stone, o che analizzano il potente network di ex manager Goldman oggi in ruoli chiave nel settore pubblico. Tanto da far parlare di «Government Sachs». In parallelo fioriscono scherzi e leggende metropolitane, tipo quella che vede Goldman lanciare l’opa sul Tesoro Usa, o falsi memorandum interni che suggeriscono ai trader di Broad Street «di indossare la corona solo in ufficio». Altre volte, come sul tema degli accantonamenti per i bonus, il dibattito è di respiro pubblico e arriva persino a coinvolgere il presidente Obama, che ha criticato il settore bancario per aver mantenuto le prassi del passato in materia di gratifiche e ha proposto una legge che dia più potere ai cda delle società quotate. Il problema di Goldman, se esiste, non è quindi certo di risultati ma di immagine. E non a caso la banca, che evidentemente segue con attenzione il termometro dell’opinione pubblica e reagisce agli attacchi più duri, ha comunicato nei giorni scorsi di aver riacquistato per 1,1 miliardi di dollari, cifra superiore a quella pagata dai concorrenti, i warrants sottoscritti dal Tesoro all’epoca dell’erogazione dei 10 miliardi di dollari di fondi Tarp, sottolineando come fra dividendi pagati (318 milioni di dollari in otto mesi) sulle privilegiate concesse al Tesoro e riacquisto dei warrant il contribuente americano sui fondi prestati a Goldman ha conseguito un rendimento annuo del 23%. Altre banche (come JP Morgan) devono ancora accordarsi sul prezzo.

Dopo l’ultima trimestrale, che ha visto i profitti crescere del 65% a 3,4 miliardi di dollari a fronte di una crescita del 46% dei ricavi a 13, 8 miliardi di dollari, è scoppiata la polemica sull’ammontare dei fondi destinati ai futuri bonus per dirigenti e dipendenti, dato che la banca ha accantonato 6,6 miliardi di dollari a questo scopo nell’ultimo trimestre. E non è facile, anche in termini di immagine, gestire attacchi come quello del Nobel Paul Krugman che nei giorni scorsi, in un editoriale sul New York Times, ha sostenuto che «quel che è buono per Goldman, è negativo per l’America» con riferimento al fatto «che non sono scomparse le cattive abitudini, soprattutto il sistema di compensi che ha contribuito a causare la crisi finanziaria». Ed ecco che dalla storica banca viene, in modo informale ma deciso, una chiara difesa dagli attacchi subiti. « il Tesoro ad aver chiesto a noi ed altre banche di prendere denaro dal fondo Tarp, e noi abbiamo fatto quanto ci veniva richiesto» si dice ai piani alti della banca, smentendo l’idea corrente che la banca abbia finanziato con denaro pubblico la ripresa e i profitti record. E anche sull’eccessivo rischio dell’attività di Goldman, la difesa è chiara: «Nell’ultimo trimestre il nostro indebitamento è calato, e con quello anche il saldo dei nostri attivi. Semmai siamo abbastanza bravi a gestire il rischio. Ma trovate un’altra banca che a fine trimestre avesse 171 miliardi di liquidità e abbia aumentato i margini di profitto». La banca sguaina la spada anche sui bonus, «in un settore competitivo la gente va pagata. Anche noi saremmo favorevoli a salari più bassi e bonus sempre più legati alla performance». Nel frattempo, la banca guidata da Lloyd Blankfein respinge l’accusa di giocare con i propri capitali come un hedge fund.

L’ultima polemica in ordine di tempo, sicuramente più ristretta agli addetti ai lavori, è anche quella più circondata da mistero. Riguarda il ruolo di Goldman Sachs nell’high frequency trading, cioè gli scambi in borsa fatti a velocità supersonica che sembrano dominare sui mercati in questi mesi e che permettono di creare algoritmi in grado di eseguire (e cancellare) milioni di ordini di acquisto e vendita di titoli nello spazio di nanosecondi, individuando i trend di mercato assai prima dei normali investitori. Associazioni come la Gata, creata dieci anni fa soprattutto come gruppo d’azione contro i «cartelli» nel mercato dell’oro, hanno denunciato alla Sec il ruolo della stessa Goldman e del suo software di gestione del trading per una presunta «manipolazione dei mercati». Il New York Times ha scritto nei giorni scorsi che uno dei motivi del successo recente di Goldman Sachs sta proprio nella capacità «di fare tanti soldi in così poco tempo dopo che il sistema finanziario ha sfiorato il crollo». Recentemente è stato arrestato un ex programmatore di Goldman che aveva copiato parte del software riservato della banca. Un software che, secondo un pubblico ministero, potrebbe «manipolare i mercati in modo scorretto».