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 2009  luglio 24 Venerdì calendario

CHE TRISTEZZA, TANTE BATTAGLIE PER VEDERE LE DONNE RIDOTTE COSI’"


Ha trent´anni ed è l´attrice più premiata e richiesta
L´infanzia in campagna col papà apicoltore gli studi di medicina lasciati per il cinema. Una timida di successo si racconta...
Il mio cognome significa ”custode dell´acquedotto´, ma per prendermi in giro mi chiamano Rottweiler. Ci rido su, ma non lo cambierò mai
So di essere molto diversa da certi modelli che circolano. Non do peso al mio aspetto, sto bene con me stessa. Per me naturalezza è anche bellezza

ROMA
La giovane attrice più contesa e premiata del momento è una figurina sottile, pelle chiarissima, occhi azzurri trasparenti, una creatura che sembra uscita da una favola nordica. Alba Caterina Rohrwacher ha trent´anni e sembra una bambina, eppure sullo schermo ha portato l´inquietudine e il disagio mentale, la passione che esplode (arrossisce quando spiega che Silvio Soldini nel film Cosa voglio di più, in cui è l´amante di Pierfrancesco Favino «l´ha voluto più donna»). Nel colorato quartiere di San Lorenzo «è come un paese» la ragazza di campagna che ha conquistato il cinema si sente a casa «perché sono tutti gentili, ma non mi dicono niente». La riservatezza come stile di vita, una timidezza che non è posa; ma sembra felice dell´attenzione della signora della lavanderia, che «dopo aver visto in tv Mio fratello è figlio unico mi ha detto: "Sei quella del film!"». in corsa per la Mostra di Venezia con due film Io sono l´amore di Luca Guadagnino, in cui interpreta la figlia di Tilda Swinton; è una contadina nell´Uomo che verrà di Giorgio Diritti sulla strage del 29 settembre 1944 a Marzabotto in cui persero la vita 780 civili per mano delle SS.
Alba, che significa Rohrwacher, il suo cognome?
«Colui che guarda l´acquedotto, se vogliamo essere più poetiche, il custode dell´acquedotto. Papà è tedesco, di Amburgo, alto e biondo, ho i suoi colori. Mamma è umbra, e minuta, come me».
Ha vissuto tanti anni in campagna ora la rimpiangerà.
«Sì, stando in città ho imparato ad apprezzarla. Papà amava la natura e ha fatto l´apicoltore, con mia sorella abbiamo vissuto isolate. La campagna non mi piaceva, ci mettevo più di un´ora per raggiungere il liceo classico a Orvieto. Andare via era una sfida».
Le ha insegnato a fare l´apicoltrice?
«Sì. Le api non mi piacciono, le punture mi fanno paura. Ma le api stanno morendo per l´inquinamento, sono la cartina di tornasole della salute del pianeta. Non ho mai pensato di passare la vita in campagna, i miei mi hanno concesso di credere in un sogno. Così mi sono iscritta a Medicina a Firenze, fare il medico resta il mestiere più bello del mondo».
Ma ha fatto l´attrice: il passo non è breve.
«Mentre studiavo frequentavo corsi di teatro, il cinema era la mia passione e ho fatto il grande passo: sono venuta a Roma e mi sono iscritta al Centro Sperimentale, tre anni di studio fondamentali. Tutti ragazzi con una grande passione per questo lavoro, pronti a sacrificarsi. Ma uscita da lì non sapevo nemmeno che significasse "trovarsi un agente" per lavorare. Meno male che mi ha visto al Teatro dell´Orologio e mi ha trovata lui».
A quel punto le hanno chiesto di cambiare cognome?
«Sì, con molta leggerezza. E io con gentilezza ho detto no. difficile, ma è il mio nome: sono io. Tante volte lo storpiano, mi chiamano Rottweiler o Rottermaier, per scherzare. Ci rido su».
In cinque anni ha bruciato le tappe: si è chiesta perché la scelgono?
«Oddio che domanda. Penso che da una parte sono stata molto fortunata, dall´altra ho lottato per le parti a cui tenevo, le due cose sommate...».
Ma si considera brava? Si rivede al cinema?
«Non ci penso. Al cinema sì, mi rivedo, tengo lontano il super io che è pronto a giudicarmi, guardo quella sullo schermo pensando che non so io e allora sì, riesco a vedere il film».
Che rapporto ha con la bellezza?
«So di essere molto diversa da certi modelli che circolano. Non mi trucco, non do peso al mio aspetto. Nella vita privata sono serena, sto bene con me stessa. Per me naturalezza è anche bellezza, voglio dire che il "non pensare come essere belli" al mio sguardo rende bella una persona. Nel lavoro mi piace trovare parti di me nei personaggi: penso che la sicurezza ti renda bella, non l´aspetto fisico».
Nel ruolo struggente di Giovanna, nel film di Avati, si è anche imbruttita.
« una grande possibilità che mi ha dato Pupi, mi ha raccontato il film, all´inizio non pensava a un tipo come me. Ma ha detto che portavo con me qualcosa, mi ha messo alla prova per vedere se usciva fuori».
Invece in Cosa voglio di più fa perdere la testa a Favino.
Arrossisce. «Diciamo che Silvio ha voluto trasformarmi in una donna, ha cercato in me una bellezza che non mi apparteneva. Nel film, ambientato nella periferia milanese, io e Pierfrancesco abbiamo altre storie, facciamo i conti con la vita vera ma senza cercarlo siamo travolti dalla passione che è limitata dalla praticità. Non sappiamo come viverla, dove incontrarci. Silvio è una persona sensibile, mi ha messo a mio agio».
Il successo è arrivato: per lei cosa rappresenta?
«Ora posso scegliere, ma non faccio l´attrice per il successo. un lavoro che mi piace, il cinema sa raccontare la realtà complicata che viviamo. Mi piace anche la commedia, sarebbe bello un ruolo come quelli di Monica Vitti. Una grande».
Il cinema è a rischio coi tagli del Fus.
«Il film di Diritti su Marzabotto l´abbiamo girato grazie al supporto statale, ne parlavo con i produttori qualche giorno fa: senza, non si sarebbe potuto fare. Come il film di Soldini. Questo è un paese strano, dove la cultura sembra un peso, l´ultimo bene da difendere. D´altronde il potere ha perso di vista l´etica, le donne sono viste come sono viste... Che tristezza, tutte le battaglie per i diritti e la dignità».
Ora che ha realizzato il suo sogno i suoi genitori che dicono?
«Sono felici. Mamma è venuta a Venezia, semplicissima, com´è lei, l´ho vista piccola in prima fila che applaudiva con gli occhi lucidi dopo la proiezione del film di Avati. I due David di Donatello che ho vinto ce li hanno i miei in campagna».