Alessandro Alviani, La stampa 24/7/2009, 24 luglio 2009
LA WOLKSWAGEN SI ANNETTE IL MARCHIO PORSCHE
BERLINO
La lotta di potere più accanita che l’economia tedesca abbia conosciuto negli ultimi anni si è conclusa ieri con un’immagine quasi cinematografica: l’ormai ex numero uno di Porsche, Wendelin Wiedeking, che trattiene a fatica le lacrime davanti a cinquemila dipendenti del costruttore di Stoccarda giunti ad applaudirlo per l’ultima volta sotto una pioggia battente; il suo grande sponsor, il capo dei controllori di Porsche, Wolfgang Porsche, che invece non si contiene e parla dallo stesso podio con la voce rotta dal pianto. Wiedeking ha perso: il suo progetto di scalare Volkswagen è fallito.
E così, ieri mattina presto, il manager meglio pagato in Germania - 80 milioni di euro il suo stipendio stimato nel 2008 - ha rassegnato le dimissioni «con effetto immediato». Una svolta nel lungo scontro tra Stoccarda e Wolfsburg che ha aperto la strada a una decisione ufficializzata nel primo pomeriggio dal consiglio di sorveglianza di Vw: Porsche verrà integrata nel gruppo Volkswagen e ne diventerà il decimo marchio. Certo, ha precisato il numero uno di Vw, Martin Winterkorn, lo storico costruttore di auto sportive resterà «indipendente e conserverà la sua identità». Proprio come Audi, già oggi gioiello dell’impero Vw.
Eppure le parole di Winterkorn non cambiano la sostanza: la nuova società integrata sarà «sotto la guida di Volkswagen», si legge in un comunicato. Una precisazione che sa di trionfo per Ferdinand Piëch, il potente capo dei controllori Volkswagen e comproprietario di Porsche, che a 72 anni incorona il sogno di una vita: riportare sotto lo stesso tetto Volkswagen e Porsche. Suo nonno, Ferdinand Porsche, è infatti il creatore del Maggiolino Volkswagen e il fondatore della Porsche.
Piëch è riuscito così a sbarazzarsi del rivale Wiedeking, un manager che da 17 anni incarna i destini di Porsche. L’ingegnere ha ereditato nel 1992 un costruttore sull’orlo del fallimento e l’ha trasformato nell’azienda più redditizia al mondo, grazie anche all’importazione dal Giappone del modello del «just in time». L’unico errore Wiedeking lo commette nel 2005. Ed è un errore che gli sarà fatale: scalare un gigante 15 volte più grande di Porsche come Volkswagen. Con l’appoggio iniziale dei Piëch e dei Porsche - le famiglie che si dividono il controllo del marchio di Stoccarda - Wiedeking (la mente) e il suo direttore finanziario Holger Härter (il braccio) acquisiscono a poco a poco il 51% di Vw, più un pacchetto di opzioni su un altro 20% circa. Dietro si lasciano però circa 10 miliardi di euro di debiti, che faranno saltare il piano. Il capitolo finale della scalata - accompagnata da frecciate e accuse tra Stoccarda e Wolfsburg - l’hanno scritto mercoledì notte i controllori di Porsche e ieri quelli di Volkswagen.
Porsche effettuerà un aumento di capitale da 5 miliardi di euro. Wiedeking lascerà la guida della società al direttore della produzione Michael Macht e incasserà una buonuscita da 50 milioni (il suo contratto scadeva nel 2012). Una somma che devolverà per metà a scopi benefici e che risulta di gran lunga inferiore a quella circolata nelle scorse ore (si parlava di 250 milioni), ma che ha scatenato comunque le critiche del partito socialdemocratico e della Linke. Con lui andrà via anche l’altro architetto della fallita scalata a Vw, Holger Härter. Volkswagen acquisirà a poco a poco Porsche, un processo che si concluderà entro il 2011 con la fusione tra il gruppo di Wolfsburg e Porsche SE (la holding creata per gestire il 100% di Porsche e la quota del 51% in Vw). Nella nuova società le famiglie Piëch e Porsche controlleranno il 50%, il 20% resterà al Land della Bassa Sassonia, mentre il 17% andrà al Qatar.
Wiedeking aveva ragione: «Le esperienze fatte finora, anche nel settore automobilistico - dichiarò in modo profetico nel 2001 al settimanale Der Spiegel - dimostrano che quando uno ingoia il pesce sbagliato può avere enormi problemi di digestione».
Clicca sull immagine per ingrandirla
Clicca sull immagine per ingrandirla
Stampa Articolo