Maria R. Calderoni, Liberazione 23/07/2009, 23 luglio 2009
ALLA SERA (NON) ANDAVAMO A VIA VENETO
Alla sera andavamo a via Veneto. Non tutti. Come la Piccola Fiammiferaia della favola incantata davanti alla luccicante vetrina proibita, noi common people più che andare, a via Veneto, ci limitavamo a guardarla da lontano, come dentro un caleidoscopio, via Veneto. La Hollywood sul Tevere, quelle donne e quegli uomini belli e impossibili, i re e le principesse in carne ed ossa vestiti da sogno che là transitavano; c’erano l’eleganza e la nonchalance inarrivabili; quel profumo di scandali e amori clandestini che scendeva giù dall’Excelsior e dal Grand Hotel e si diffondeva in giro per Roma come una piacevole brezza eccitante.
In giro per Roma, ma anche per tutta Italia: la Dolce Vita cominciò ad essere non più solo il film di Fellini, ma uno stile di vita, un tuffo leggero dentro una realtà mai vista: anche uno spartiacque ferreo tra lo smart set e noi popolino; e anche un modo di dire, che dura ancora oggi.
I rotocalchi cominciano proprio allora a diffondersi, con tirature da un milione di copie; e via Veneto è lì, sempre in prima pagina, davanti agli occhi di un Paese attonito, ancora non uscito del tutto dalla disperazione della guerra. Al centro dello "Spettacolo Via Veneto", c’era quel Café de Paris, lato di sinistra, con la sua insegna da belle epoque, le sue salette complici, i suoi tavolini frequentati esclusivamente dalla "bella gente". Scrittori, registi; i giornalisti già allora radical-chic de Il Mondo e de L’Espresso ; aristocratici, ricchi, artisti, snob, perditempo di charme, gigolò. E belle ragazze, che allora non si chiamavano veline, ma stelle, stelline, divette (anche squillo). Tutto dentro la cornice dei grandi alberghi, dei negozi dai prezzi inabbordabili e dei caffé che mettevano soggezione.
Andavamo a via Veneto per vedere, anche un po’ per "toccare" da vicino il "Mito" a portata di mano e tanto fotografato: quella nordica bellezza abbagliante detta Ghiaccio Bollente, ossia Anita Ekberg; la coppia fantastica Liz Taylor-Richiard Burton ricca di liti e di passione; Gregory Peck, Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Fellini, Sordi, il godereccio Faruk in esilio super-dorato, Ava Gardner e Frank Sinatra (uso a prendere a pugni i fotografi invadenti); e Monicelli, e Anna Magnani e Rossellini. Eugenio Scalfari ne ha fatto un libro e "via Veneto" è diventato anch’esso un modo dire.
Via Veneto, la "madre" della cronaca rosa: nasce infatti dal Café de Paris e dintorni il giornalismo del gossip come genere - lo inizia proprio in quegli anni Il Giorno di Gaetano Baldacci -; e nasce da lì il leggendario "paparazzo", il fotografo-pirata che balza sulla scena in sella alla sua imprendibile Vespa e "ruba" la foto ai divi di passaggio tra il Café de Paris e l’hotel superlusso. Fellini ne ha fatto un personaggio del suo film, ma "paparazzo" è diventato anch’esso un modo di dire, un neologismo noto in tutto il mondo. Sorto qui, a Via Veneto. I paparazzi - loro preferivano chiamarsi "fotografi d’azione"- come dimenticarli, Tazio Secchiaroli, Lino Nanni, Elio Sorci, Mario Fabbi, Sergio Spinelli, alcune delle loro foto sono passate alla storia - eroi del tempo che fu: un flash rubato al volo, sparato sulla privacy del divo o diva di turno ed era fatta; la fama del personaggio, via rotocalchi, assicurata; e così pure quella del fortunato fotografo (quei bravi ragazzi di via Veneto sapevano "organizzare" ad arte imboscate e passare ai giornaletti illustrati le loro piccanti paparazzate...).
Via Veneto effimera e anche un po’ cialtrona, bella ruffiana; più fiera delle vanità che rive gauche , più lustrini che virtù. Si è spenta a poco a poco, le luci della ribalta affievolite, l’Hollywood sul Tevere sparito, i bei caffè ruggenti ridotti a bar del cappuccino di prima mattina. E Anita Ekberg malata in ritiro ai Castelli, lei che - si favoleggiava in quegli anni - si incontrava segretamente con Gianni Agnelli in alta quota, a bordo del suo jet privato. E gli esclusivi negozi di una volta visitati ormai, malinconicamente, solo da giapponesi: sapete, non è più "in" fare shopping a via Veneto...
Cenere e diamanti, ma finire nelle mani della ’ndrangheta, che brutto segno dei tempi.