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 2009  luglio 23 Giovedì calendario

Estate, scatta la fiera delle vanità. Partita con lo Strega soffiato da Tiziano Scarpa ("Stabat Mater") ad Antonio Scurati ("Il bambino che sognava la fine del mondo"), la stagione dei premi prosegue fino al Campiello

Estate, scatta la fiera delle vanità. Partita con lo Strega soffiato da Tiziano Scarpa ("Stabat Mater") ad Antonio Scurati ("Il bambino che sognava la fine del mondo"), la stagione dei premi prosegue fino al Campiello. Poi arriverà il Festival di Mantova: lo precedono vecchie e nuove sfilate di letterati a Ravello, Cortina, Capri, Sarzana e altre località turistiche vogliose di fiori all’occhiello culturali. Le librerie organizzano presentazioni a raffica, le pro loco pure, gli scrittori ficcano un cambio in valigia e vanno incontro al pubblico. Qualche volta il meccanismo si inceppa. E l’offerta, superando ampiamente la domanda (siamo un paese di non lettori), mette lo scrittore in situazioni imbarazzanti. "Le umiliazioni non finiscono mai" (Guanda 2003, "Mortification" in originale) elencava le figuracce di 70 scrittori, tra cui Margaret Atwood, Irvine Welsh, Jonathan Coe, Chuck Palahniuk, Roddy Doyle. Dalle platee deserte, perché in contemporanea si gioca la finale di coppa, agli organizzatori tanto poveri che convocano la cena a casa dei suoceri. La Adelphi pubblicherà a settembre "I miei premi" di Thomas Bernhard: fra ministre che russavano e premiatori che lo chiamavano «signora Bernhard», lui pensava all’assegno da investire in una Triumph. Una piccola inchiesta tra gli scrittori italiani mostra che le disavventure sono sempre in agguato. Registra la prima figuraccia un articolo sul "Riformista". Libreria Bibli a Roma, il massimo del radical chic: Sandro Veronesi, scrittore in quota Walter Veltroni, vincitore tre anni fa dello Strega con "Caos calmo", tenta una performance; sala buia, candele sui tavolini, un video tanto noioso che il pubblico rumoreggia, finché una signora con forte accento romanesco sbotta: «Basta! Ci hai rotto il... (bip, come sulle parolacce in tv)». Finisce in rissa. Alla categoria degli irritabili appartiene Antonio Scurati, sempre di nero vestito. Incontro in un elegante albergo romano, qualcuno chiede: «Perché nei suoi libri parla sempre di se stesso?» («autofiction», nel gergo dei critici letterari, pare sia la moda di quest’anno). Lo scrittore si alza e se ne va. Le gaffe sono frequenti, su entrambi i fronti. Gli organizzatori vorrebbero invitare Andrea Vitali, ma lo chiamano Alvaro Vitali, tante di quelle volte che la presentazione va a monte. Leonardo Colombati si sentì fare insistenti domande su un personaggio minore del suo romanzo "Perceber" che aveva perduto una gamba sotto il tram. Il tempo di fare una battuta e vide una curiosa che lasciava la sala zoppicando. Il catanese Pietrangelo Buttafuoco disse: «Confondere i persiani con gli arabi è come confondere i siciliani con i calabresi». Uno dal pubblico protestò. « arabo lei?». Risposta: «No, sono calabrese». Dalle disavventure di Rosa Matteucci si potrebbe trarre un racconto grottesco come "Cuore di mamma". Arrivata fortunosamente a Bergamo in un giorno di sciopero, fu presentata come poetessa e si sentì dire da uno dei quattro presenti «sono qui per fare numero». Vegetariana osservante, saltò la cena di carne e la misero a dormire in un due stelle fuori città (sull’asciugamano, il nome di un altro albergo). Parentesi: le signore sono sempre in maggioranza, quando si discorre di libri. A meno che l’incontro (capita al Sud) frutti un credito ai funzionari pubblici: in tal caso la platea si riempie di maschi. In Abruzzo, la scrittrice ascolta convegni su Alberto Bevilacqua (iscritti a parlare, sperduti italianisti di Ankara e Tirana), riceve targhe pesantissime che fanno suonare i metal detector, torna a casa con pacchi di pasta e bottiglie di vino. Anche Woody Allen, in giro per l’Italia a suonare il clarinetto, temeva gli omaggi dei sindaci, perlopiù atroci sculture in plexiglas. Alla Garzanti, dicono, esiste l’angolo degli orrori, per i molti premi che Claudio Magris riceve nei paesi dell’Est. Le disavventure di Andrea Bajani (130 presentazioni in 9 mesi per "Domani niente scuola") riempirebbero un romanzo. Pezzo forte, le demenziali accoppiate in tv. Mi spezzo ma non m’impiego parlava di precari, lo invitarono a una puntata sul tema «Diamoci una mossa», con una signora di 94 anni che vantava i meriti della ginnastica. Se consideri le colpe era ambientato in Romania, ottimo spunto per indagare in tv sul turismo odontoiatrico nei paesi dell’Est. A un festival sul Lago di Como, il palco per la lettura era un cubo. Appollaiato su un altro cubo, in stazione, leggeva Piersandro Pallavicini. Gianni Biondillo sognava una versione italiana di Le umiliazioni non finiscono mai, Raul Montanari lo dissuase: «I nostri scrittori si prendono troppo sul serio». Intanto racconta le sue, di disavventure. «Dai che ce la fai» disse a un assessore che tardava a spiegarsi perché balbuziente. Questione soldi, o gettone di presenza: da un bilancio comunale in rete scoprì che lo avevano pagato per la stessa serata meno di Sandrone Dazieri. David Sedaris, americano pragmatico, provvede da sé, chiedendo una mancetta per autografare le copie in libreria (230 dollari, nelle giornate buone). Cinici che non vogliono essere nominati sostengono: «Le presentazioni funzionano soltanto se c’è un buffet». Agli appuntamenti con Sveva Casati Modignani signore cariche di ori, pellicce e fondotinta litigano per una tartina. Edoardo Camurri era alla Versiliana con Mario Giordano, mentre Romano Battaglia faceva all’uno le domande destinate all’altro. Nella rubrica «Il clandestino», sul "Sole 24 Ore" racconta incontri pochissimo frequentati. Mai abbastanza da spegnere la vanità dell’autore. Dorme il pubblico, e qualche volta anche lo scrittore. Diego De Silva si appisolò mentre presentava un suo libro. Toccò a Elisabetta Sgarbi svegliare Fernanda Pivano, dormiente sul palco della Milanesiana mentre si esibiva Lou Reed. Ottavio Cappellani, alla fine di un tour in Germania e dintorni per "Chi è Lou Sciortino?", chiuse gli occhi mentre un giornalista austriaco lo intervistava durante una cena. Possiamo chiamarlo effetto Thomas Bernhard. O, più prosaicamente, effetto di un frigobar svuotato lasciando solo il succo d’arancia. Esiste, per passaparola, una lista di luoghi a rischio (ma nessuno la conferma, neanche sotto tortura). In un caffè-libreria, a Napoli, Letizia Muratori (ultimo romanzo: Il giorno dell’indipendenza) vide qualcuno che dal fondo gesticolava. Disse: «Mi sentite?», diede colpetti al microfono, andò avanti a conversare per un bel po’. La signora alla fine chiarì: «Può parlare più piano, che io e la mia amica non ci sentiamo tra di noi?». Niente disavventure, invece, per Giorgio Faletti: «Ero cabarettista, prima che scrittore, con il pubblico me la cavo bene. Se non hanno il mio libro, firmo quello di un altro». Chiudiamo con le figuracce extraletterarie, anche gli scrittori sono uomini. In un hotel di Berlino Andrea Vitali fece partire per sbaglio un film porno e scese all’alba per pagare in gran segreto il dovuto. Niccolò Ammaniti prese a prestito la vecchia Saab che il suo editore australiano teneva come un gioiello. Girando per vedere i koala, gli mandò una foto via cellulare per dirgli «io e la tua macchina siamo qui». Dall’auto mancava il parafango, lui non se n’era accorto, il proprietario ne ebbe il cuore spezzato. Però sono rimasti amici.