Antonio G. Paladino, ItaliaOggi 24/7/2009, 24 luglio 2009
UN’EVASIONE MONSTRE DA 200 MLD
Indagine sull’anagrafe tributaria nel contrasto all’evasione fiscale, presentata ieri in Parlamento
In futuro un redditometro di massa e concordato preventivo
Duecento miliardi di euro. questo l’ammontare iperbolico dell’evasione fiscale in Italia che vede, in prima fila, i servizi dell’edilizia, del commercio, della ristorazione e dei servizi personali. I rimedi? Innanzitutto un nuovo redditometro che sia «di massa» e, quindi, in grado di permettere accertamenti sulla generalità dei contribuenti, ed «automatico», in grado di permettere di individuare, con chiarezza e immediatezza, il reddito imponibile riferibile a un soggetto che ha determinate disponibilità patrimoniali. Poi, piuttosto che fondare il sistema sull’attuale autodeterminazione dei tributi, si potrebbe istituire, in alcuni casi e su base opzionale, un concordato preventivo con il contribuente, su base biennale, nel quale Fisco e cittadino si accorderebbero sull’ammontare delle imposte da versare all’erario. Infine, il legislatore potrebbe pensare alla nascita di un «borsellino elettronico» una carta attraverso cui lo Stato corrisponde alcuni redditi (ad esempio, le pensioni) che i beneficiari potrebbero utilizzare poi come strumento di pagamento «tracciabile». Mentre non bisognerebbe rafforzare gli studi di settore, anzi ridimensionarli, in quanto, alla lunga, si sono rivelati del tutto inadeguati.
Queste alcune delle considerazioni che è possibile ricavare dalla lettura del documento approvato dalla commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, a conclusione dell’indagine conoscitiva sull’anagrafe tributaria nel contrasto all’evasione fiscale, presentata ieri in Parlamento.
Sulle stime elaborate dal Ministero dell’economia e finanza, confrontando dati di contabilità nazionale e dati fiscali in possesso dell’amministrazione finanziaria a fine 2008, la stima relativa all’anno d’imposta 2004 attestava un’evasione pari a 200 miliardi di euro. Dato questo, in leggera flessione (-0,95%) rispetto all’ultima stima disponibile (anno 2006 per anno d’imposta 2002). Peraltro, le stesse rilevazioni hanno permesso di accertare che i settori caratterizzati da una maggiore evasione (in termini relativi) sono quelli dei servizi personali, del commercio, della ristorazione e delle costruzioni. Nonostante gli sforzi compiuti dalle agenzie fiscali e dalla Guardia di Finanza, il fenomeno non è regredito. I militari delle Fiamme Gialle, infatti, hanno sviluppato, negli ultimi tre anni, 25 lavori a progetto che hanno comportato l’esecuzione di 15.950 verifiche, con la scoperta e la verbalizzazione di elementi di reddito non dichiarati per 5,4 miliardi di euro, di Iva dovuta e non versata per 875 milioni di euro e di rilievi Irap per 3,1 miliardi di euro, a seguito dell’individuazione di 8.700 evasori totali e 22.600 lavoratori in nero e irregolari.
Per arginare questo fenomeno, la Commissione oltre ad auspicare l’avvio a breve della semplificazione degli adempimenti contabili ed amministrativi, ritiene essere opportuno introdurre la possibilità, per i piccoli e piccolissimi contribuenti, di regolare i rapporti con il Fisco, anziché sulla base della determinazione del reddito derivante dalle risultanze amministrativo-contabili, mediante un concordato preventivo di massa. In pratica, una specie di accordo ex ante tra Erario e cittadini sull’entità delle imposte da versare. Secondo il documento, un’ulteriore innovazione normativa, utile per favorire l’emersione dei redditi prodotti ma occultati al Fisco, potrebbe essere la detassazione dei redditi incrementali. In particolare, potrebbe essere introdotto un sistema di imposizione più favorevole sui maggiori redditi prodotti dai contribuenti di ridotte dimensioni rispetto ai redditi relativi al periodo d’imposta precedente (senza considerare l’effetto dell’inflazione). Tale misura, in considerazione dell’applicazione di un’aliquota ridotta, potrebbe rappresentare un elemento in grado di favorire la dichiarazione all’Erario di redditi che altrimenti sarebbero occultati.
Nemmeno la previsione normativa di far partecipare le amministrazioni locali all’accertamento del sommerso ha portato i suoi frutti. Infatti, l’incentivo alla lotta all’evasione previsto per i comuni, ad oggi si è rivelato un flop, in quanto tale meccanismo di premialità, pari al 30 per cento delle somme riscosse, è poco incentivante per i comuni, tenuto conto delle risorse che in ogni caso dovrebbero essere impiegate ove si intendesse svolgere un’attività che non sia saltuaria. Se si dovessero, poi, considerare, i tempi di corresponsione di tali importi dallo Stato ai comuni (legati alla definitività dell’accertamento), questi appaiono essere troppo lontani nel tempo e comunque non correlati ai tempi delle attività svolte dal comune, soprattutto ove si consideri che sull’accertamento effettuato potrebbe aprirsi un contenzioso.
Sulla scorta delle osservazioni formulate sul punto dall’Anci, il documento in esame propone due modifiche. La prima potrebbe consistere nell’aumentare la misura del compenso prevista per il comune dal 30 al 50% degli importi recuperati relativi a tutte le annualità di tributo evase, sanzioni e interessi, in modo da rendere «più appetibile» per il comune stesso lo svolgimento di tali attività.
La seconda modifica potrebbe riguardare i tempi di attribuzione dei compensi in questione, che dovrebbero essere legati direttamente a quelli di pagamento del maggior tributo accertato, prevedendo che, nel caso di contenzioso, i termini e gli importi siano determinati sulla falsariga della riscossione frazionata del maggior tributo in pendenza di ricorso. Ovvero, si potrebbe stabilire che l’erogazione del compenso al comune debba essere effettuata nel termine di 90/120 giorni dal pagamento da parte del contribuente.
Oggi, afferma la commissione, se l’evasione ha dimensioni ancora patologiche nel nostro Paese, una parte di responsabilità va attribuita anche alla «complessiva inadeguatezza degli studi di settore». quindi opportuno un cambio di corsia, vale a dire che gli studi di settore siano «ridimensionati» a favore di altri meccanismi di accertamento che permettano di raggiungere risultati maggiormente significativi. Una strada da seguire potrebbe essere proprio quella della piena valorizzazione del redditometro. Il contrasto all’evasione di massa deve passare necessariamente dall’accertamento sintetico e dal redditometro. Tuttavia, anche da questo punto di vista, la commissione rileva che è ipotizzabile ridisegnare lo strumento rendendolo più completo.
Si potrebbe considerare l’eventualità di realizzare un «nuovo» redditometro che sia di massa, in grado di permettere accertamenti sulla generalità dei contribuenti ed automatico, in grado di permettere di individuare, il reddito imponibile riferibile a un soggetto che ha determinate disponibilità patrimoniali.
In breve, costruire un redditometro «di massa» significa prendere a base dello strumento dati patrimoniali collegati a beni largamente diffusi e non di nicchia. Fare in modo che il redditometro diventi uno strumento «automatico» significa creare dei «nessi funzionali» chiari tra i beni patrimoniali detenuti e i redditi presumibilmente prodotti dal contribuente.